Irène Némirovsky, Come le mosche d’autunno

   Tempo di lettura: 5 minuti

L’appartamento era piccolo, buio, soffocante; odorava di polvere, di vecchie stoffe; i soffitti bassi sembravano pesare sulla testa; dalle finestre si vedeva il cortile, lungo e stretto, con i muri imbiancati a calce che riflettevano spietatamente il sole di luglio. Fin dal mattino venivano chiuse imposte e finestre, e in quelle quattro stanzette buie i Karin vivacchiavano fino a sera, senza uscire, sconcertati dai rumori di Parigi, respirando con fastidio il tanfo degli scarichi e delle cucine che saliva dal cortile. Camminavano avanti e indietro da una parete all’altra, in silenzio, come le mosche d’autunno, allorché, passati il caldo e la luce dell’estate, svolazzano a fatica, esauste e irritate, sbattendo contro i vetri e trascinando le ali senza vita.

In questo romanzo, Irène Némirovsky torna al tema dell’esilio dall’amata Russia che subì da bambina e ci mostra la guerra, con le sue drammatiche conseguenze, attraverso gli occhi di Tat’jana Ivanovna, l’anziana nutrice della nobile e aristocratica famiglia Karin. È balia della famiglia Karin da generazioni, Tat’jana, che prese servizio in quella splendida casa quando era ancora adolescente e che allevò prima Nikolaj Aleksandrovič e i suoi fratelli e poi i figli di Nicolaj stesso. E che vede partire per la guerra, la Grande Guerra, i due figli più grandi della famiglia Karin – Jurij e Kirill – che ella ama come fossero carne della sua carne. Nel gennaio del 1918 tutta la famiglia, dopo aver sotterrato e messo al sicuro i propri averi e aver sprangato porte e finestre della villa, è costretta a fuggire per evitare aggressioni ed esecuzioni sommarie. A guardia della grande tenuta rimane soltanto Tat’jana che, un giorno, vede tornare Jurij e lo nasconde in casa per curarlo e per proteggerlo dai suoi inseguitori. Ma Tat’jana ha qualcosa di molto prezioso che la costringe a lasciare la proprietà dei Karin e ad affrontare una lunghissima camminata per raggiungere i propri padroni; nell’orlo della gonna nasconde infatti, cuciti uno a uno, i diamanti che le erano stati affidati per essere protetti da eventuali razzie. Quei diamanti servono a pagare il viaggio che la famiglia Karin affronta per raggiungere Marsiglia e, in seguito, Parigi.

Entrarono nelle loro camere e indugiarono a lungo davanti alle finestre a guardare le auto passare in strada. I ragazzi ripetevano: « Usciamo, usciamo, andiamo in un caffè, in un teatro… ». Fecero il bagno, spazzolarono gli abiti, si precipitarono alla porta. Nikolaj Aleksandrovič e sua moglie li seguivano con maggior fatica, ma divorati anche loro da una sete di libertà e di aria.

Sulla soglia Nikolaj Aleksandrovič si voltò. Loulou aveva spento la luce. Avevano dimenticato Tat’jana Ivanovna seduta davanti alla finestra. Il chiarore di un lampioncino a gas posto di fronte al balconcino le illuminava la testa china. Era immobile, sembrava in attesa. Nicolaj Aleksandrovič chiese: « Vieni con noi, njanjuška? ».
Non rispose. « Non hai fame? ».
Scosse la testa, poi di colpo si alzò, intrecciando nervosamente le frange dello scialle.
« Devo disfare le valigie dei ragazzi? Quando ripartiamo?».
« Ma siamo arrivati » disse Nikolaj Aleksandrovič. « Perché vuoi ripartire? ».
« Non so » mormorò con un’espressione stanca e assente. « Pensavo… ».
Sospirò, allargò le braccia, disse piano:
« Va bene »
.

I Karin cercano di condurre un’esistenza normale, a Parigi. Nel piccolo appartamento in cui abitano, si sforzano al fine di adattare la propria vita ai ritmi della città e di trovare il modo per riuscire a vivere dignitosamente. Soprattutto sembrano dimenticare tutti gli avvenimenti dolorosi degli ultimi tempi e quello che fu della loro vita in Russia. Soltanto Tat’jana, che li osserva andare e venire in quell’appartamento, proprio come le mosche d’autunno, ricorda e fa ogni tentativo possibile per non far dimenticare la loro vita passata. Tat’jana rammenta soprattutto la bellezza degli inverni russi, quando tutto viene coperto dalla neve e quando ogni cosa – tra cui il fiume – gela e rimane completamente ghiacciata fino a primavera; non riesce ad ambientarsi nel clima parigino che non offre un fiocco di neve neppure nella notte di Natale.

Ma Tat’jana non si rassegna e, protagonista di un sogno quasi reale che la riporta nei suoi adorati luoghi in Russia, cercherà di trovare a Parigi quello che – per così tanto tempo, ormai – le è stato negato.

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