La matematica mi aveva incuriosita sin da piccola. Tutto merito dell’amore che mi avevano trasmesso i miei zii e mio padre per questa scienza, ma anche di una buffa carta da parati. Quando i miei genitori si erano trasferiti in campagna, avevano tappezzato le pareti della casa con delle carte eleganti, fatte venire apposta da San Pietroburgo. Ma avevano fatto male in calcoli e, arrivati alla camera di noi ragazzi, la carta da parati era finita. Fu deciso di ricoprire, provvisoriamente, le pareti con dei rotoli di fogli pieni di formule astruse, acquistati molti anni prima da mio padre. Passavo ore ad osservare quei segni e quei numeri, allora incomprensibili, cercando di capire il significato di qualche passaggio.