Girovagando in rete mi sono imbattuta in un breve stralcio di un’intervista dove l’attore Will Smith dava una calzante metafora della determinazione che lo contraddistingue: “Puoi essere più intelligente di me, avere più talento di me, ma se saliamo su un tapis roulant e iniziamo a correre, tu vinci solo nel caso che io muoia”. Parafrasando: io non mollo mai.
L’intervista continuava con un episodio della sua infanzia: un giorno d’estate il padre distrusse un muro di mattoni vicino al suo ufficio e disse a Will allora 12enne e al fratello di 9 anni di ricostruirlo. Impresa impossibile per due bambini. Ci misero un anno, ma ce la fecero. Osservando il nuovo muro, il padre disse loro: non azzardatevi mai più a dire non posso farlo.
Come spesso accade, ci colpisce quello che è molto simile a noi o, al contrario, quello che non ci appartiene affatto; nel mio caso, entrambe le cose dette in quell’intervista hanno catturato la mia attenzione, sia perché non mi appartengono, sia perché fanno profondamente parte di me. Mi spiego: non sono affatto una persona competitiva, di quelle che vogliono vincere ad ogni costo, sono, piuttosto, una di quegli individui che la società quasi non nota: la mia esistenza cammina sempre e volutamente sotto traccia ed è difficile che il mio nome rimanga impresso nella memoria di qualcuno. Vedi alle riunioni di lavoro, per capirci. Non perché io non abbia qualità pari ai presenti che mi mettano in luce, più semplicemente perché da tempo ho deciso di non giocare a questo gioco della carriera come modo di esprimere il proprio valore e la propria identità. Sto semplicemente (e per scelta) giocando un’altra partita ad un altro gioco e sono, quindi, poco interessata a competere con gli altri giocatori. Anzi, tendo a mettere sempre in luce le loro qualità, in modo che facciano carriera o salgano un altro gradino di una qualsiasi delle scale che hanno scelto di salire.
Mi appartiene moltissimo, invece, il modo di insegnare ad un figlio dando corda alla propria individualità, perché credo fortemente che siamo tutti diversi, ma in noi c’è sempre, sempre, qualcosa che sappiamo fare bene: c’è chi maneggia I numeri in modo brillante, c’è chi ha attitudine per le lingue e chi con le mani costruisce meraviglie ma ad esprimersi è una pippa. Un figlio fiorisce se coltiva le sue attitudini. E non posso farlo, si dice dopo averci provato con tutto il nostro saper fare.
Credo che il compito di un genitore non sia quello di spronare il proprio figlio ad avere tutti 9 o 10 in pagella (sia a scuola che nella vita), ma piuttosto aiutarlo a capire in cosa eccelle, sin da piccolo, e mettere tutta l’energia li, in quella cosa che gli viene bene di natura e che, sempre, va di pari passo con il proprio benessere. Io stessa ho lavorato diversi anni come giardiniere e nonostante fossi sempre ricoperta letteralmente di terra e nonostante non fosse proprio un ambiente femminile creare aiuole mi veniva naturale e il farlo mi disegnava in faccia un sorriso perenne.
Essere inciampata in quell’intervista mi ha fatto fare altri due o tre click sulla tastiera; ed ecco che compare la copertina della biografia di Will Smith, scritta a quattro mani con Mark Manson (blogger e scrittore che ha all’attivo libri che hanno venduto milioni di copie) sono quindi corsa a leggerla.
Will parte proprio dall’inizio della sua vita, dal difficile rapporto con il padre alcolista, dall’esempio di una madre colta e di una nonna speciale, passando per l’inizio della sua carriera come rapper, alla caduta dopo aver assaporato il successo e I tanti soldi, alla rinascita a Los Angeles come attore prima della famosissima sit-com “Will, il principe di Bel-Air” e poi da attore di film campioni d’incassi.
Io conoscevo Will come attore, ma leggendo il libro ho appreso la sua (forse dovrei dire le sue) vita precedente come cantante che mi era semi-sconosciuta. Sono comunque stata sempre catturata dall’uomo che ho intravisto nei suoi film: ho amato immensamente “Sette anime”, che è in assoluto uno dei miei film preferiti, e come dicevo prima, ci colpisce di una persona quello che già ci appartiene: nel film ricorre spesso la frase “Lei è una brava persona?”, e io ricerco sempre nella società di oggi le brave persone, un pò perché tutti abbiamo bisogno di sapere che esistono ancora, e un pò perché da loro c’è sempre da imparare.
