Con questo articolo, si vuole inaugurare un ciclo didattico su come riconoscere – e aderendo al progetto evitare – un libro brutto. Sarà bene intendersi.
Che cos’è un libro brutto? Un libro brutto è una qualsiasi sensazione tra l’amaro in bocca e la grande delusione, un primo appuntamento andato male, un vestito acquistato e poi mai messo; nei casi più gravi è come un bluff amoroso, di quelli che, per fortuna, non fanno troppo male eppure un pochino pesano lo stesso, perché la brutta fine di una storia non è mai bella. Un amico una volta mi ha detto che prova verso i libri brutti la stessa sensazione di quando da ragazzo giocava a pallone e una partita finiva 0 a 0.




Se ne sentiva la mancanza, di una guida personalizzata su Parigi. Perché Parigi, ancora più di New York, si presta a essere una città che ciascuno può far sua, a patto che se ne svelino i segreti. E questi misteri non sono mai sempre gli stessi: variano a seconda di chi li scopra e poi sveli al grande pubblico.
I titoli tradotti male non sono una prerogativa del cinema: A Venezia un dicembre rosso shocking (don’t look now), Per favore non toccate le vecchiette (The producers), Vogliamo vivere! (To be or not to be) e l’intramontabile Non drammatizziamo… è solo una questione di corna (Domicile conjugal) hanno il loro equivalente letterario, solo che se ne parla meno.
E’ passato moltissimo tempo dall’ultimo libro inserito a pieno diritto nella rubrica “il libro più brutto del mondo” (quello della 
Il libro scelto a mo’ di esempio è “L’età dei miracoli” di Karen Thompson Walker
