Podcast. Una bella storia di R&B da raccontare: Oliver Sain

   Tempo di lettura: 4 minuti

A leggere la storia del R&B, sembra di scorrere la pagine di un romanzo di appendice. Sentite questa: ricordate la storia di Tina Turner e del suo manesco marito Ike, del quale si liberò dopo un sacco di botte e denunce, per non parlare di quello che fece la brava Tina per conservare il cognome?. Beh!, quel signore aveva un grande amico: Oliver Sain al quale rivolgo la mia penna in questo giro, pur promettendovi, fin d’ora, di parlarvi di Ike – e di Tina – alla prima occasione utile.

Oliver Sain era di Dundee nel Missisipi e i natali non poterono che favorire la sua carriera nella musica; come dire: si trovava già sul posto! Campasse, oggi avrebbe 82 anni; invece suona la sua musica nel paradiso del jazz già dal 2003. Lo dico subito: è stato un grande musicista che ha esercitato una profonda influenza nel mondo del R&B paragonabile, appunto, solo ad Ike o Sonny Boy Williamson o Lim Massie – stiamo parlando del R&B delle origini. Ha suonato diversi strumenti; a diciasette anni si trasferisce a Greenville per unirsi, giovanissimo al gruppo del suo Patrinio Willie Amore come pianista, successivamente conobbbe Howlin Wolf ( al secolo: Chester Arthur Burnett ), un influente bluesman, cantante, chitarrista e armonicista, anch’egli del Missisipi di West Point (la famosa città della più importante scuola di guerra dell’esercito americano ancora oggi), con una voce tonante e incombente presenza fisica, e aderÏ al suo gruppo come batterista, il sassofono, che è lo strumento con il quale lo si ricorda, lo prenderà in mano solo al ritorno a casa dalla seconda guerra mondiale.

Quale che sia la nostra personale conoscenza della geografia del blues, è come leggere in un romanzo una storia di destini incrociati di una generazione di grandi artisti che arrivano fino a al nostro tempo più recente. Per dire che Howlin Wolf, per esempio, ha suonato con il suo chitarrista Huber Sumlin, con Eric Clapton, Steve Winwood, Bill Wyman (mamma mia!) Oliver Sain è un contemporaneo, di personaggi (e…rivali professionali) come, Muddy Waters, il già citato Sonny Boy Williamson, Little Walter Jacobs, di solito considerati come i più grandi artisti blues che hanno mai camminato sulla terra.
Tralascio altre annotazioni sulla sua attività di produttore e talent scout: è stato bravo anche in quel campo. Con lui hanno esordito cantanti diventati famosi come Bobby McClure e Fontella Bass (è scomparsa a Santo Stefano dello scorso anno): una coppia formidabile che ha regalato agli appassionati un sacco di dischi. Il primo è quello di: Don’t Mess up a Good Thing.

E’ stato un uomo dal profilo basso, nonostante il successo, lo dice il fatto di aver guidato una vecchia Pontiac per un sacco di anni piuttosto che spendere soldi in un auto molto appariscente. La moglie Lilly, conosciuta a Chicago – era seduta tra il pubblico ad un suo concerto; lui la vide dal palco e da quella sera non la lasciò mai. Lilly gli ha donato due figlie: Betty e Barbara; la prima, segue la Fondazione che porta il suo nome con lo scopo di preservare il suo enorme patrimonio musicale lasciato in dono al mondo. E’ stato bello parlare di Oliver Sain: una bella storia da raccontare; una di quelle che ti riconciliano con la vita.

Dai dischi di casa consigli per gli acquisti.
comprate assolutamente St.Louis Breackdown; dentro ci trovate On the hill, che è una meraviglia e la famosa Let’s Stay Together e poi Main Man che comprede il bel pezzo Comin down soul. Ce ne sono, ce ne sono.

Da you tube vi propongo On the Hill. Vi piacerà. Buon ascolto e alla prossima se ce la faccio prima delle vacanze ( a proposito di Let’s Stay Together, ho Al Green in caldo).

i libri.
Beh!. Non ce ne sono: tutto qui.

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