Haruki Murakami ha con la propria cultura un rapporto complesso, strano e potente come le storie che crea. Utilizzando i meccanismi narrativi del noir hollywoodiano esplora in modo surreale le ansie metafisiche della nostra epoca ed è un maestro della prosa sottilmente inquietante. Per lui la verità si trova al di fuori del mondo spesso inquadrato del linguaggio umano e i suoi romanzi sottolineano spesso il valore della musica come antidoto alla limitatezza delle parole.
E’ uno scrittore abbagliante, coinvolgente, adorato dalla critica, senz’altro una delle voci più originali nella letteratura mondiale. Eppure rimane una figura sfuggente.
“L’uccello che girava le viti del mondo” è un romanzo deliberatamente confuso e ha una trama complicata: per questo non è così facile da riassumere.
Dopo aver letto una cinquantina di pagine ne sono però rimasto talmente coinvolto che me lo sono dovuto leggere durante il lavoro, in treno e in ogni momento libero a casa. Per puro piacere di lettura.
Okada Toru ha appena lasciato il lavoro in uno studio di avvocati ed è tutto preso dalla casa. Sua moglie Kumiko sembra assente dalla sua vita, lavora nel campo della moda e sta fuori fino a tardi.
La coppia vive una vita apparentemente ordinaria in una casa modesta, ma le cose si complicano quando il gatto scompare e Okada riceve una telefonata da una donna misteriosa.
Da quel momento la vita di Okada prende una piega assurda. Compaiono attorno a lui personaggi e storie sempre più strani, e la realtà comincia a diventare visione, incubo, allucinazione, delirio, incanto.
Storie che corrono parallele, in orizzontale, in verticale, in ogni direzione possibile e la sensazione inconfondibile di come personaggi e idee siano in un modo o nell’altro collegati tra loro con fili invisibili.
Haruki Murakami, ex proprietario di un jazz club, ora approdato alla letteratura, ha una scrittura semplice e diretta da scrittore di gialli, non dà molte risposte e quelle che cerca di dare sono aperte alle diverse interpretazioni. E’ una lettura sconvolgente, un esperienza disorientante che può lasciare sensazioni rilassanti, ma anche un vuoto immenso.
Per sostenere il movimento della storia, Murakami attinge a tutto quello che può: surrealismo, psicologia, storia, sociologia, oltre a bizzarre e meravigliose varietà di voci.
“L’uccello che girava le viti del mondo” è inquietante, violento, fantasticamente illogico, perturbante, romantico.
Murakami Haruki, L’uccello che girava le viti del mondo, Einaudi (collana Super ET).