L’autore.
Thomas Frank è redattore e fondatore del Baffler, un periodico edito nella capitale USA che si occupa di politica. E’ anche un redattore e collaboratore per la Harper. Ha ricevuto il premio Lannan per il giornalismo politico. I suoi articoli sono spesso ospitati sul New York Times. Qualche anno fà balzò in cima alle classifiche con un saggio sul Kansas. Vive, naturalmente, a Washington DC. Del resto, Magdi Allam non vive a Pordenone.
Il libro.
Tempo fa accolsi con un certo stupore l’intervista che, in un programma televisivo, Fabio Volo fece al prof. Stille insegnante della Columbia University, corrispondente per gli Stati Uniti del Corriere della Sera nonchè figlio di un grande giornalista e direttore dello stesso giornale, Ugo Stille. In quell’intervista il giovane, per così dire, Stille testimoniava a malincuore l’avvenuto conformismo del giornalismo americano ai due blocchi dei partiti di governo e opposizione del Paese. Mi sembrò strano che i professionisti della verità proprio di quel Paese, tanto capaci da far fuori un presidente repubblicano – Nixon – per spionaggio e comportamento sleale nei confronti dei democratici, avessero ammainato la bandiera dell’indipendenza della loro integrità nei confronti della politica. A non farmi cambiare idea, per fortuna, è arrivato in soccorso il nuovo libro di Thomas Frank, The Wrecking crew (squadra di distruzione) appena uscito in USA per la Metropolitan Books. Non senza qualche perplessità.
Il libro qualche caduta partigiana ce l’ha. Si sà: se voi difendere la tua parte, devi dare addosso e di brutto a quella avversaria.
Non mi meraviglia quindi che l’autore abbia voluto spingersi a dire di quanto sìano crudeli i governi conservatori. Tuttavia, è opinione assai diffusa che l’amministrazione Bush sarà ricordata come la più falsa – leggi, il disastro e non solo ambientale dell’uragano Katrina – e guerrafondaia: l’Irak con i quasi 5000 soldati morti per “pacificare” l’area, per non parlare dell’altro fronte in Afghanistan. E si attende più che lasci la Casa Bianca il più presto possibile, che la venuta del nuovo presidente sìa esso il molto amato Obama piuttosto che il molto onorevole McCain.
L’eredità dell’amministrazione Bush è sotto gli occhi di tutti: ha deliberatamente costruito un Everest di debiti per finanziare l’assurdità della politica economica che, congiunture petrolifere e disastri finanziari dovuti al crollo dei mutui a parte, si è distinta per delocalizzare e privattizzare tutto contraddicendo quel poco di tradizionalismo dell’economia nazionale che qualche cosa, vedi l’assistenza ai più poveri come anche un minimo di copertura sanitaria, ancora conservava. Sperperando pure i finanziamenti federali destinati a questo scopo.
Ci sono guerre, insomma, che costano più di quanto si speri ricavare. Al povero Bush non è rimasto altro che perforare le coste e l’Alaska, in cerca disperata di energia. L’esportazione della democrazia e la persecuzione degli stati canaglia sono barzellette alla quali non crede più nessuno. Altro che la pantomima dell’11 settembre. I conti, d’altro canto, non tornano. Da una parte l’amministrazione parla di un “ritorno” al tradizionalismo economico fatto di buone intenzioni e molto populismo, dall’altra gli operai sono tornati a essere senza lavoro e, peggio, senza casa e senza cibo, causa quest’ultima, della destinazione dei foraggi all’industria di traformazione in biocarburanti.
Una politica e una economia, queste, vere e proprie armi di distruzione di massa.
Un po di faziosità, peraltro, non guasta l’umore. Però. Nel libro, le tesi di Frank non danno credito ai conservatori come l’economista Bruce Bartlett, un apprezzato pensatore anche tra i democratici, un veterano delle gestioni di Reagan quanto di Bush senjor, il quale ha pure criticato la gestione corrente di Bush jr. per il tormento dei deficit enormi, il tradimento di una buona politica e l’aver ignorato i calorosi consigli degli esperti. Ignora il successo del sindaco Michael R. Bloomberg di New York nel utilizzare un metodo basato sul controllo e contenimento assoluto dei costi e sul sistema dei consumi interni in modo da far ripartire il commercio. Cose che hanno consentito di tirare fuori la città dal guado successivo all’attacco del World Trade Center.
Ovviamente, fa il tifo per l’amministrazione dell’ex presidente Bill Clinton affinchè quella attuale provi a ridurre la burocrazia in generale (quella federale costa migliaia di miliardi di dollari). Senza il timore, che il predecessore non aveva di sicuro, che questi sforzi vengano letti come un attacco all’amministrazione civile.
Di conseguenza, Frank trova in queste pagine una specie di parodia delle destre liberali che ama odiare: ci si aspetterebbe dai democratici una più decisa opposizione a questa politica assai liberista assunta dall’attuale amministrazione che demotiva con il suo governo anche l’iniziativa imprenditoriale privata cercando, invece, di fare breccia negli animi dei democratici quasi alla ricerca di una “grande coalizione” tanto per mutuare il modello tedesco.
