di Irène Cohen-Janca e Maurizio A. C. Quarello
La nostra casa deve rimanere come un’isola in mezzo all’oceano scatenato, e ciascuno di noi – ci dice Pan Doktor – deve vegliare sul proprio castello interiore.
Varsavia, via Krochmalna numero 92. Una grande casa bianca trafitta dalla luce del giorno riempie due pagine. E’ la Casa dell’Orfano, dove abitano centosettanta bambini ebrei poveri, assistiti da Janusz Korczak e dalla moglie Stefa. Il 29 novembre 1940 i soldati tedeschi costringonono tutti loro a lasciare la casa per trasferirsi nel ghetto, il paese dall’altra parte.
A raccontare è Szymek, Simone, protagonista della storia insieme agli altri bambini e al loro Pan Doktor, il Signor dottore, come erano soliti chiamarlo. Racconta tenendo per mano il piccolo Mietek, arrivato a settembre, di cui si prende cura e tenendo per mano anche noi lettori ci porta con lui dentro la storia.
Abbiamo percorso le strade come un circo in parata. Noi, i centosettanta inquilini dell’orfanotrofio – Felek, Aaron dai polmoni deboli, Weintraub con una gamba sola, Mendel, Chaim l’imbroglione, Moniek, Genia, Ania, Regina, Maryla e tutti gli altri – abbiamo orgogliosamente marciato dietro la verde bandiera di Re Matteuccio I che garriva al vento.
Szymek descrive i cortei di persone malridotte e sconvolte che gli camminano a fianco. Nel suo racconto la piccola voce di Mietek che gli chiede in continuazione quanto manca all’arrivo si intreccia con le descrizioni della desolazione del ghetto, con immagini di ricordi felici nella Casa dell’Orfano e con le parole delle favole che Pan Doktor inventa e racconta sempre.
Spesso l’indomani, e per diversi giorni ancora, chiediamo a gran voce lo stesso racconto e Pan Doktor non rifiuta mai. Lui non ci tratta da stupidi, e non disprezza le nostre domande. Ci capisce, come se non avesse dimenticato nulla di quando anche lui era bambino.
Nella nuova casa di via Chlodna tutto è diverso. E soprattutto Korczak non c’è. Pan Stefa lo sostituisce come può, fa tutto, dice Szymek, ma senza sorriso. Eppure i bambini aspettano fiduciosi. Non possono credere che sia morto. Tornerà ne sono sicuri, perché sa che loro lo aspettano. E infatti vengono a sapere che è stato arrestato, ha osato protestare perché i soldati tedeschi hanno rubato uno dei carri di patate dei suoi orfani. Ora si trova richiuso a Palazzo Blank, nella casa delle lacrime, così diversa dalla loro.
Vorrei essere come il Sansone della Bibbia quando, ormai cieco ma di nuovo in forze, fece crollare il tempio sui cattivi. Vorrei essere il bambino della lampada magica per far apparire il genio che libererebbe il nostro vecchio dottore.
Szymek ci svela i suoi pensieri ma insieme ai bambini più grandi tranquillizza i più piccoli. Proprio come gli è stato insegnato da Pan Doktor. Con spirito di fratellanza. Soffocando la rabbia e allontanando la disperazione. Passano i giorni. Anche se nella nuova casa è tornata un’apparente normalità il dottor Korczak manca tanto ai suoi bambini. Mancano le sue storie. La musica della sua piccola orchestra dell’orfanotrofio. Mancano le sue cure, incantesimi che facevano svanire ogni dolore con una parola magica. Le sue carezze. Manca giocare con lui. Lui che come un vecchio albero sa accogliere tra i suoi rami i bambini come uccelli. Che li ascolta sempre. Lui che scorge tra tutti il più bisognoso per sussurragli all’orecchio qualche parola, semplice ma preziosa come un grande segreto. Lui che ha creato per loro la Repubblica dei bambini, un vero e proprio tribunale con Parlamento e Deputati dove si possono discutere e decidere le questioni importanti dei bambini e degli adulti della Casa.
