L’infanzia è una ferita che impieghiamo tutto il resto della vita a rimarginare.
Cristiana Pezzetta per il libro di Michele Mari, Tu sanguinosa infanzia.
L’infanzia è una ferita che impieghiamo tutto il resto della vita a rimarginare.
Cristiana Pezzetta per il libro di Michele Mari, Tu sanguinosa infanzia.
L’esito di questa preziosa esperienza è che ci consente di acquisire consapevolezza sull’importanza sociale della lettura di letteratura. Ed è una consapevolezza che, una volta acquisita, non si dimentica più. Si scopre in prima persona come la lettura ˗ l’intera esperienza del Reading Circle ˗ trascenda l’intrattenimento, l’intimità serale, o il quotidiano valore funzionale, per offrirci immagini con cui pensare e strumenti per creare e ri-creare il vero significato delle nostre vite individuali e sociali. Taluni direbbero, o lamenterebbero persino, che si tratta di un modo per investire il discorso letterario, nelle sue accezioni più serie, di un significato metafisico, se non addirittura religioso. E, personalmente, ritengo che sia proprio così.
Il tempo dell’estate…per viaggiare lontano tra le pagine dei libri
Aveva imparato molte cose negli ultimi cinque anni, ma la più importante era aver capito che fra tutte le sensazioni che talvolta lo attraversavano in un solo pomerioggio – rabbia, amarezza, dolore, paura, desiderio, fame (quella sempre) – era l’amore la più potente, la sola che sperava di riuscire a tenersi stretta per sempre. E poco importava se la sua vita sarebbe durata un giorno solo ancora. Amava Solveig, i suoi genitori, il suo Paese, la libertà, le torte alla panna.
Salire. Salire con i falchi tra le mani. Salire dalla cucina semibuia con Piccolo. Salire all’ultimo piano dell’ospedale in costruzione. Salire sulle montagnole di terra con la Potente. Salire sopra lo sgabello per vedere fuori dalla finestra, quando sei ancora troppo piccolo ma i tuoi occhi troppo avidi.
Questa volta ho scelto per voi sulla scia di un viaggio interiore che nelle settimane passate mi ha strattonato in balia di onde diverse, con un unico costante denominatore: le narrazioni anche molto lontane tra loro, tracciano strade di senso alla comune crescita e costruzione degli esseri umani.
L’ultima settimana di scuola e la prima settimana del mondo non sono tanto diverse: sono un’anticipazione di qualcosa che accadrà. Dopo l’ultima settimana di scuola comincia l’estate col suo tempo leggero, senza sveglie che disturbino il sonno, senza orari che interrompano giochi o passseggiate. Dopo la prima settimana del mondo comincia la storia come la conosciamo, e prima non c’era nulla e adesso c’è.
Non ho più la macchinetta e sto andando al corso di recupero. Passo e ripasso la lingua sui denti. Non mi capacito di trovarli liberi dal ferro. Mi viene la contentezza. Lo so, è un sentimento inadatto alle circostanze: ci sono le pesti che vorranno sapere e che mi offenderanno ancora con le mani e con le parole. C’è il mondo che mi vuole cambiare. Ci sono gli accidenti di famiglia che non mancano mai.
C’è solo questa cosa in fondo, qui sul petto. Come quando quella volta in albergo stavo mescolando il latte nella tazza e il cucchiaino ha sbattuto contro qualcosa nel fondo come se ci fosse, che so, un’incrostazione, un grumo di zucchero rappreso.
Ricordo di aver lasciato il cucchiaino e aver guardato nella tazza con ribrezzo senza poter penetrare il bianco del latte. La mamma poteva pur continuare a parlare, ma io non l’avrei mai bevuto. Prendemmo un’altra tazza e versammo il latte lentamente. Il fondo era pulito, c’era solo una piccola imperfezione nella ceramica. Tutto qui.
Ecco, non so contro cosa sbatta il cucchiaio che mi sta rimescolando da ieri sera, so solo che se fossi una tazza di latte, sarebbe meglio che nessuno mi bevesse prima di aver verificato.