Allo stesso tempo, il suo tono stridente e impaziente insidia la possibilità di una sobria discussione indipendente circa alcuni argomenti come l’assegnazione della gestione Bush dei contratti di ricostruzione dell’Irak, la relativa manipolazione pasticciata dell’uragano Katrina, come pure la politicizzazione del dipartimento di giustizia e la conseguente “aderenza” di questi alla tassa di guerra che ha condotto a deficit enormi.
È il grande conflitto, dice, che tali disavanzi del bilancio facciano parte di una politica conservatrice intenzionale che spinge il paese verso le liberalizzazioni e privatizzazioni più bieche ed insidia la fede pubblica nel governo. L’Autore parla dell’inclinazione della destra per la cospirazione, si dimostra colpevole della stessa cosa, “del sabotaggio vantaggioso per entrambe le parti,„ “l’incompetenza vantaggiosa per entrambe le parti„ e “la corruzione vantaggiosa per entrambe le parti.„
Per come la vede Frank, l’incompetenza e la corruzione sono combustibile per l’anti-politica: cioè se i funzionari sono inadatti o venali, la gente otterrà alimentata la propria insopportabile idea contro tutto il potere legislativo. Tutti inclusi: repubblicani e democratici. Bella scoperta!
Invitando il lettore a ricordare il caso Watergate, scrive: “Mentre le conseguenze immediate del comportamento ingiurioso di Nixon furono le pene comminate a parecchi repubblicani conservatori compresa la prigione e l’elezione dei liberali al congresso del 1974, l’opinione pubblica fu permanentemente avvelenata dal Watergate verso il governo e determinato l’onda lunga fino all’amministrazione di Ronald Reagan nei sei anni successivi. Non senza che il cinismo antigovernativo fu il sentimento politico più diffuso.„
Qualche critica se l’è già tirata addosso: secondo il New York Times non si aiuta contando sulle sue sfocate e male documentate teorie: scrive, per esempio, che nel 2004 un gruppo tra le più grandi aziende del paese, secondo quanto riferito, pagarono attraverso una certa ditta (non specificata) la somma di 1.6 milioni di dollari per assicurarsi una modifica molto piccola della legge fiscale; una volta che la legge fu riscritta in conformità con i loro desideri – e quasi con nessun avviso pubblico – hanno risparmiato 100 miliardi!! di tasse, un importo che l’Autore come tutti gli americani devono ancora restituire al Ministero del Tesoro.„
Aggiunge: se fate matematica, “troverete che il tasso di rendimento di queste aziende fatte sul loro investimento “d’incitamento” era circa del 62.500 per cento,„ e concluderete che “questi sono gli stipendi del bushismo.„ Non dice, tuttavia, il nome delle aziende implicate nell'”incitamento”, né descrive quale fu la modifica della legge fiscale implicata.
Thomas Frank dice poco circa come Internet ha interessato la politica e fuorviato la presa di coscenza degli americani e consuma molta energia parlando dell’uso della destra in fatto di posta elettronica-diretta. La Washington conservatrice costruita senza i collegi elettorali dove si fa veramente politica, invece dell’uso di internet dove si ascolta soltanto, sta costruendo uno squilibrio che inclinerà la politica dalla giusta via per gli anni a venire.
Asserisce che “la democrazia non può funzionare quando la ricchezza si distribuisce sbilenca„ così come è oggi, e che “la diseguaglianza economica drammatica di questo governo e dei governi liberali in genere hanno costruito,„ conclude, “una inevitabile diseguaglianza e perdita di cittadinanza”. Il voto dei ricchi (ad alto tasso di ritorno) è direttamente proporzionale a quanto il candidato prescelto all’ufficio pubblico più importante del mondo, potrà fare in cambio. Tutto il mondo è paese: questa cosa del voto di scambio non è solo una caratteristica americana. Ma sembra sorprendere l’autore che pecca, forse, di falsa ingenuità. Dice: “L’esempio di Obama dimostra che si possono mettere assieme più di 340 milioni di dollari dalle contribuzioni volontarie alla causa, la metà circa di cui è venuta da donazioni di 200 dollari, causa la quale recentemente è diventato il primo candidato del partito a rifiutare il finanziamento pubblico per la campagna presidenziale”.
C’è qualcosa di stranamente datato in questo libro; non che Bush non abbia dovuto pagare a caro prezzo la sua elezione e l’America intera (e buona parte dell’occidente) l’averlo avuto come presidente. Le tesi di Thomas Frank mi sono sembrate un pò partigiane ed anche un pò maliziose che alla fine dei conti confermerebbero la tesi di Stille junior. Da dove ho cominciato.
per Bookavenue, Michele Genchi
Thomas Frank
The wrecking crew
Metropolitan Books