Il conflitto a Gaza è radicato in una lunga storia di isolamento, divisione politica, e strategie militari che hanno portato a una crisi umanitaria senza precedenti, con la popolazione civile che paga il prezzo più alto di questa guerra. Una riflessione a margine del dibattito suscitato dalla pubblicazione del libro di Enzo Traverso.
laterza
Gaza davanti alla storia
La distruzione di Gaza è una conseguenza dell’attacco del 7 ottobre o l’epilogo di un lungo processo di oppressione e sradicamento? I palestinesi hanno il diritto a resistere all’occupazione? Parlare di genocidio è antisemitismo? Enzo Traverso, uno dei più autorevoli storici del nostro tempo, va alla radice del conflitto israelo-palestinese chiamando in causa la storia e offre una interpretazione critica che rovescia la prospettiva unilaterale dalla quale ci siamo abituati a osservare ciò che sta accadendo a Gaza.
Come dice Ian Chambers nell’articolo: “La Palestina ci interroga”.
Il baratto della civiltà
Le tesi di Zygmunt Bauman sono un punto di riferimento del pensiero occidentale contemporaneo. Il Disagio della postmodernità, pubblicato da Laterza, fornisce una panoramica dei temi sul postmoderno, ne valuta le possibilità e i pericoli del pensiero e sviluppa idee su come una rinnovata lettura dei meccanismi che stanno alla base di questa trasformazione epocale, può rendere la società più consapevole dei problemi, delle sue insidie, dei suoi limiti e più creativa nel lavorare a soluzioni eticamente accettabili ed economicamente sostenibili.
Michele Genchi per: “Il disagio della postmodernità”.
Non c’è nulla da festeggiare.
La flessibilità del lavoro si traduce nelle forme di “contratto di lavoro” quand’anche queste rientrino a pieno titolo nel diritto del lavoro. In questa molto variegata e assortita definizione si definisce “atipico” tutto quello che non rientra in un contratto a tempo pieno e con durata indeterminata.
L’editoriale di Michele Genchi per il 1° Maggio e il libro di Luciano Gallino, Il lavoro non è una merce.
Altro che festeggiare.
Il diritto di avere diritti
Riproponiamo l’articolo di Antonio Capitano sul libro, Il diritto di avere diritti , di Stefano Rodotà scomparso ieri a 84anni.
Rodotà è stato un grande Italiano. Un uomo fedele alla parola data al Paese, cioè a tutti, e per questo smarcato dalle congerie piu deteriori della politica. Rodotà è stato un giurista di idee, assai spesso illuminanti, ma soprattutto un uomo colto e indipendente che ha speso la sua vita al servizio delle grandi battaglie di civiltà in un paese che sembra smarrire, talvolta, la propria. Stefano Rodotà è stato uomo libero. >>
L’ignoranza non paga
Sentirsi dare dell’ignorante non è mai bello. Nessuno si compiace di esserlo, anche se la filosofia occidentale nasce il giorno in cui un signore si è autodefinito tale.
Quel tal Socrate da Atene partiva però da una siffatta presa di coscienza per lanciarsi verso il mondo della conoscenza, per curiosare il più possibile fuori e dentro di se (sarà perché si amava).
L’ignoranza di cui parliamo in questa sede è purtroppo un’altra, quella di un paese intero, un non sapere che spesso e volentieri non viene percepito ed anzi si nasconde subdolamente all’interno di una massa infinita di informazioni che volano in maniera indiscriminata di bocca in bocca, da pc a pc, che garantiscono quel rassicurante effetto placebo capace di farci sentire tutti all’altezza di poter intervenire su qualsiasi questione.
Roma. Come fare soldi sulla pelle degli immigrati (e non solo)
“Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno”. Salvatore Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati, accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso, intercettato svela qual è la sua principale fonte di guadagno, la gestione dei centri di accoglienza per rifugiati e immigrati, quella dei campi rom e dei servizi come lo smaltimento dei rifiuti e delle piste ciclabili.
Di cosa parliamo quando parliamo di riformismo
Esattamente quarant’anni fa nasceva l’idea di una fondamentale opera di Paolo Sylos Labini. Si tratta di quel Saggio sulle classi sociali davvero importante per la formazione di diverse generazioni che ne hanno apprezzato la chiarezza e la schiettezza dell’autore. E con queste doti affermava “chi scrive si considera, politicamente, un onesto riformista – onesto nel senso che non solo crede ma, con le sue modestissime forze, opera per le riforme, specialmente per quelle riforme che possano contribuire a “sgombrare il terreno da tutti quegli impedimenti legalmente controllabili che impacciano lo sviluppo della classe operaia” […]
La lotta di classe dopo la lotta di classe
riceviamo e volentieri pubblichiamo
La classe di quelli che da diversi punti di vista sono da considerare i vincitori – termine molto apprezzato da chi ritiene che l’umanità debba inevitabilmente dividersi in vincitori e perdenti – sta conducendo una tenace lotta di classe contro la classe dei perdenti.
Questa classe dominante globale esiste in tutti i paesi del mondo, sia pure con differenti proporzioni e peso. Essa ha tra i suoi principali interessi quello di limitare o contrastare lo sviluppo di classi sociali – quali la classe operaia e le classi medie – che possano in qualche misura intaccare il suo potere di decidere che cosa convenga fare del capitale che controlla allo scopo di continuare ad accumularlo.
Caso la lettrice o il lettore non lo sapessero:
il maggior problema dell’Unione europea è il debito pubblico.
Abbiamo vissuto troppo a lungo al di sopra dei nostri mezzi.
Sono le pensioni a scavare voragini nel bilancio dello Stato.
Agevolare i licenziamenti crea occupazione.
La funzione dei sindacati si è esaurita: sono residui ottocenteschi.
I mercati provvedono a far affluire capitale e lavoro dove è massima la loro utilità collettiva.
Il privato è più efficiente del pubblico in ogni settore: acqua, trasporti, scuola, previdenza, sanità.
È la globalizzazione che impone la moderazione salariale.
Infine le classi sociali non esistono più.