Alle quattro del mattino il cellulare riprende vita. Anche se è una sveglia dimenticata dal giorno prima, Noga non interrompe la malinconica suoneria, inserita dall’amico flautista che non voleva essere dimenticato durante questo suo lungo soggiorno in Israele. Quando finalmente ricade il silenzio, Noga non si raggomitola nel plaid a quadri dei suoi, genitori per riprendere il sonno interrotto ma, manovrando con delicatezza le leve del letto elettrico, solleva la testa osservare, ancora distesa, il cielo pallido di Gerusalemme, alla ricerca del pianeta al quale deve il proprio nome.
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Noga suona l’arpa nell’orchestra sinfonica di Amsterdam ed è divorziata perché si rifiuta di avere figli.
Torna a Gerusalemme, nella casa dove è nata, per un periodo di tre mesi, perché la madre si trova in una casa di riposo di Tel Aviv.
Tante cose sono cambiate negli anni in cui è mancata. Ora dominano come corvi figure nere di ebrei ortodossi.
Per mantenersi trova lavoro come comparsa in serie televisive e film israeliani. Questa specie di lavoro temporaneo le offrirà uno sguardo del tutto esclusivo sul mondo che la circonda, soprattutto le consentirà di conoscersi e fare i conti con se stessa.
La comparsa è un romanzo caleidoscopico e ricco di spunti che provoca il lettore dalla prima all’ultima pagina con una scrittura chiara, definita, fuori dal tempo, grazie a una trama che si snoda tra intrecci inestricabili e situazioni spesso surreali.
Yehoshua entra nella testa di Noga riuscendo a dar vita a una storia garbata e ricca di inventiva. Una storia scomoda, faticosa, ma essenziale, equa. Molto più di una storia al femminile.
Abraham B. Yehoshua, La comparsa, traduzione di Alessandra Shomroni, Einaudi 2015.