Yeonmi Park è nata in Corea del Nord nel 1993, sotto il governo di Kim Jong Il, il “nostro Grande Leader”, come si usava chiamarlo da quelle parti. Nel suo libro, racconta la storia di come lei e la sua famiglia fuggirono dal loro paese corrotto, per trovare un posto tranquillo abbastanza per vivere. Mai prima d’ora qualcuno aveva rivelato i dettagli più devastanti della società repressiva nordcoreana e l’enorme prezzo che ha pagato la sua famiglia per scappare da un paese brutale e quasi medievale.
Yeonmi viveva con la sorella Enunmi e dei loro genitori in una piccola casa a Hyesan, al confine dalla Cina divisa da un fiume da dove poteva guardare i bambini cinesi sulla riva opposta: sembravano tutti in buona salute a differenza di lei e sua sorella stavano morendo di fame. Nelle pagine scorre l’assoluta precarietà delle loro vite; l’autrice racconta di come la sola “cosa” calda di quei luoghi era l’amore famigliare. Ma l’amore non è (nemmeno) una parola usata in Corea del Nord; non c’è, infatti, traduzione per essa. “L’unico vero amore che potevamo esprimere era culto per i Kim” dice l’autrice.
La famiglia di Yeonmi non era ricca e il loro status sociale nel Paese era considerato dubbio a causa di forze fuori del loro controllo. Come se i loro membri della famiglia avessero commesso un reato tale da causare una discrimine di enorme portata. La stessa emarginazione imposta ai possessori di terreni agricoli prima che il Grande Leader collettivizzasse tutto, quindi più propensi a opporsi al regime comunista. A causa del loro basso status songbun, il criminale metodo di economia pianificata che definisce le classi sociali, la famiglia di Yeonmi non poteva ottenere un impiego ben retribuito, dovendo accontentarsi di lavori a basso reddito assegnati dallo stato a costo di lunghe ore di lavoro. Ciò costrinse i suoi genitori al contrabbando.
Stavano morendo di fame e anche se non avevano nè acqua corrente nè energia elettrica a casa loro, anche se indossavano stracci ed erano perennemente infestati dai pidocchi, continuavano ad amare e onorare il loro Grande Leader Kim Jong Il. Pazzesco.
Eppure, come milioni di altre persone, non sapevano fare nient’altro. Sapevano solo quello che era stato loro insegnato. Che Kim Il Sung, il primo della famiglia dei dittatori, era un eroe che aveva combattuto contro gli americani nel 1950, quando il Sud aveva cercato di conquistare la Corea del Nord. Che aveva vinto la guerra e salvato la nazione dal nemico. Non avevano modo di sapere che tutto quello che il potere andava raccontando era una bugia, che era vero il contrario; e, anche se avessero conosciuto o solo sospettato la verità, non avrebbero in ogni caso potuto fiatare. Come la madre di Yeonmi le disse una volta: “Anche gli uccelli e i topi possono ascoltare ciò che si sussurra”. Dopotutto a parlare male del regime si rischia di essere presi a casa di notte e fatti prigionieri come un nemico dello stato.
La storia che Yeonmi racconta ricorda molto Gerorge Orwell 1984… il Grande Fratello sta guardando. Devi amarlo e onorarlo.
Se dubitate del grande condottiero sarete catturati.
Sarete torturati.
Poi, imparerete ad amarlo.
Se siete fortunati, la vostra mente sarà educata a non riflettere.
A non farvi più domande.
Dovrete semplicemente credere a quello che vi viene detto.
Alzerete lo sguardo allo schermo e quando suona la campana alla radio servirete il vostro capo e il paese.
I paralleli sono così forti tra i due, che anche Yeonmi Park fa riferimento al libro. Quasi che il “Padre Perenne” abbia preso il Grande Fratello a modello. Come una versione estrema della sindrome di Stoccolma, anche un paese pieno di prigionieri può imparare ad amare i propri aguzzini. Essi possono imparare d’adorarli, e raccontare a se stessi che ritengono verità le loro bugie.
Il racconto di Yeonmi è straziante. Non avevo capito l’estrema forma d’inganno effettuata dal regime della Corea del Nord. Sapevo che non avevano Internet, un segnale radio o anche un solo accesso ai media “onesti”. L’occidente conosce bene l’oscurità nella quale vive il popolo di quel paese. Certo, non mi rendevo conto del livello di povertà che esisteva. Quanto ai capi del regime: i Kim e i loro boiardi vivono una vita ricca piena di lusso, il popolo della Corea del Nord, invece, muore di fame.
Il libro racconta di suo padre, costretto dalla fame a delinquere e arrestato per contrabbando. Lei e sua sorella, quando avevano sette e nove anni rimasero sole mentre la madre lottò moltissimo per riaverlo a casa, libero. Alla fine, Yeonmi e la sua famiglia riuscirono a liberarsi. Fuggirono dalla Corea del Nord per vivere. L’autrice sta denunciando le atrocità in atto nel suo paese come ambasciatore per i diritti umani. Ha ricevuto minacce di morte ed è considerata un traditore nella sua ex patria. Le memorie di Yeonmi sono un sguardo da dentro dell’ingiustizia e la corruzione, scritte con determinazione e forza. Yeonmi Park è una fonte d’ispirazione e la sua storia deve essere raccontata il più possibile. Leggere questo libro è comprendere le condizioni di vita della Corea del Nord oggi marcatamente segnate anche dalle sanzioni che le Nazioni Unite hanno imposto al paese.
Un ultima nota: i nostri politici in libera uscita dovrebbero riflettere una volta di più della fortissima corruzione della classe dirigente, tale da essere annoverata al secondo posto tra i paesi con la più alta corruzione percepita del mondo secondo gli organismi internazionali . Spiace infatti che i nostri poco onorevoli Salvini (quante cose dovrà parsi perdonare dal Padreterno!) e Razzi in visita in quel paese non si siano accorti di nulla.
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Per BookAvenue, Michele Genchi
il Libro:
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Yeonmi Park,
La mia lotta per la libertà,
Bompiani editore,
ed.2015 pp. 297
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