Siamo in Croazia, e gli anni ’60 si affacciano con la semplicità di un est che non ha ancora conosciuto l’ossessione della modernità all’occidentale. Siamo al mare, che impronta il ritmo della vita secondo i propri, immodificabili tempi. E siamo dentro un’infanzia fatta di quelle mancanze che rendono grande la fantasia dei bambini, come quando guardare le nuvole e trovare una forma è un passatempo che resta impresso per sempre. Chiunque abbia visto un cane o un’astronave in una nuvola da piccolo, sempre ci vedrà un bicchiere o un tridente da grande.
Eppure questo libro potrebbe essere tranquillamente trasposto nell’Italia dei giorni nostri. Potrebbe essere la trama di una lettera scritta ad una delle tante intelligenti poste del cuore e suonerebbe così:
Mi chiamo Luka e ho 49 anni. All’età di 5 mi sono innamorato di una bambina, Dora, con la quale ho trascorso ogni singolo momento della mia infanzia: ricordo ancora adesso quando davamo forma alle nuvole e ci dividevamo i gelati, tutte le volte che nuotavamo insieme e poi andavamo nei nostri posti nascosti, che solo io e lei conoscevamo. Eppure un giorno lei si è dovuta trasferire in Francia per esigenze familiari e improvvisamente tutto il nostro mondo è sparito nel nulla.
Da quel giorno sono cresciuto con una profonda malinconia nel cuore, e mio malgrado tutte le donne che ho avuto sono state fugaci compagne di letto o fastidiose compagne di vita. Con una di queste ci ho fatto persino una figlia, per dirti quanto poco contasse per me il futuro e il concetto stesso di felicità. Ma poi, in modo del tutto inaspettato, se tale può definirsi il fato, l’ho reincontrata. Era sempre lei, Dora, e quelli erano i suoi occhi, così come suo era quel modo di guardarmi. Non c’era stato bisogno di dirci nulla, la complicità nata a 5 anni riprendeva a battere da sola a 20. Ci siamo detti “ti amo” senza dover aspettare conferme interiori né mosse strategiche da parte dell’altro. Ci amavamo, semplicemente. L’amore per Dora mi nutriva, eppure il senso di colpa verso l’altra famiglia, quella che non avevo voluto e della quale ero parimenti responsabile, mi spossava i nervi e i sensi. Per vigliaccheria, pigrizia e per quella forma di auto-lesionismo che da qualche parte doveva pur aver messo le radici, feci la scelta più opportuna e dolorosa.
Non poteva finire così. Lo sapeva anche Dora, che ha deciso per me, per noi. Lei, così coraggiosa, al punto da non innamorarsi di nessun altro. Lei, che mi chiamava il suo principe. Lei, così irresistibile nei suoi capricci.
L’ho rivista tante volte negli ultimi anni, tutte le volte ricompariva nella mia vita, mi riempiva le mani e la vita, ricreando con me quel mondo chiuso verso l’esterno che poi doveva per forza piegarsi verso l’urgenza della vita vera.
L’ultima volta che l’ho vista, Dora aveva un figlio, il mio, e un marito. “E’ troppo tardi”, mi ha detto.
No, se, come cantava Pablo Neruda: “Prima d’amarti, amore, nulla era mio/ vacillai per le strade e per le cose/nulla contava né aveva nome/il mondo era dell’aria che attendeva”.
L’aria ha atteso, e anche Dora.
E ora le nuvole hanno due forme: la mia e la sua.
per BookAvenue, Paola Manduca
ndr.
a questo libro l’editore ha dedicato un sito: l’indirizzo è: www.ognigiornoogniora.it