Il camion con la scritta BASKO stava viaggiando sul viadotto quando il ponte si è spezzato. L’asfalto è precipitato nel vuoto e il conducente si è fermato sull’orlo di un baratro. Per giorni, i nostri occhi sono rimasti incollati a quel camion fermo definito “sospeso”. Aprendo il dizionario ho scoperto che sospendere significa “appendere un corpo in maniera che penda, impossibilitato a cadere a terra”, ma anche “arrestare, non portare a compimento”. Di qui la “suspense”: cioè uno “stato di attesa, ansia, incertezza e mancato compimento dell’azione”. Nel frattempo, il camion era diventato un “simbolo”. Un simbolo, diceva il dizionario, è “qualunque tipo, emblema o rappresentazione di oggetti morali tramite immagini o proprietà naturali. È qualsiasi elemento atto a suscitare nella mente un’idea diversa da quella offerta dal suo immediato aspetto sensibile, ma capace di evocarla”. Forse un’anima collettiva era rimasta bloccata sul viadotto e rendeva il camion un oggetto morale? Una storia, mi sono chiesta, può essere considerata un oggetto morale?
einaudi
L’orrore immutato del tempo
Bambini nel tempo lo lessi in un’estate calda di quasi trent’anni fa, nel microscopico appartamento che mi vide di nuovo single dopo una separazione dolorosissima.
Ian McEwan, Nel guscio
Dunque eccomi qui, a testa in giù in una donna. Braccia pazientemente conserte ad aspettare, aspettare e chiedermi dentro chi sono, dentro che guaio sto per cacciarmi, chiudono gli occhi di nostalgia al ricordo di quando fluttuavo libero nel mio sacco opalescente, a spasso dentro la bolla sognante dei miei pensieri, tra capriole al ralenti in un oceano privato, e delicate carambole contro i confini trasparenti della mia prigione, quella membrana sicura che, pur attutendole, vibrava insieme alle voci di cospiratori intenti a una macchinazione odiosa. Succedeva nella spensierata stagione della mia giovinezza. A questo punto, ormai completamente capovolto, con le ginocchia schiacciate al petto e senza margine di movimento, non ho soltanto la testa impegnata ma anche tutti i pensieri. Non ho più scelta, un orecchio è premuto giorno e notte contro le pareti irrorate di sangue. Ascolto, prendo appunti mentali, e mi preoccupo. Tra lenzuola sento discorsi efferati e mi agghiaccia il terrore di quel che mi aspetta, di quel che potrebbe compromettermi.
Il Grande Romanzo Americano
Oh!, che razza di gente siamo, tifosi! Che razza raggiante, volgare, malmessa, licenziosa, scatenata, furente, farneticante, rapace, rara, avventata, vociante, sboccata, devastata, insaziabile, realistica, ragionevole, ribelle, ricettiva, spericolata, riscattabile, raffinata, riflessiva, rinfrescante, regale, irreggimentata, deplorevole, implacabile, affidabile, religiosa, rimarchevole, negligente, piena di rimorsi, repellente, pentita, ripetitiva (!!!), riprovevole, repressa, riproduttiva, strisciante, ripugnante, repulsiva, rispettabile, risentita, riservata, rassegnata, resiliente, resistente, resistibile, intraprendente, rispettabile, irrequieta, risplendente, responsabile, reattiva, controllata, ritardata, vendicativa, rispettosa, rivoltante, rapsodica, ritmica, ribalda, rachitica, ridicola, retta, rigorosa, dissoluta, risibile, ritualistica, rubizza (agg. arcaico o umoristico [a voi la scelta], che significa «brusco, gagliardo o chiassoso», secondo il New Webster), canagliesca, allegra, romantica, sbrigliata, corrotta, approssimativa, violenta, rissosa, turbolenta, maleducata, pietosa, rude, rovinata, stramba (soprattutto ingl. Nevvero? Slang strano, eccentrico), esausta, nana, crudele!.
Naturalmente, è solo un’opinione personale.
Tradurre Murakami. Intervista a Antonietta Pastore
Una delle riviste letterarie più autorevoli del nostro paese ha intervistato Antonietta Pastore traduttrice del grande autore più volte candidato al Nobel. L’occasione è data per la lectio magistralis dell’autore giapponese ad Alba, quando gli è stato conferito premio La Quercia – Lattes Grinzane 2019.Ne anticipiamo ampi stralci ma l’intera intervista è visibile al link in coda all’articolo.
