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Luzzatto sul partigiano Levi vuole solo “épater les bourgeois”

Il libro di Sergio Luzzatto sul partigiano Primo Levi e l’uccisione da parte della sua banda di due compagni, è diventato un cold case: dalla lettera alla Stampa dei parenti di una delle vittime i motivi dell’omicidio sembrano diversi da quelli ipotizzati dall’autore di Partigia. Pretendere di capire attraverso l’esperienza individuale di Primo Levi la “zona grigia” della Resistenza o “guerra civile” del ’43-’45 è un’impresa bizzarra per uno storico. Il fuoco amico è frequente in guerra e, quindi anche in formazioni armate politicamente e culturalmente eterogenee, in qualsiasi tempo e luogo. Nelle bande partigiane vi furono conflitti di ogni tipo, rese dei conti, omicidi, etc., e concentrare tutta l’attenzione su Primo Levi per spiegare questi fenomeni è piuttosto singolare.

I Fenici scoprirono l’America duemila anni prima di Colombo

L’America fu scoperta dagli abili navigatori Fenici, già prima dei Romani, ma poi fu dimenticata. A sostenerlo è il fisico Lucio Russo che nel suo libro “L’America Dimenticata“, edito da Mondadori Università, evidenzia un errore sistematico presente nelle carte geografiche dei secoli successivi e che secondo il fisico rappresenterebbe una prova inequivocabile dei contatti tra le popolazioni del Mediterraneo del II secolo avanti Cristo e le isole delle piccole Antille.

La sfortunata carriera del partigiano Levi

Il “segreto brutto” e il misterioso suicidio di una donna ebrea. Non si placano le polemiche occorse intorno al libro di Sergio Luzzatto “Partigia” dove si ricostruiscono i passaggi salienti della breve e sfortunata carriera di partigiano di Primo Levi. E, in particolare, del “segreto brutto” custodito dal grande scrittore a proposito della fucilazione da parte dei partigiani della banda del Col Joux di due compagni giudicati responsabili di qualcosa che filtrerà sporadicamente tra le pagine successive di Levi e che Luzzatto immagina, pur dentro la tragedia della guerra civile e dell’occupazione tedesca, forse esagerata, se non conseguente a “futili motivi”. Cioè il contenuto di un senso di colpa non dicibile.

Promemoria italiano «manifesto» per il cambiamento

Incontri con i giovani e nelle scuole sul libro di Napoletano dedicato alle personalità che seppero ricostruire l’Italia.

«Direttore, è fondamentale che gli adulti credano in noi, se sono loro a dirci che dobbiamo andare via come possiamo avere fiducia nel nostro futuro e nel nostro Paese?». Federico Iori, al quarto anno del liceo scientifico «Spallanzani» di Reggio Emilia, parla al direttore del «Sole 24 Ore» Roberto Napoletano.
Nella sua domanda, una richiesta di attenzione. L’appello ad essere presi sul serio di una generazione di giovanissimi che forse non è così abbattuta e rassegnata come spesso la si rappresenta. Disorientata, piuttosto. Assetata di modelli e di incoraggiamento.
E forse proprio perché risponde a questa necessità, Promemoria italiano (Bur, € 12, p.158) – raccolta dei Mememorandum pubblicati da Napoletano sulla prima pagina della «Domenica del Sole» – è arrivato in sette mesi all’ottava edizione. Diventando una sorta di «manifesto» di valori, figure e comportamenti cui ispirarsi, diffuso soprattutto grazie al passaparola. Tanto che lo stesso direttore sta girando l’Italia – da Saluzzo a Merate, a San Salvo e Pescara -, accogliendo le richieste dei ragazzi che chiedono di incontrarlo.

Raffaele Sardo racconta le storie di morti dimenticati

Vincenzo Polverino era nato da poco. Doveva essere battezzato l’8 maggio del 1977. Ma quel giorno andò a finire che invece del suo battesimo si dovette celebrare il funerale del padre. Pasquale Polverino, un cameriere di 23 anni, fu ammazzato durante una rapina al ristorante ´La Taverna del Ghiottoª, a Napoli. Lo uccise un colpo alla schiena, sparato da un fucile a canne mozze. Oggi Vincenzo ha 36 anni. Del papà-ragazzo non ha ricordi, conserva solo qualche fotografia e ritagli di giornale.

I dialoghi di Bologna. La sfida della cultura

Il Paese con il patrimonio artistico più importante al mondo non è capace di trasformarlo in lavoro e sviluppo. Perché? E cosa si può fare? Ne hanno parlato a Bologna con il direttore dell’Espresso Bruno Manfellotto , Lucia Annunziata, Marzia Corraini, Linus e Marino Sinibaldi

Cosa può fare la cultura per l’Italia, e come cambia il modo di produrla e di usufruirne nell’era di internet e dei nuovi mezzi di comunicazione. E’ intorno a questo tema che si è sviluppata la terza tappa dei Dialoghi dell’Espresso, la manifestazione che porta il dibattito sulle emergenze nazionali nei principali atenei italiani, alimentando il confronto con gli studenti e con il mondo accademico.

L’ho uccisa perchè l’amavo

di Michela Murgia

Molte volte io e Loredana Lipperini ci siamo incontrate sulle stesse battaglie: dall’uso univoco e strumentale dell’immagine delle donne agli stereotipi di genere, dall’affermazione della consapevolezza del femminicidio alla tentazione di riportare indietro l’orologio dei diritti. Ci siamo spesso domandate come sia stato possibile lavorare per tanto tempo sugli stessi argomenti e non aver mai scritto niente insieme, ma ora abbiamo rimediato.