E finalmente un giorno Pan Doktor ritorna. E’ cambiato, dice Szymek, ma è di nuovo con loro. E la loro casa torna ad assomigliare ancora al mondo di prima grazie a lui, che piano piano riacquista le forze.
Ma fuori, il ghetto è sempre più miserabile e insensato. Eppure anche quando la fame inesorabile raggiunge l’orfanotrofio Pan Doktor continua ad esortare i suoi bambini a cantare, a suonare e a recitare. Li inviata a scrivere un diario e a vegliare sul proprio castello interiore. Si continua a studiare nella Casa dell’Orfano e a sognare. Finchè un giorno tornano i soldati tedeschi coi loro fiscgietti acuti e penetranti e li costringono a traslocare di nuovo. Ancora un viaggio. Andranno a stare in un’altra casa del ghetto ma più piccola. Che Szymek, con gli altri bambini, riempirà di domande
Vedremo la fine della guerra? Ritorneremo un giorno in via Krochmalna? Mietek e gli altri piccoli potranno ancora giocare e vivere come bambini? Torneremo a essere polacchi come gli altri?
Sarà quella la loro ultima Casa. Da lì, il 5 agosto del 1942, intraprenderanno l’ultimo viaggio.
C’erano 192 bambini e 10 adulti. Il vecchio dottor Korczak apriva il corteo, testa alta, sguardo dritto, due bambini per mano. Seguiva il gruppo, guidato da Stefa.
Un libro toccante. Necessario. Bellissimo.
Per la poesia che trapela lieve tra le parole ispirate di Irène Cohen-Janca e i tratteggi a grafite di Maurizio A. C. Quarello. Per il contrasto tra i respiri piccoli dei bambini e l’aria pesante del dramma che incombe. Per il Dottor Korczak, pedagogo, scrittore e medico polacco che opponendosi alla tristezza e alla rassegnazione ha permesso ai suoi bambini di concedersi il diritto di sognare e sperare. E che, insieme agli educatori di tante altre storie, ha scelto di accompagnarli nell’ultimo viaggio, fino al campo di Treblinka.
PER NON DIMENTICARE.
Non ci è concesso lasciare il mondo così come è. ( J.Korzak)
L’impronta di Janusz Korczak, insieme a quella dei suoi bambini, resta indelebile, nella convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza approvata dall’ONU a New York il 20 novembre del 1989.
Le illustrazioni originali del libro sono esposte dal 3 febbraio nel Museo Ebraico di Venezia dove resteranno per un mese per poi essere trasferite al Museo Luzzati di Genova.
Autrice
Irène Cohen-Janca è nata nel 1954 a Tunisi. Ha vissuto molti anni a Parigi dove, dopo essersi laureata in Lettere Moderne, è diventata bibliotecaria. Oggi vive nella regione dell’Essonne, dove prosegue il suo lavoro in biblioteca. Nel 2000 è cominciata la sua collaborazione con Editions du Rouergue, con cui ha pubblicato moltissimi racconti e romanzi per ragazzi. In Italia ha pubblicato per Orecchio Acerbo : “Il grande cavallo blu” (2012) e “L’albero di Anne” (2010) entrambi illustrati da Maurizio A.C. Quarello.
Illustratore
Maurizio A. C. Quarello è nato nel 1974 a Torino, dove ha studiato grafica, architettura e illustrazione. Dopo varie esperienze nella pubblicità e nella pittura naturalistica, a partire dal 2004, si dedica all’illustrazione per l’infanzia ottenendo riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. Ha pubblicato oltre trenta titoli in Spagna, Francia, Svizzera e Italia e i suoi libri sono stati tradotti in molte lingue. Dal 2007 tiene master, corsi e laboratori d’illustrazione per adulti e bambini in Italia, Francia e Spagna. Attualmente vive a Cesky Krumlov nella Repubblica Ceca.
SCHEDA TECNICA
Titolo: L’ultimo viaggio
Autore: Irène Cohen-Janca
Illustratore: Maurizio A. C. Quarello
Traduttore: Paolo Cesari
Editore: Orecchio Acerbo
Collana: Albi
Codice EAN: 9788899064020
Formato:cartonato 20×30
Prezzo indicativo: €16,90
Età di Lettura: 8+