Poi c’è il bellissimo film, forse meno conosciuto “After earth” e sicuramente di poco successo al botteghino (dove Will recita nuovamente con il figlio dopo aver interpretato il film di Muccino “La ricerca della felicità”) che ha un posto speciale nel mio cuore. Ho aspettato con trepidazione che mia figlia fosse abbastanza grande per guardarlo (dopo i libri, considero i film un modo eccelso, diretto e molto efficace di insegnare) tosto ma molto, molto istruttivo su una emozione primordiale che tutti abbiamo, e che ci limita immensamente nelle nostre scelte di vita, oggi più che mai: la paura.
Will nel libro continua raccontando in successione i vari film di successo che ha interpretato, facendoci capire I tentennamenti e le decisioni a cui va incontro un attore e come si è preparato per interpretare il film su Muhammad Alì, accennando anche a quando ha incontrato Nelson Mandela.
In un altro punto del libro, Smith ci racconta che, dopo il primo scivolone (il famoso dalle stelle alle stalle) della sua carriera, e ricevendo una seconda opportunità dalla vita con la sit-com “Will, il principe di Bel-air”, giurò a se stesso che non avrebbe avuto bisogno di una terza; nel leggere questa frase mi è venuto in mente lo spiacevole episodio alle premiazioni degli oscar 2022: durante la notte degli oscar Will Smith in un moto di rabbia incontrollata è salito sul palco ed ha dato uno schiaffo ad un collega.
Credo che certe ferite dell’anima non si rimarginino mai.
Mi sono tornate in mente le parole che dice in questa sua biografia: “per capire una persona, e’ importante capire perché quella persona ha fatto quello che ha fatto”, e la domanda a cui dobbiamo rispondere è: che cosa voleva?
Credo che certe ferite nell’anima non si rimarginino mai. Puoi essere la persona più perbene del mondo, essere riuscito a costruire una carriera solida, ottenere il rispetto della gente e fare tanti tanti soldi da permetterti una vita agiatissima, e sprofondare nel baratro comunque. Tutti abbiamo dentro di noi le ferite che la vita ci ha inferto, riusciremo anche a cicatrizzarle, ma rimarrà sempre un piccolo solco a unire due parti: il prima e il dopo; perché ci sono cose che creano pieghe nell’anima e, per quanto cerchiamo di appianare la superficie con tutte le carezze amorevoli di cui siamo capaci, l’anima, a mio avviso, è fatta di un tessuto con una memoria di forma, e non tornerà mai come prima. Vedremo come l’uomo, Will, riuscirà ad alzarsi nuovamente, perché con la determinazione che lo contraddistingue, ci riuscirà di sicuro.
Ho apprezzato tanto anche la parte dove, facendo ammenda, si è reso conto che arriva un momento, nella vita di ognuno di noi, in cui ci accorgiamo che le convinzioni su cui abbiamo costruito tutta la nostra vita, ad un dato momento, non funzionano più. Ed è li che dobbiamo rinunciare a tutto quello in cui abbiamo sempre creduto, crearne altre per rinascere più forti di prima, e sicuramente migliori.
Mi è piaciuta davvero questa biografia, anche se ho scoperto molti lati di quest’uomo che non mi piacciono, ma è ricca di spunti su cui soffermarsi: condivido quando Will dice che è importante capire che è irrilevante dove siamo cresciuti e con chi, è determinante invece sapere chi si è e dove si vuole andare. Che in bocca ad un multimilionario attore americano è molto cool, quasi un concetto da slogan motivazionale, credo invece sia un ottimo consiglio alla portata di tutti: indipendentemente da quanto sei dotato di talento o da quanto la vita sia stata o non sia stata generosa con te, è importante quanto cerchi di mettere bene ogni singolo mattone del tuo muro. Questo fa la differenza.
Arrivata all’ultima pagina, ho posato questo libro con un sorriso triste: mi sono chiesta se vale la pena di lottare in questo modo per I propri obiettivi, in modo così ego riferito che va a discapito delle persone che hai intorno, ne è un esempio la festa organizzata per il compleanno della moglie che Will descrive nel libro.
Mi rimane piuttosto l’immagine a chiaro scuro di un uomo che, a fronte di tutto ciò che è riuscito a costruire e a ottenere, forse sul palco degli oscar ci ha fatto vedere un bambino spaventato che ancora non è riuscito a rimarginare del tutto le sue ferite.
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Per BookAvenue, Marina Andruccioli
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Questo pezzo è stato scritto ascoltando Summertime, suonata da Louise Armstrong e cantata da Ella Fitzgerald.
Il libro.
Will, Il potere della volontà Will Smith
Mark Manson
Longanesi 2021 pp.432
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