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Si sta come d’inverno i libri in biblioteca

Prosegue il racconto delle molte voci in risposta al bando degli autori dalle biblioteche venete.  

di Michela Murgia

È difficile farsi spazio tra le gambe nude di tutte le ragazze che affollano le cronache di questi giorni. Qualunque voce fatica a trovare ascolto in mezzo agli schiamazzi dei pupazzi ipnotizzati dalla fine senza dignità del loro anziano burattinaio.
Non c’è che una notizia da dare, ed è lui.
Non c’è che una storia da trasmettere, ed è la sua, dettaglio per dettaglio.
Il resto a pagina 32, se avanza posto.
È così che questo paese ha lasciato che Berlusconi diventasse il solo parametro del suo bene e del suo male, l’unica misura della sua indignazione o della sua assuefazione. Come stupirsi se i suoi problemi sono diventati nostri, o se le parole più familiari ce le siamo ritrovate davanti svuotate di senso e privatizzate sotto nuovo copyright?

Che facciamo?

Questo post lo hanno scritto i Wu Ming qui,e lo riportiamo anche noi.

Le parole più adatte alla circostanza le ha trovate Serge Quadruppani. Le abbiamo tradotte dal francese, eccole:«Di fronte all’imbecillità fascistoide, si resta come ammutoliti: l’idiota enormità di certe dichiarazioni potrebbe lasciarci senza voce. E’ una cosa talmente stupida che si ha soltanto voglia di alzare le spalle e pensare ad altro. Ma questa enormità e quest’idiozia hanno effetti molto concreti. Se si lascia diffondere la sola idea (per non parlare della prassi reale) che si possano ufficialmente compilare liste nere contro chi non cede alla dittatura della tristezza, chi non si adegua alla visione dominante di questo o quell’aspetto del passato, allora si capitola a una concezione della società più vicina a quella della Tunisia di Ben Ali che a quella sognata in Europa dagli illuministi e dalla Resistenza.
Per fortuna la storia recente dimostra che, a conti fatti, i piccoli e grandi Ben Ali non sempre sono vittoriosi.»

 

foto autore

Poco sindacale

foto autoredi Michela Murgia

Lo confesso proprio qui, come un punto di partenza: sono stata una lavoratrice precaria troppo a lungo per aver maturato con il sindacato un rapporto di reale fiducia. Gli organi tradizionali di rappresentanza non avevano cittadinanza nelle terre del lavoro invisibile dove camminavamo io e i miei colleghi: erano inesistenti laddove si perpetravano le vessazioni e ci apparivano troppo rigidi nelle strutture e nei metodi per potersi adattare al nostro pericolante equilibrio contrattuale. Noi, che stentavamo persino a confessarci l’un l’altro quanto quel modo di lavorare ci precarizzasse le scelte e i sogni, non avremmo mai concepito per noi stessi una rappresentanza sindacale: sarebbe equivalso a dire che qualcosa non andava, e la negazione del dissenso era parte non scritta del nostro contratto.

foto autore

Gli scrittori la lingua la fanno

foto autoredi Michela Murgia

Chi sta seguendo su La Nuova Sardegna il dibattito sulla vexata quaestio della letteratura sarda e delle sue lingue ricorderà che avevo già condiviso un articolo di Marcello Fois uscito un paio di settimane fa proprio in quelle pagine. Non avevo aggiunto niente di più o di diverso non solo perché consideravo già ampiamente dirimenti i suoi argomenti, ma anche per quella santa forma di rispetto per il mio tempo che mi induce a non sperperarlo dove non mi pare di vedere gli estremi per assistere a un cambiamento, quale che sia.

E-book. Facciamo il punto

Negli Usa mercato da 263 mln di dollari, in crescita del 192%.
A trascinare il settore il lancio sul mercato di nuovi dispositivi elettronici come l’iPad e di applicazioni smartphone per la lettura. Ma il libro tradizionale resiste.
I libri elettronici pare piacciano davvero a molti. Un esordio di mercato decisamente fortunato il loro, tant’è che nei primi otto mesi del 2010 gli analisti hanno potuto accertare un aumento nelle vendite pari al 192,9%, che in soldoni corrisponde a un totale di 263 milioni di dollari – 39 dei quali nel solo mese di agosto – e che hanno trascinato l’intero comparto statunitense al 9% del totale dei libri commerciali venduti. Altro dato significativo se confrontato con l’appena 0,02% del 2008 e il 3,3% del 2009.

New prizes for new technologies

L’appuntamento settimanale con Linda dagli Stati Uniti (leggi in italiano)

Hello Michael,
I know: this part we give prizes to everyone and everything. But this time I would like to tell you what our English cousins are doing, so that here we are inventing the same thing. It was not silent, then, that digital publishing has recently established.
The Association of Online Publishers (AOP), an organization based in the UK that represents digital publishing companies that create original, branded, quality content, announced the recipients of its Digital Publishing Awards for 2010.

Editoria sociale, un gigante nascosto

Un mondo sommerso e nascosto, che viaggia in circuiti spesso alternativi e marginali. Stimolando riflessioni di spessore e formando non solo “addetti ai lavori”, ma educatori e insegnanti, studenti e amministratori, appassionati del settore e molti altri. Osservando i numeri di case editrici, riviste e siti web dedicati al sociale, nella prima ricerca che prova ad esplorare questo complesso pianeta in Italia, emergono cifre tutt’altro che modeste: oltre 500 gli editori presi in esame che si occupano esclusivamente o soprattutto di produzioni su questi temi, più di 800 le collane specifiche su politiche sociali, economia solidale,  scuola, immigrazione, ambiente, cooperazione internazionale… Con 1.600 novità all’anno, 50mila titoli disponibili, decine di migliaia di lavoratori.

The most awards but not most talented. A photo of contemporary american literature.

Correspondence from the other side of the ocean
by Linda Nordstrom

Are the writers receiving the major awards and official recognition really the best writers today? Or are they overrated mediocrities with little claim to recognition by posterity? The question is harder than ever to answer today, yet it is a worthwhile exercise to attempt (along with identifying underrated writers not favored by bureaucracy).