Nessuno dice “per favore” e “grazie”. Il nostro modo di parlare è cambiato (in peggio)

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Viviamo in una una società individualista, competitiva e poco educata, dove nessuno dice più “per cortesia” e parole come “prudenza”, “virtù”, “decenza”, “forza d’animo” e “gratitudine”, sono quasi sparite dal nostro vocabolario. Sostituite dalla prepotenza dell’io, abbondano infatti espressioni come “personalizzato”, “unico”, “posso farlo io”, “io vengo prima” e disciplina. A contarci le parole in bocca è stato Google che ha passato al setaccio un database di parole estratte da 5 milioni di libri pubblicati in tutto il mondo tra il 1500 e il 2008. Dallo studio è emerso chiaramente come alcune parole siano lentamente state dimenticate e altre si siano invece imposte nel linguaggio comune.

 

La ricerca, pubblicata dal Wall Street Journal in un articolo dal titolo “What words tell us” (Cosa le parole raccontano di noi), e riportata sul Corriere della Sera, restituisce la storia di una società che sempre più diserta la dimensione collettiva (si dissolvono termini come famiglia e tribù) lasciando spazio a un linguaggio fortemente individualista (auto, mio, personalizzato). Inevitabilmente a spese della gentilezza e della buona educazione. Riporta il Corriere:
La coppia di studiosi americani Pelin e Selin Kesebir hanno scoperto che l’uso di parole come «coraggio» e «forza d’animo» è diminuito del 66 per cento, quello di «gratitudine» e «apprezzamento» del 49 per cento. Nel frattempo, l’utilizzo di parole associate con la capacità di produrre, come «disciplina» e «affidabilità» è invece aumentato. Usando un immaginario conta-parole durante le nostre conversazioni quotidiane potremmo probabilmente mettere al primo posto la parola «io» (incipit di molte conversazioni), seguita da avverbi perentori come «assolutamente» (sì e no, vale in ogni direzione).Persino le conversazioni telefoniche partono direttamente in medias res, quasi nessuno più risponde dicendo “pronto”:
riconoscendo già il nostro interlocutore dal nome che appare sul display abbiamo abbandonato quella formula di attenzione e esclusiva disponibilità che l’essere “pronti” prevedeva
Lo scrittore triestino Mauro Covacich, raggiunto dal Corriere della Sera, spiega: “È come se parlassimo un linguaggio “palestrato”, tecnofunzionale, un modo di esprimersi che somiglia a un corpo costruito in laboratorio: dobbiamo mostrare i muscoli e certi modi di esprimersi sono utili a questo”. Al punto che anche l’uso di parole sconvenienti può diventare un modo incisivo di esprimersi. […] La parola colorita può imporsi anche in contesti più che formali: la cancelliera Angela Merkel parlando di una polemica ha usato pubblicamente la parola «Shitstorm» (tempesta di m…), appena ammessa anche nell’autorevole dizionario Duden, che registra i mutamenti della lingua tedesca. «L’uso in politica di termini “giovani” è uno stratagemma per sembrare meno distanti, più alla mano», osserva Covacich.

Nel 2010 il dizionario Zingarelli denunciava l’estinzione di quasi 2.800 lemmi sui 120 mila riportati nel dizionario. Agiato, madido, ineffabile, ceruleo, blando: parole che secondo i curatori sono ormai desuete. Insomma, conclude il Corriere, parliamo un linguaggio sempre più “opportunista”, che è figlio del nostro tempo. Ma il presidente dell’Accademia della Crusca, Francesco Sabatini, ci tiene a precisare che l’evoluzione non è poi così violenta come può sembrare e il motivo è presto detto: “Indagini come quelle di Google spesso non tengono conto della diversità delle fonti: la lingua del ’500 per esempio, ci è nota attraverso chi all’epoca scriveva libri, per la maggior parte religiosi, che sicuramente avevano un vocabolario ricco di parole come “pietà”, “umiltà” e “grazia”. Certe espressioni, più individualiste, esistevano anche una volta, ma rimanevano nelle cronache municipali. Mica vorremo immaginare una strage degli Ugonotti fatta a suon di “grazie” e “prego”… chissà che parole sono volate anche allora!

da blitz

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