Cinque anni fa il suicidio di David Foster Wallace, scrittore molto amato o molto odiato, a seconda dei gusti, ma senza dubbio cruciale per l’influenza esercitata nella letteratura americana (e mondiale) da libri come Infinite Jest. Da allora, negli Stati Uniti, sono usciti quattro libri postumi. This Is Water (Questa è l’acqua, Einaudi), volume costruito attorno al testo di un discorso pubblico tenuto dal podio del Kenyon College in occasione della consegna del diploma nel 2005. Fate, Time and Language, la sua tesi di laurea in Filosofia.
The Pale King (Il re pallido, Einaudi), romanzo incompiuto frutto di una ardita operazione editoriale, già abbondantemente criticata: da un manoscritto di 200 pagine, lasciato in garage affinché fosse trovato, è uscito un romanzone di oltre 300, assemblato con materiale proveniente da agende difficilmente destinate alla pubblicazione. Both Flesh and Not, assemblaggio di saggi scritti fra il 1994 e il 2007, mai raccolti in volume.
Tra breve Einaudi manderà a stampa “Di carne e di nulla” previsto per i primi di settembre. Questo volume raccoglie(rà) tutta la sua nonfiction inedita, che spazia dalle riflessioni sull’arte, e il suo ruolo nel mondo di fine millennio, a considerazioni sul cinema e note di costume. E include anche le interviste rilasciate al critico Larry McCaffery e alle riviste “Salon.com” e “The Believer”, nonché un’esilarante conversazione con il grande regista Gus Van Sant.
E’ un bel po’ di roba. A cui si potrebbe aggiungere una ampia biografia, libri-intervista (un po’ dubbi) e una mole già sterminata di monografie. In fondo David Foster Wallace ha una legione di fan, in attesa di nuovo materiale. Tutto bene, quindi? Per niente. Infatti, a scoppio ritardato ma non per questo meno efficace, ecco arrivare la polemica. Riassumendo: ma che cavolo di robaccia arriva in libreria? David Foster Wallace, noto perfezionista e maniacale correttore dei propri testi, mai avrebbe acconsentito alla pubblicazione di romanzi-Frankenstein come The Pale King. A lanciare la provocazione è lo scrittore Blake Butler, fan di vecchia data di Foster Wallace, dalle colonne di Vice, divertente (e diffusissimo) magazine tra il modaiolo e il «corsaro». E sono mazzate. L’accusa più leggera verso chi gestisce l’eredità dello scrittore è «manipolazione». Per il resto, Butler scrive che questo pescare nel pozzo porta alla luce frammenti incoerenti. Cosa che alla lunga finirà con l’oscurare, o meglio col diminuire, la grandezza di un autore inimitabile. La polemica non è nuova e non riguarda solo David Foster Wallace: certo è che l’articolo di Butler, poche ore dopo la pubblicazione sul web, aveva già fatto il giro del mondo