La Fiera di Francoforte e la politica. Quale futuro per l’Europa… dei libri?

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Lo scorso anno, come ogni anno del resto, nella settimana successiva alla chiusura della Fiera del libro di Francoforte, si aprirono le polemiche. Se siete amanti del gossip, importanti responsabili di casi editrici commentavano la mancanza italiana di creatività aggiungendo che la responsabilità era, bontà loro, di tutti e di nessuno, tirandosi dietro gli strali di metà delle pagine dei giornali che si occupano del tema e delle case editrici, in specie quelle indipendenti.

Un po’ di ragione, però, ce l’avevano. La percentuale degli italiani lettori, che nella seconda metà del secolo scorso è passata dal 16,3 per cento del 1965 al 41,9 per cento del 1998, risulta pressoché stabile da una quindicina d’anni, con una permanente differenza di genere: nel 2014 ha letto almeno un libro il 51 per cento delle donne contro un 39,7 per cento degli uomini. Ulteriore problema: solo un 15 per cento dei lettori, che comunque restano meno della metà degli italiani, legge libri sul serio (almeno un libro al mese).

Le cose vanno meglio con bambini e adolescenti: tra i 6 e i 19 anni oltre la metà legge libri, con un picco (60,8 per cento) tra gli 11 e i 14 anni; ma la spesa per le biblioteche scolastiche equivale allo 0,001 per cento della spesa scolastica complessiva. Tuttavia, un paio di dati interessanti ci sono: tra il 1995 e il 2014 cresce bene la lettura dei giovanissimi, resta pressoché stabile o addirittura cala quella di chi ha tra i 15 e i 19 anni, cresce di poco la lettura delle classi centrali di età, si impenna la lettura tra i 55 e i 74 anni; si sà: a quell’età si ha più tempo.

Altra faccia della medaglia: una montagna di case editrici (5000 circa in attività) sforna una quantità di libri abnorme: sono circa 60mila nel 2014, con una crescita rispetto all’anno precedente più o meno del 10 per cento. Significa che ogni giorno vengono fatti uscire 180 nuovi titoli. Una situazione paradossale per un paese che non legge. Peccato che il 90 per cento di questi è sconosciuta alle librerie. Il mercato lo fanno praticamente 4 gruppi editoriali (erano 5, ma parte di Rcs è stata assorbita, come si sa)

E chissà quanta parte di questo gran pubblicare percorre le nuove frontiere e i modelli di business emergenti e sostenibili per l’editoria, sia cartacea sia digitale, che il Digitoriale racconta. Ecco alcune suggestioni: valorizzare la produzione di contenuti e renderla centrale in strutture editoriali più agili. Proposte di lettura in streaming. Scrittori finanziati dal pubblico: non ho ancora visto un Deezer o Spotify dei libri.

Tuttavia, ho il sospetto che qui da noi la situazione sia così tragica che, per modificarla in modo sostanziale, già potrebbero bastare un po’ di buonsenso e di buona volontà, la rinuncia a velarsi di panni catastrofisti, tanto nobili e seducenti quanto inconcludenti, e il coraggio di ripartire dalle piccole cose.Che ci vuole a quintuplicare o a decuplicare l’irrisorio investimento nelle biblioteche scolastiche, per esempio? Che ci vuole ad avviare una verifica con l’obiettivo di ottimizzare l’offerta scovando e diffondendo pratiche virtuose? E che ci vuole, per esempio, a offrire qualche incentivo ulteriore alla nuova classe di lettori tra i 55 e i 74 anni?

Altro che ponte di Messina. Nevèro, Signor Primo Ministro?

Andiamo, dunque, in Fiera anche quest’anno con la nostra Sivia Belcastro pieni di domande. La nostra inviata ha un mandato preciso: che aria tira nell’Europa dei libri? Che succede ai mercati interni? Le concentrazioni? Ma anche qualcuna su come la politica può influenzare i bisogni di consumo culturale. Quali spinte culturali hanno, infatti, mosso il premier ungherese Orbàan a promuovere un voltafaccia di tale portata al vecchio continente, peraltro smentito dai suoi cittadini? Che dicono gli editori, in generale, della deriva dei propri governi?

Rimaniamo in attesa del consueto rendiconto sullo stato dell’arte del mercato nostrano che l’Aie è solita farci conoscere a ridosso della conclusione della Fiera tedesca e, naturalmente, di quanto Silvia Belcastro ci racconterà da dentro i padiglioni.

per BookAvenue, Michele Genchi

 

 

fonte: Annamaria Testa per Internazionale

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