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Cattiva critica, cattiva letteratura

Intervista a Piergiorgio Bellocchio di Guido De Franceschi

Da più parti si intona il de profundis per la critica letteraria. Piergiorgio Bellocchio, che fu il fondatore dei celebri “Quaderni piacentini” e più tardi visse con Alfonso Berardinelli l’avventura semisolitaria della rivista letteraria “Diario”, sembra non ritenere necessario intonare la sua voce al coro. Complice parziale, forse, l’influenza che ne arrochisce la voce. Inutile, in definitiva, il lamento sulla critica nostrana quando è il suo stesso oggetto, la letteratura, a essere affetta da zoppia e a praticare il terra-terra. Quello di Bellocchio è suppergiù un chiamarsi fuori, un uscire dalle righe. Un guardare al passato, ma senza troppi drammi. In altre parole, un farsene, in qualche modo, una malinconica ma lucida ragione.

 

Meno di una Coca Cola. Il mercato dei libri nel mondo

Parola d’ordine: concentrazione.

Il valore del mercato del libro nel mondo, compreso quello scolastico, è di 70 miliardi di euro. Considerando che questa cifra rappresenta meno del fatturato della Pepsi Cola e Coca-Cola, già la dice lunga su quanto pesi la cultura libraria nel mondo.
Ma l’aspetto più inquietante è che i primi dieci gruppi edioriali, coprono il 51% dell’intero mercato. La ricerca, effetttuata da Rudy Wischenbart per alconto di alcune riviste specializzate è stata anticipata a Francoforte lo scorsco ottobre e resa nota, in via definitiva, questi giorni.

Editori e lettori sulla strada del fraintendimento. Vol.3: la distribuzione

Dove cercare i libri

Dunque, le librerie continuano ad essere il luogo preferito per l’acquisto dei libri: i numeri sono sempre disponibili sul rapporto aie. E come gli ultimi anni continua, a passi lenti, a crescere. Questo dato di per sè assume un significato diverso se confrontato con quelli delli della GDO ( per i non esperti è la grande distribuzione: centri commerciali, e tutti gli altri canali escluso internet) che cresce più velocemente rispetto al primo (la libreria).

Se la classe dirigente non legge

di Francesco Attanasio

Il bacino dei lettori professionali diminuisce in un quinquennio di un milione di unità. La nuova classe dirigente sembra essere composta da non-lettori e la contrazione maggiore si registra anche e paradossalmente, nei giovani in cerca di prima occupazione. Ma quale futuro aspetta un paese in cui la scuola si accanisce contro il caro-libri , ma non è in grado di spiegare ai giovani il loro valore come strumento per migliorare le chance di trovare lavoro e crescere professionalmente una volta occupati? E che fine hanno fatto le idee che fanno prosperare un paese se i dirigenti occupati non leggono o sono soliti passare il tempo a leggere solo i risultati economici delle loro performance senza nulla aggiungere a questi in termini di contributo culturale? Non vi è dubbio alcuno che se non si spiegano i numeri con un pò di visione si rischia di arretrare. Tuttavia sembra lo sport preferito del neo-managerismo imitativo del nostro Paese. Una parte delle conseguenze è sotto gli occhi di tutti.

Editori e lettori sulla strada del fraintendimento. Vol.2: dalla parte dell’editore

Chi pubblica i libri

Il mercato non cresce o cresce poco. questo è un fatto. Crescono le copie prodotte e il numero dei titoli. (per i dati si faccia riferimento al rapporto aie). I lettori calano: meno di una persona su due legge (43% dai 6 anni in su) e la metà di questi legge un solo libro l’anno. A guarda i dati c’è da farsi cadere le braccia. Tutto il mercato si regge su una sparuta pattuglia di poco più di tremilioni di individui che leggono un libro al mese. E sono quelli che chiamano forti lettori (poi ci sono pure gli altri: quelli che leggono ancora di più. Sono i marziani)

Editori e lettori sulla strada del fraintendimento. Vol.1: le librerie fantasma

A leggere le “cose” che avvengono intorno alla libreria, sia che si tratti del rapporto Istat che dell’analisi dell’Aie è sconsolante la constatazione della fatica che la filiera editoriale incontra nel far crescere il prorpio mercato. Dobbiamo ai bestseller, all’ubiquità dei libri in una varietà di canali, alle copertine sempre più belle e alle librerie sempre più accoglienti il fatto che aumenta il numero delle persone che leggono almeno un libro all’anno. Dobbiamo all’offerta al lettore di maggiori e più tempestive informazioni sulle novità e su una serie di servizi spesso on line, oltre i fattori sopra descritti, il fatto che i forti lettori aumentino un poco.

Non è un paese per giovani vol.2

Seconda Parte

Poichè a nessuno verrebbe in mente di negare che la lettura abbia un ruolo fondamentale nella crescita individuale dei giovani (e di conseguenza ai futuri cittadini, e complessivamente nella crescita collettiva del paese), dovrebbe essere pacifico che una tale pratica economica, istruttiva, utile (è provato che leggere più libri incide sui risultati scolastici), senza dire che può essere persino molto divertente, vada incoraggiata il più possibile.
Ma siamo costretti a ripeterci. Incrociando i dati del rapporto Iard con quello che l’Aie diffonde nel suo libro bianco e nel suo annuale bilancio dell’editoria in Italia, da una parte ci stanno le convinzioni e le dichiarazioni – che sono nobilitanti e non costano nulla – dall’altra, i fatti.

La libreria di fronte alla crisi

Piccola cosmogonia portatile ad uso dei librai

Naturalmente la crisi ci affligge. Per molti, è tempo di rivedere azioni e comportamenti per meglio affrontare le turbolenze del periodo. C’è di buono che la ciclicità con cui le crisi appaiono precede la ripresa che va preparata con cura e attenzione per trovarsi pronti al momento e non disarmati. Le crisi hanno questo di bello: sono anche una grande opportunità per prepararsi al dopo crisi. Quello che molti manager ritardano a comprendere è proprio perché c’è una crisi, i fornitori di servizi aspetteranno con ansia il denaro di chiunque. E’ forse il momento giusto per destinare una parte di risorse risparmiate per costruire la ripresa di domani.

Non è un paese per giovani vol.1

Partiamo con una domanda e una statistica. La domanda è questa: ” secondo voi la cultura del vostro paese è superiore a quella deglia ltri paesi?”
Prendetevi un secondo per pensarci, poi rispondete – sempre che la domanda vi sembri sensata (ma facciamo finta che lo sia), bene.

Le risposte a questa domanda l’ha presentata in lucidissimo intervento all’ ultimo appuntamento stati generali dell’editoria, Roger Abravanel, autore di uno dei quei bestseller che qualificano l’editore che lo pubblica (il suo si chiama Meritocrazia), ed esperto consulente delle più grandi aziende del mondo, oltre che ad essere stato un manager di lungo corso. Ebbene: dopo aver dimostrato che gli italiani si percepiscono in crisi ( e lo sono: basta sfogliare i giornali di questi mesi) e che i dati confermano questa percezione, Abravanel spiega che in Italia la percentuale di persone in accordo con l’affermazione “la nostra cultura è superiore” è del 68% contro il 23% di quelle che non lo sono.