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Ci sono libri che arrivano tra le mani quando hai bisogno della spinta per fare un salto nell’ignoto, e non ne hai la forza; quando le tue energie sono prosciugate da quelle paure che razionalmente sai che non si avvereranno mai, ma sai anche che un grammo di emozioni pesano immensamente più di tutta la razionalità che potremmo riuscire ad ammassare sull’altro piatto della bilancia che usiamo per pesare le decisioni da prendere.
Proprio come gli elettroni, che usano l’energia per saltare al livello superiore, la forza che mi serviva per fare il mio salto, l’ho sorprendentemente trovata in questo libro: “Tutta la luce che non vediamo” di Anthony Doerr.
Siamo in Francia, anni 30: Marie-Laure, figlia di un fabbro che lavora presso il museo di Parigi, è diventata cieca da piccola, e il padre per allenarla ad orientarsi le costruisce un modellino in legno del quartiere. Negli stessi anni, ma in Germania, un orfano di nome Werner, è portato via dall’orfanotrofio in cui vive insieme alla sorellina dalle SS per via della sua geniale capacità di riparare le radio e per poter sfruttare il suo talento. Viene dunque costretto a frequentare l’accademia della Gioventù Hitleriana.
I Due bambini all’insaputa l’uno dall’altro, ascoltano di notte una radio sintonizzata sulla frequenza che un professore usa per narrare agli ascoltatori le meraviglie del mondo, incitandoli attraverso le sue parole ad osservare tutto quello che li circonda. “Aprite gli occhi e guardate tutto quello che potete prima che si chiudano per sempre”, dice spesso, ma ricordando ogni sera ai suoi ascoltatori, sulle note della sonata Claire de Lune di Debussy, che la luce più importante è tutta la luce che non vediamo.
Gli anni passano, e all’invasione della Francia da parte dei nazisti, Marie e il padre fuggono da Parigi rifugiandosi nella cittadina di Saint-Malo presso lo zio. E qui, per colpa della guerra, di una pietra preziosa e di una leggenda che la riguarda e che si perde nella memoria del mondo, delle parole del professore, dell’empatia che la guerra non è riuscita a sradicare dall’animo umano, che i loro destini si intrecciano.
Una storia potente, evocativa, tenerissima e drammatica, ma immensamente bella.
Mi ha catturato la capacità di Doerr, che attraverso la sua narrazione e i personaggi che vivono nelle sue pagine, ci fa capire come i piccoli particolari e le piccole cose a cui diamo davvero poca importanza possano invece essere determinanti quando la paura la fa da padrone. Come le mani di Marie che corrono ossessivamente e continuamente sui modellini di legno che il padre ha costruito per lei, per cercare, memorizzare, utilizzare quei piccoli dettagli che là fuori, nel mondo in guerra, sola e cieca, possono fare la differenza tra restare in vita o lasciarsi sopraffare dalla paura e smettere di lottare per la propria salvezza. “Calmati” si ripete “Ascolta”.
Anche noi, quando soli con noi stessi percorriamo con le dita della mente, mille e mille volte, i modellini delle nostre paure, dovremmo fermarci, chiudere gli occhi e dirci: “calmati, ascolta”.
Perché, come dice il professore, la luce più importante è tutta la luce che non vediamo, ovvero tutta quella forza che abbiamo in noi.
per BookAvenue, Marina Andruccioli
Il libro:
Anthony Doerr,
Tutta la luce che non vediamo,
Rizzoli
ed. 2014 pp.614
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