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Lorenzo Tanzini, 1345. La bancarotta di Firenze

Il nostro collega Antonio Marco Conte ha incontrato Lorenzo Tanzini in occasione dell’uscita del suo libro.

Il titolo inizia con un numero: 1345. E’ la data in cui veniamo immediatamente proiettati in un immaginario viaggio a ritroso nel tempo, a Firenze nell’epoca premedicea. Lorenzo Tanzini ci parla di finanza medievale, raccontandoci in modo assolutamente fruibile vicende poco note anche ai tanti appassionati di Storia.

Gli eventi riguardano la bancarotta cui andarono incontro numerose famiglie fiorentine di mercanti di denaro, i Bardi, i Peruzzi, gli Acciaiuoli per citare in principali. Una bancarotta causata dall’eccessiva esposizione nei confronti di sovrani stranieri e signori italiani, molto abili ad invogliare la concessione di prestiti per finanziare le loro avventure politiche, salvo poi inventarsi pretesti per disconoscere i propri creditori se non addirittura perseguitarli. Molto si era imparato da quanto già collaudato di recente in Francia da Filippo Il Bello contro i Cavalieri Templari.

La reazione della città a quegli accadimenti innescò una serie di meccanismi relativi al rapporto tra potere centrale subentrato nella gestione del debito. Scopriamo così l’origine dei termini “Monte” e “Magnate”.

L’autore si fa accompagnare sapientemente da Giovanni Villani, cronista dell’epoca, che ci ragguaglia sugli eventi vissuti in prima persona e sui protagonisti degli stessi e in questo percorso diversi temi stimolanti vengono a galla.

Su alcuni abbiamo interrogato direttamente l’autore.

trekking, foto di uomo al tramonto su sentiero di montagna

Wanderlust. Una storia di piedi

Sono certo vi sia capitato chiedervi al termine di una giornata terribile con le gambe doloranti e i piedi a pezzi, come è accaduto di infilarvi in una terribile maratona tra uffici, servizi, cose da fare e comprare senza sosta fino all’ora del rientro.  Come diavolo avete fatto a sopravvivere ai chilometri percorsi quando avreste più comodamente potuto prendere l’auto e stancarvi di meno.
A volte, invece, accade il contrario. Capita, cioè, che vi chiediate cosa state combinando al chiuso dell’auto bloccati nel traffico e perché, ancora, diavolo non siete usciti a piedi magari utilizzando la metropolitana e profittarne per fare due passi.

Martin Pollak, Il morto nel Bunker. Indagine su mio padre

Come e perché si diventa nazisti?
E’ questa la domanda che si pone Martin Pollack riferendosi alla famiglia paterna. La risposta si trova nella sua indagine. Indagine che ora Keller ha il merito di ripubblicare.
Con una ricerca che si avvale degli strumenti dello storico e di una scrittura brillante, Pollack compie un viaggio alle radici della dissoluzione dell’impero Asburgico e della nascita del nazismo.

La psichiatria sulla pelle dei bambini

«Avevo tre anni quando un’assistente sociale mi portò a Villa Azzurra che di quel colore non aveva proprio nulla. Ci finii perché quella buona donna di mia mamma mi aveva avuto da un uomo che della paternità se ne infischiò allegramente, non l’ho mai incontrato. Lei era giovane e sola».

Comincia così – con una storia terribilmente simile a molte altre – questo libro scritto per non dimenticare; per ricordare a chi è vissuto al tempo dei manicomi e per informare chi non c’era. Ma scritto anche per smontare l’illusione che oggi la fabbrica della follia sia altro da quanto era in passato: fenomeno di massa, fenomeno di poveri, manicomi (o realtà troppo simili) come discariche umane e sociali.

Non credere alla catastrofe è facile se sai come farlo

Siamo davvero così sicuri delle nostre convinzioni e su cosa le costruiamo? Quanto sappiamo veramente di come va il mondo? La scuola, la fame, lo stato sociale delle nazioni è arretrato rispetto a venti, quaranta anni fa come molti di noi pensano, o non è così? Non ultimo: hanno ragione i sovranisti a parlare d’invasione degli immigrati con tutto l’armamentario di sciocchezze connesse al tema?

Tranne l’ultima personale considerazione, le righe appena sopra sono alcune delle domande poste all’inizio del libro di Hans Rosling, Factfulness: dieci motivi per cui ci sbagliamo sul mondo e perché le cose sono migliori di quanto pensi. Uscito in aprile di due anni fa, ha continuato a diventare un grande successo che ha già venduto centinaia di migliaia di copie in tutto il mondo e che, lo dico con convinzione, va sostenuto anche da noi dove invece è già diventato merce da rendere all’editore. L’invito ai librai è di recuperarlo e rimetterlo per un po’ di tempo sui banchi.

Le belle contrade. La nascita del paesaggio italiano

ndr.questo articolo di Antonio Capitano è stato pubblicato il 15/5/2019

La casa editrice “Il Saggiatore” prosegue il progetto di rivitalizzazione del corpus delle opere di Piero Camporesi ripubblicando “Le belle contrade” con un sottotitolo “la nascita del paesaggio italiano” utile a comprendere la genesi del dialogo tra uomo e natura, vita materiale e costruzioni culturali.”Nel Cinquecento non esisteva il paesaggio, nel senso moderno del termine, ma il “paese”, qualcosa di simile a quello che per noi è oggi il territorio” un’Italia “minore” di cose e di genti. Un libro prezioso, denso di attuali spunti

La scrittura testimone del mondo. Il clima secondo Jonathan Franzen

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Solo dieci anni fa, Jonathan Franzen con David Foster Wallace e Jeffrey Eugenides erano considerati semplicemente un gruppo di romanzieri americani verso la mezza età. Nel diluvio di elogi, ricordi e apprezzamenti che seguirono al suicidio di David Foster Wallace, si manifestò rapidamente una nuova consapevolezza: quella, cioè, che Wallace e i suoi pari, costituivano la generazione letteraria americana dell’era di internet al pari di quella dei Bellow, Updike e Roth che aveva testimoniato la letteratura a stelle e strisce nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale.

Un paese di nome Montaillou nell’anno 1325

Ricordate la quarta di copertina scritta da Baricco per Prateria di Least Heat-Moon?
Evidenziava come lo scrittore statunitense fosse riuscito a scrivere 700 pagine sulla Chase County, “una porzione di semi-nulla”.

Ebbene, anni fa Emmanuel Le Roy Ladurie è riuscito a scrivere un libro altrettanto ponderoso su Montaillou, un paesino abbarbicato sui Pirenei nel quale non c’era nemmeno  il semaforo (lampeggiante) della contea di Chase;  per non parlare delle pompe di benzina, inutili poiché non c’erano auto a scorrazzare per il paese. 
Non c’erano auto perché il villaggio viene ritratto  all’inizio del milletrecento, pochi anni dopo la crociata contro gli albigesi; e questo era un territorio in cui l’eterodossia catara era riuscita a sopravvivere. Il libro, un classico della microstoria, fu edito a metà anni settanta; ora Il Saggiatore lo ha giustamente ripubblicato.