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Il libro di Jean-Claude Izzo affronta un tema quanto mai spinoso e complesso.
Quando incontro persone che decidono di vivere per strada o che, per le vicessitudini della loro vita, non hanno altra scelta se non quella di tentare di sopravvivere ai margini della società, le emozioni che provo sono sicuramente sofferenza mista a tenerezza. Credo sia la stessa emozione atavica che ci accomuna tutti in una analogia che vede un grande e maestoso albero divelto.
Non è una lettura leggera quella che vi propongo: Il sole dei morenti è un libro complesso e duro. Le parole di Izzo sono incise su pagine di carta vetrata; sono intrise di malinconia e dolore ma vale la pena affrontare un tema tanto duro quanto controverso e anche intensamente pieno di umanità e fragilità proprio come dice l’autore nella sua nota a inizio libro: “Leggendo queste pagine, chiunque può riconoscersi”. Clochard, homeless, senzatetto, barboni: quale che sia l’appellativo preferiamo utilizzare, sono loro i protagonisti di questo romanzo.
Rico, dopo che la moglie lo ha lasciato, perde il lavoro, la casa e suo figlio. Perde tutto. E scivola, scivola sempre più in basso fino a ritrovarsi in strada, al freddo.
“Ma come fanno a non sentire freddo? Forse la felicità tiene al caldo”.
Solo quando il mondo ti crolla addosso scopri l’orrore. Che nel mondo esiste l’orrore. Perchè sei sbattuto in un’altra vita e incontri gente di cui non avevi nemmeno immaginato l’esistenza, né il dolore”.
Sai, un bel giorno non ho più avuto voglia di lottare per fare soldi e tutte quelle cazzate lì… Rico, la strada è piena di brava gente come noi”.
Mi è capitato di quietare la coscienza nascondendomi sotto il mantello del buon samaritano ricevendone una memorabile lezione di vita.
Posso senz’altro confessare che mai, tutte le volte che mi è capitato di incontrare questi esseri umani che la società non vuole vedere, sono riuscita a guardarli negli occhi. Non è per il loro aspetto, non è per paura e neppure per repulsione: non riesco a guardare in faccia quella paura, quella consapevolezza che se ne sta rannicchiata in fondo al nostro inconscio e sembra dirci che può succedere a tutti noi di cadere e di non trovare neppure una mano che sia disposta ad aiutarci a rimetterci in piedi.
Mi è capitato di quietare la coscienza nascondendomi sotto il mantello del buon samaritano e ho ricevuto una memorabile lezione di vita.
Anni fa, entrando in un supermercato, ho notato che davanti all’ingresso stavano seduti per terra due persone, un ragazzo ed una signora di una certa età. Girando per le corsie del negozio ho pensato di prendere qualcosa da mangiare anche per loro. Uscita dal supermercato mi sono fermata accanto a loro ed ho allungato il sacchetto in cui avevo messo un pollo arrosto ed altro cibo: “sono per voi“, dico loro. La signora mi guarda e mi chiede cosa ci sia nel sacchetto e alle mie spiegazioni, mi ha risposto: “siamo vegetariani“.
Sono rimasta impietrita e, a dirla tutta, mi sono anche vergognata della mia superficialità, non potendo far altro che andare via.
E’ stato un insegnamento feroce, ma estremamente istruttivo. Se avessi avuto bisogno di capire cos’è la dignità, eccomi accontentata: chi ha bisogno non è detto che abbia bisogno di quello che tu vuoi offrire e per quanto indigente sia, è libero di dire no.
Finito il libro, ho ripensato a questo episodio che vi ho raccontato e riflettuto sul fatto che il tema degli homeless è assai ostico e complesso e tuttavia la bellissima storia che anima questo libro ci permette di guardare questa sofferenza con occhi diversi.
Un po’ come l’immenso orrore dell’Olocausto raccontato in modo superbo nel film di Benigni “La vita è bella”: attraverso l’innocenza negli occhi di un bambino anche l’orrore può essere affrontato e sconfitto.
Marina Andruccioli
Il libro:
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Jean-Claude Izzo,
Il sole dei morenti,
E/O edizioni.
pub.2011, pp.256
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