Paul Auster. L’inverno del nostro scontento

   Tempo di lettura: 4 minuti

Sessantacinque anni ma non li dimostra. Eppure deve essere stata questa la molla che lo ha spinto a scrivere il suo nuovo libro “Winter Journal” che sarà, credo, pubblicato come tutti i suoi precedenti, da Einaudi.
E’ abbastanza sorprendente scoprire un “lato debole” di Paul Auster. Certo, il pensiero della fine, incombe su tutti e l’autore non è da meno. In fin dei conti è abbastanza normale che, a una certa età, gli anni comincino a reclamare un po’ di addizioni. E’ un bel tema al quale sono particolamente affezionato dalle molte letture cui Roth mi ha obbligato negli anni. ( Una per tutti: Everyman ). Il libro di Paul Auster sonda il misterioso dialogo silenzioso che, ad un certo punto, ognuno di noi fa allo specchio. E’ una meditazione sul tempo, sull’invecchiamento del corpo, e la memoria.

Dunque, c’è un inverno per tutti. Paul Auster fa i conti con il suo passato, partendo in rassegna dalle ferite più profonde e, per questo, il libro appare intimo ed emotivo. L’omicidio del nonno e la successiva perdita del padre, sono aperte ancora oggi. 
La morte è il pensiero ricorrente nel libro di Paul Auster: l’elenco parte fin dalla sua infanzia quando fece conoscenza della Vecchia Signora che aveva strappato la vita ad un ragazzo su un prato in un giorno di pioggia con un fulmine. Il corpo rimase lì per un po’ finchè non si decisero di portarlo via. 
Ancora. La sensazione triste del vuoto che comincia a farsi attorno: quello lasciato dai suoi amici, alcuni dei quali già portati via dalla Vecchia Signora in anticipo sul tempo che si immaginerebbe più spostato in avanti. 
Di qui l’incombere del cattivo pensiero di essere già nei Suoi sguardi, anche se ancora distratti. In attesa di un diluvio che porti via anche lui.

Questo gioco di specchi riguarda ognuno di noi, dicevo prima. Le vite dei nostri cari, dei nostri amici, dei luoghi dove siamo stati felici o tristi. Paul Auster è un uomo come tutti e come tutti non si sottrae dall’esercizio. L’elenco scorre tra i luoghi dove ha vissuto, la prima relazione sentimentale, il sesso, l’amore per sua moglie (la scrittrice, Siri Hustevedt). Attraverso lo sguardo dell’autore , intellettualmente pervaso di una certa malinconia sulla sua esistenza, il libro ci invita fare lo stesso con la nostra. Un esercizio che potrebbe risultare anche divertente, perchè no? L’esempio è dato dalla descrizione di un vecchio film che ha tenuto l’autore per una decina di pagine a descriverlo e che sembrerebbe essere fuori luogo in un libro di addizioni come questo. 

Nessuno vuole morire. L’autore guarda lo specchio e se lo ripete. 
Eppure, ammette, il vizio del fumo, l’alcol, e una alimentazione non proprio salutista non sposteranno in avanti l’appuntamento. Gli attacchi di panico che confessa di soffrire dalla morte della madre , – nel 2002 se ricordo bene di aver letto da qualche parte -, la sofferenza con cui fa i conti ,non muta la sua scrittura, anzi. 
Tuttavia, l’uomo, appare vulnerabile ed è, per me, una sorpresa. Proprio per questo, “l’inverno” di cui al titolo, è caldo della sua esperienza ordinaria di individuo e della sua gratitudine per quello che l’esistenza gli ha riservato. 

A me rimane, non so per quale scherzo della memoria, lo sguardo impresso da spettatore di quelle «lacrime nella pioggia» di cui la fine del celebre film di Ridley Scott: Blade runner.

Un nuovo grande libro di Paul Auster.

Winter Journal
Paul Auster 
Faber

Per BookAvenue, Michele Genchi

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