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Rebecca James, Beautiful Malice

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copertinaIl giorno che è uscito lo abbiamo preso tra le mani in due in libreria, il giorno dopo ci siamo guardate: avevamo letteralmente bevuto già metà libro…
Attenzione, Einaudi ci punta (come si dice in gergo…) e fa bene.
Un libro intenso, torbido, spaventosamente reale.
Un libro che in poche pagine ti parla del destino e del passato ai quali non si sfugge e del caso che può cambiare e distruggere  la vita di ognuno, sbadatamente, in un attimo.

Freelander, la “forza epica” di Miljenko Jergović

Miljenko Jergović  Un Nobel preventivo ─ Qualche settimana fa su L’espresso Marco Belpoliti chiudeva così la recensione a Freelander, il romanzo di Miljenko Jergović: “un libro che non si dimentica”. Da un conservatore di memorie come Belpoliti, curatore dell’opera di Primo Levi, quella frase mi ha molto incuriosito. Non era il solito invito alla lettura mascherato da marketta. Era un avvertimento reale, un indice alzato. Immaginavo una trappola costruita sulla bontà del giudizio. Mi sbagliavo. Era solo bravura, dannata bravura, seminata con sapienza lungo 174 pagine.

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Nuovi talenti coreani

copertina«Le ore dei nostri incontri, il caffè solubile che abbiamo bevuto insieme, i dolci che abbiamo condiviso, è grazie a quelle poche ore alla settimana che sono riuscito a sopportare gli insulti, a superare le difficoltà, a perdonare i miei nemici, a pentirmi sinceramente e a confessare a Dio le mie colpe. Grazie a lei ho trascorso ore preziose, piene di calore umano… Ore felici. Avrei dato la mia stessa vita per guarire le ferite della sua anima. Se Dio lo permettesse, vorrei tornare in vita per poterle dire le parole che ho sempre desiderato dirle, almeno una volta, con queste mie labbra… Vorrei poterle dire che l’amo.»

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Attilio Bolzoni, Parole d’onore

copertinaAttilio Bolzoni ha avuto un’intuizione di quelle che rischiano di non venire a chi a passato una vita in mezzo a questa gente. Gente di mafia da andare a scovare, seguire, raccontare ai lettori di un giornale. Quando sei costretto a raccontare le cose più chiare, le notizie, e a fare intuire la cosa più scura, il contesto.
Tra i milioni di pagine di ordinanze lette l’intuizione è stata di fermarsi sulle parole che quella gente dice quando si difende, quando dà un ordine, quando racconta di altri di quel mondo, sicari, mandanti, pentiti, capi dei capi.

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L’impercettibile angoscia della malattia

copertinaAtto dovuto, il nostro per segnalare l’uscita nella Biblioteca Adelphi la pubblicazione delle opere di Georges Simenon, iniziativa che offre l’occasione di leggere o di rileggere i lavori di un autore che sempre più si configura come un gigante assoluto  del secolo appena trascorso. Ne è conferma – se ancora ne occorresse una – Le campane di Bicetre,  260 pagine di racconto delle vicende interiori di un uomo colpito da un ictus. Il libro, terminato nell’ottobre del 1962 e pubblicato nel 1963, fu, a buon titolo, assai considerato dall’autore, che,  come viene evidenziato anche nel risvolto di copertina, vi dedicò una lunga fase preparatoria e volle premettervi – fatto per lui alquanto inconsueto – una Premessa.

Danilo Dolci, Ciò che ho imparato

«So che abbiamo appena iniziato ad apprendere che gli uomini possono davvero imparare solo se vogliono ricercare e sanno cercare anche insieme; e che purtroppo è sempre presente il rischio di dimenticare quanto si sa». Danilo Dolci (Sesana 28 giugno 1924 – Partinico 30 dicembre 1997). Nel decennale della sua scomparsa, la Mesogea è orgogliosa di pubblicare alcuni degli scritti più rappresentativi del pensiero e dell’opera di Danilo Dolci.

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Sul ring: Holden Caufield vs Henry Chinasky

copertinacopertina“The catcher in the Rye” (nella traduzione italiana “Il Giovane Holden” Ed. Einaudi € 14,00) di J. D. Salinger e “Ham on rye” (“Panino al prosciutto” Ed. Tea, € 8,00) di Charles Bukowski. Un eroe di una generazione e uno sbandato; due facce della stessa medaglia e della stessa nazione, gli Stati Uniti d’America. Holden Caufield e Henry Chinasky; due pseudo-autobiografie da parte di due grandi scrittori. Il primo sfuggente (anno di nascita 1919), figlio di una coppia di commercianti ebrei, non concede interviste, non abbiamo foto di lui tranne qualcuna strappata contravvenendo alle più elementari norme di privacy o quella tratta dall’annuario della scuola superiore, una vita quasi da asceta; il secondo il perfetto opposto: madre e padre di origine tedesca (anno di nascita 1920), lo troviamo nei bar per una solenne bevuta, in un bordello attorniato dalle sue donne, nella notte più buia dopo una serata di stravizi, praticamente una vita da beone.

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Livio Romano, Niente da perdere

copertinaLivio Romano ha scritto qualche tempo fa ( non ricordo più dove lo abbia scritto, figurarsi) che fare letteratura è come mettere un paio di occhiali. Conta la montatura attraverso cui guardare la realtà. I miopi, soprattutto, ma forse anche gli astigmatici, potranno capire meglio. Sta tutto lì.
Così ne ha inforcato un paio nuovo di zecca, oggi, per raccontare un trentacinquenne, tal Gregorio Parigino, alle prese con un’esistenza frenetica fatta di lavoro, parenti, donne, ricordi e medicine (tranne le ultime, ma solo da poco tempo, sembra il ritratto di un direttore di libreria che conosco). Un uomo che impara gradualmente a guardare la sua vita da lontano e a ritrovarne il senso concreto, tangibile, terreno proprio in quel bailamme, che, girandogli vorticosamente intorno e ancorandolo al suolo, gli impedisce di perdersi e gli consente di conservare la misura esatta del suo tempo.