Un libro di Roberto Calasso merita sempre attenzione. Ma il suo lavoro “L’Innominabile attuale”, naturalmente Adelphi, è destinato a rimanere nella memoria dei buoni lettori per le sue “provocazioni” da lasciare, rigorosamente, sedimentare nel tempo della riflessione.
Le pagine sono frammenti “pittorici” (“colore” sprigionato dalla tavolozza) che sembrano usciti direttamente dall’immagine di copertina decisamente evocativa per la forza della scena.
Usando la fantasia è possibile immaginare nella rappresentazione del Tiepolo un cartiglio celato, non visibile e per questo senza nomenclature.
E, al pari del Mondo Nuovo, oggi tale opera pittorica comunica, forse, lo smarrimento che Calasso mette subito in primo piano come un’avvertenza farmaceutica
La sensazione più precisa e più acuta, per chi vive in questo momento, è di non sapere dove ogni giorno sta mettendo i piedi. Il terreno è friabile, le linee si sdoppiano, i tessuti si sfilacciano, le prospettive oscillano. Allora si avverte con maggiore evidenza che ci si trova nell’innominabile attuale.
La metafora del turista, poi, è di quelle destinate ad essere citate a lungo:
A proposito di un luogo, si dice subito se è intatto o sfigurato dal turismo. Si parla del turismo come di una malattia della pelle. Eppure il turista ideale vorrebbe visitare luoghi non sfigurati dal turismo, così come il terrorista ideale vorrebbe operare in luoghi non presidiati con misure di sicurezza. L’uno e l’altro incontrano qualche difficoltà. E devono addossarne la colpa ai loro compagni che lo hanno preceduti.
Ma prima di tutto nel sentiero smarrito da ritrovare occorre ripensare ad alcune definizioni spesso frettolosamente enunciate e l’affermazione che segue ne costituisce un concreto esempio:
Sottratta all’ambiente in cui è nata – la Firenze quattrocentesca di Poggio Bracciolini e Coluccio Salutati, nonché di Marsilio Ficino e Pico della Mirandola –, la parola «umanista» assume un suono insieme stridente e pomposo. È la prima parola a cui ricorre chi voglia imporre un programma benevolente ma coercitivo.
Il volume è di quelli impegnativi sebbene contenuto nelle dimensioni; tuttavia deve essere contestualizzato ancor prima che recensito.
Ne consegue, una necessaria sintesi attraverso la quale scegliere a piacimento alcuni di questi Frammenti per dare un senso di tutto l’insieme per dirla alla Calvino : Per la scienza non c’è ancora una definizione adeguata, onnicomprensiva di informazione – e tanto meno una definizione adeguata di coscienza. Sono due entità con cui chiunque ha in ogni istante a che fare, senza poter dire che cosa siano.
A metà percorso di questa mirabile opera Calasso ci conduce ad un bivio tipicamente “frostiano”
Quanto più il mondo è inconsistente, tanto più cresce il numero di coloro che hanno da lamentarsene. Ma anche il loro lamento è inconsistente
Tale inconsistenza prevalente è ben argomentata nella più generale innominabilità contingente; insomma lo scenario non è dei migliori e Calasso lo descrive perfettamente, sia con le sue ferme affermazioni, sia attingendo al pensiero di autori che ne hanno indagato le ragioni più latenti.
La conclusione è affidata ad un’altra immagine efficace e immediata che non ha bisogno di ulteriori commenti :
In un foglietto isolato, non databile, oggi alla Biblioteca Jacques Doucet, Baudelaire ha raccontato il crollo di una immensa torre, che un giorno si sarebbe chiamata grattacielo. Provava un senso di impotenza perché non riusciva a trasmettere la notizia alla «gente », alle «nazioni». Così doveva contentarsi di sussurrarla ai «più intelligenti». Ma anche il sussurro dovette aspettare più di un secolo per essere stampato. E nessuno lo notò. Le «nazioni» non fecero in tempo ad accorgersi di che cosa le attendeva. Era tutto accaduto in sogno, in uno di quei sogni a cui Baudelaire era avvezzo: quelli che danno voglia di non dormire mai più: «Sintomi di rovina. Edifici immensi. Numerosi, uno sull’altro, appartamenti, camere, templi , gallerie, scale, budelli, belvedere, lanterne, fontane, statue. – Fenditure, crepe. Umidità che proviene da una cisterna situata vicino al cielo . – Come avvertire la gente, le nazioni ? – avvertiamo in un orecchio i più intelligenti.
Quelle due righe lasciate in bianco – nell’opera La Rovina di Kasch del 1983 – oggi sono montagne da scalare, sentieri da seguire o acque da navigare.
Al lettore non rimane che scegliere uno di questi percorsi per comporre il proprio mosaico da questi preziosi frammenti.
Per BookAvenue, Antonio Capitano