Liao Yiwu, 57 anni, dal 2011 vive in esilio a Berlino. Ha fatto parte dell’avanguardia cinese della letteratura e della poesia fino al 1989 quando egli ha pubblicato un poema intitolato “Massacro”, rivolto agli autori della mattanza di Tiananmen (4 giugno 1989) e per quello che ha scritto è stato imprigionato quattro anni. In patria i suoi libri sono proibiti, anche se sono fra i più diffusi in modo clandestino. Fra i testi più famosi vi sono L’Empire des bas-fonds (“L’impero dei bassifondi”, Bleu de Chine, 2003) e Dans l’empire des ténèbres (“Nell’impero delle tenebre”, François Bourin Editeur, 2013), in cui egli descrive le sue esperienze in prigione.
E’ nato nel 1958, l’anno in cui Mao Zedong lancia il “grande balzo in avanti”, una campagna volta a industrializzare l’economia contadina arretrata in Cina.
La collettivizzazione forzata dell’agricoltura e la mobilitazione di tutto il paese per la produzione di ferro e acciaio porteranno alla grande carestia del 1960. Liao, che allora aveva tre anni, a malapena sopravvive.
Nel 1966, all’inizio della Rivoluzione culturale, il padre di Liao, un insegnante di scuola, viene accusato di essere un controrivoluzionario e arrestato. I suoi genitori sono costretti allora a divorziare per proteggere i figli.
La vita senza padre è dura e quando sua madre cerca di vendere alcune stoffe al mercato nero per acquistare del cibo viene catturata dalla polizia e costretta a sfilare, insieme ad altri presunti criminali, sul palco del Teatro dell’Opera di Sichuan House di fronte a migliaia di persone come pubblica umiliazione.
Liao termina la scuola superiore e poi gira il paese lavorando come cuoco e come autista di camion sull’autostrada del Sichuan-Tibet. Legge i poeti occidentali, da Keats a Baudelaire, e comincia a comporre la sua poesia.
Nel 1980 diventa uno dei poeti più popolari in Cina e scrive regolarmente sulle maggiori riviste letterarie. Scrive di nascosto anche poesie di tipo occidentale, considerate dalle autorità “inquinamento spirituale”.
Nella primavera del 1989 due importanti riviste pubblicano “Le città Gialle” e “Idolo”, in cui Liao descrive un luogo “paralizzato” che sta per essere divorato da una leucemia collettiva.
Le sue poesie sono giudicate anti-comuniste e la polizia perquisisce la sua casa. Viene più volte arrestato e interrogato. Una delle riviste viene chiusa, l’altra subisce la cosiddetta disciplina.
Nel 1990 viene imprigionato per i fatti di Piazza Tiananmen, un capitolo cruciale della sua vita. Durante l’incarcerazione durata quattro anni, si ribella contro le regole della prigione. Viene punito con la tortura dei bastoni elettrici e costretto a stare al caldo sole estivo per ore. In una occasione, in isolamento, gli lasciano le mani legate dietro la schiena per ventitré giorni.
Subisce diversi crolli mentali e per due volte tenta il suicidio, ma, malgrado tutto, resiste.
In risposta alle pressioni internazionali, Liao viene rilasciato per “buona condotta” nel 1994 con cinquanta giorni ancora da scontare. Torna a casa e scopre che la moglie l’ha lasciato, prendendo con sé il loro bambino.
Disoccupato, comincia a suonare il flauto (che aveva imparato a suonare in carcere) e diventa un musicista per le strade di Chengdu.
Nel 1998 pubblica un’antologia di poesie underground degli anni ’70, ma il vice-premier cinese ordina un’indagine sul libro, definendolo un “premeditato tentativo di rovesciare il governo… sostenuto da potenti gruppi anti-Cina”.
Liao è nuovamente arrestato e al suo editore in Cina viene proibito di stampare per un anno.
Incapace di trovare qualcuno disposto a pubblicarne le opere e soprattutto senza lavoro, Liao fatica a sopravvivere. Trova qualche lavoretto in ristoranti, discoteche, case da tè e librerie comprendendo quanto è difficile la vita per chi è socialmente emarginato in Cina.
Raccoglie le sue esperienze in carcere e per le strade in un libro di interviste.
Racconta le storie di sessanta persone che vivono “al livello più basso”, tra cui un assassino, un mendicante, un indovino, un ladro, un dissidente, un omosessuale, un ruffiano, un ex padrone di casa e un insegnante di scuola.
Come lui sono espressione dalla società “mainstream” nel corso delle diverse purghe politiche dell’era Mao, ma anche “figli” dei tumultuosi cambiamenti avvenuti nella Cina di questi ultimi anni.
Il critico letterario indipendente di Pechino Yu Jie ha chiamato ‘un record storico della Cina contemporanea’.
Un altro critico indipendente, Ren Momei, dice a Radio Free Asia che “tutti i personaggi descritti nel libro hanno una cosa in comune, che tutti sono stati privati del loro diritto di parlare. Inoltre sono in molti a sostenere che questo libro è una forte condanna alla privazione del diritto di parlare, oltre a essere un notevole ritratto di individui unici.
Il libro ha subito un grande successo di pubblico e critica.
Il Dipartimento della Propaganda cinese però ordina di eliminare tutti i libri di Liao dagli scaffali e punisce il redattore della casa editrice.
Nel maggio 2008, Liao và a vedere di persona i luoghi del terremoto del Sichuan, trascorre lì diversi mesi e intervista coloro chi vive nella zona del disastro, registra i loro dialoghi con funzionari corrotti per chiedere giustizia. Le storie danno luogo a “Cronache del grande terremoto”, pubblicato in cinese a Hong Kong all’inizio di quest’anno.
Liao continuerà a scrivere e le sue interviste, saggi e poesie pubblicati sui siti web cinesi.
Gli viene però impedito di lasciare la Cina, la polizia continua a controllarlo e ogni tanto viene sottoposto “a detenzione a breve termine”.
Nel febbraio del 2010 come riportato, dal New York Times e dal Daily Telegraph, ma anche da altri giornali, fu dato grande risalto all’arresto dello scrittore effettuato in maniera brutale in un aeroporto nella provincia del Sichuan mentre si imbarcava per la Germania, direzione Colonia, per partecipare al festival della letteratura. Successivamente il governo cinese su sollecito del governo tedesco di Angela Merker, concesse il permesso di intervenire ai festival letterari di Berlino e Amburgo che si tennero nel giugno successivo.
Nel 2011 gli fu impedito un nuovo viaggio per motivi di sicurezza nazionale. Raggiunse la Geramania, lo stesso anno, dopo aver lasciato la Cina dal confine con il Vietnam.
per BookAvenue. Marco Crestani