Peter Handke.Canto alla durata
“Canto alla durata” di Peter Handke: archi del tempo e senso del luogo, nel nostro monotono sublime.
di Alberto Cellotto
Curioso destino quello di Gedicht an die Dauer di Peter Handke, uscito per Suhrkamp nel 1986 e proposto già nel 1988 da Braitan, editore di Brazzano (Gorizia). Nel 1995 il libro fu collocato da Einaudi in una collana non segnatamente poetica, sulla scia di un interesse cresciuto per la produzione dello scrittore austriaco, con in copertina la “Linea Infinita” di Piero Manzoni (accostamento visivo facile ma fallace, dirò perché secondo me). A trent’anni dalla sua apparizione quel poemetto è proposto all’interno della aniconica e candida “Collezione di poesia” (1) meglio conosciuta come “Bianca” (con testo a fronte, pp. 72, euro 10, traduzione e postfazione di quell’Hans Kitzmüller che pubblicò per Bollati Boringhieri Peter Handke. Da «Insulti al pubblico» a «Giustizia per la Serbia»).
La storia dimenticata: Resto qui di Marco Balzano
Mentre gli echi del Premio Strega 2019 si fanno già sentire in vista della sfida a due, l’esito finale potrebbe essere meno scontato del previsto. La presenza tra i 12 semifinalisti di Antonio Scurati, autore di M. Il figlio del secolo (Bompiani), rende meno semplici i consueti pronostici degli addetti ai livori.In ogni caso, Missiroli (che con l’atteso Fedeltà ha diviso la critica ma è stato premiato dai lettori) e Scurati (a sua volta autore di un discusso bestseller, che vede protagonista la figura di Benito Mussolini) dovrebbero giocarsi la vittoria, e sono quindi praticamente certi di un posto in cinquina. Restano due dubbi: in quale misura l’autore di Fedeltà verrà penalizzato dall’etichetta di “favoritissimo”? Vi terremo informati, nel frattempo vi riproponiamo la recensione di Carla sul libro vincitore della scorda stagione. Un grande libro davvero. ndr.
Ciò che si impara a scuola sulla storia del ‘900 è una goccia nel mare. Nel secolo scorso si sono concentrate tali e tante vicende che approfondirle tutte come meritano richiederebbe un programma di studio vastissimo e molte più ore di lezione di storia soprattutto alle superiori. Ma la storia è “pericolosa” perché apre gli occhi alle persone e ogni tanto sbuca persino il politico di turno che vorrebbe abolire le ore di storia perché considerata una “materia morta”. Cosa c’entra questa premessa con Resto qui di Marco Balzano? C’entra perché il suo ottimo romanzo racconta alcune delle vicende che non si imparano sui banchi di scuola, la storia della gente altoatesina tra le due guerre mondiali e dopo. Lo fa attraverso la storia di Trina, maestra di Curon, e della sua famiglia. Vi intreccia anche le vicende del lago di Resia, un bacino artificiale riempito nel secondo dopoguerra allagando i paesi di Resia e Curon.
La scrittura testimone del mondo. Il clima secondo Jonathan Franzen
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Solo dieci anni fa, Jonathan Franzen con David Foster Wallace e Jeffrey Eugenides erano considerati semplicemente un gruppo di romanzieri americani verso la mezza età. Nel diluvio di elogi, ricordi e apprezzamenti che seguirono al suicidio di David Foster Wallace, si manifestò rapidamente una nuova consapevolezza: quella, cioè, che Wallace e i suoi pari, costituivano la generazione letteraria americana dell’era di internet al pari di quella dei Bellow, Updike e Roth che aveva testimoniato la letteratura a stelle e strisce nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale.
Il ritorno di Telemaco
Prendete Sunset Park, staccate la copertina (se vi riesce di farlo) e incollate le pagine in coda a Follie di Brooklyn. Lo avete fatto? Bene: andate all’inizio dei due libri, che sono diventati uno solo, e cominciate a leggere.
Mi sembra che Paul Auster abbia voluto scrivere una elegia alla città di NY, dove abita, attraverso due storie verosimilmente uguali sotto il profilo della tensione emotiva, dei luoghi e dei meccanismi psicologici che stanno nella scatola nera dei personaggi.