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Una strana fortuna

Per un pomeriggio intero, la madre di Maurice cuce con grande attenzione le stelle sui grembiuli di scuola. Si siede vicino alla finestra nell’unica stanza della loro casa e Maurice, coi suoi fratelli, la guarda lavorare con grande interesse.
Cuce a piccoli punti serrati, precisi, uno dopo l’altro. Tutto quello che fa mia madre, pensa Maurice, lo cerca sempre di fare con tutto l’impegno e la cura che può.
Quelle stelle si era dovuto comprarle e si erano usati i “buoni per i tessili” che il Comune ormai distribuiva col contagocce. Bisogna comprarsele pagarsele e cucirsele da sé. E’ importante che le stelle siano cucite in modo solido. Si dice che una stella cucita male potrebbe procurare guai seri…

philiproth elabora by ©mg

Goodbye Mr. Roth

Qui finisce la mia odissea con Roth. E con quale miglior scelta se non di finire dall’inizio? Si perché Roth mi ha saziato a tal punto come l’acqua che scorre dai lati della bocca mentre la gola indugia al sorso ulteriore. Basta, non ne vogliamo più. Così, con evidente logica e tranquillità d’animo, dico addio al mio a…

Irène Némirovsky, Il calore del sangue

Quest’anno l’autunno è precoce. Mi alzo prima dell’alba e passeggio per la campagna, tra campi che sono stati di proprietà della mia famiglia per generazioni, e oggi sono posseduti e coltivati da estranei. Non posso dire di soffrirne: solo, di tanto in tanto, ho una lieve stretta al cuore… Non rimpiango il tempo perso in cerca di fortuna, a comprare cavalli in Canada, a trafficare in olio di cocco nel Pacifico. A vent’anni la voglia di andarmene e la noia soffocante della provincia mi attanagliavano al punto che se mi avessero costretto a restare qui ne sarei morto, credo. Mio padre non c’era più, e mia madre non riuscì a trattenermi. « È come una malattia,» mi diceva, impaurita, quando la supplicavo di darmi del denaro e lasciarmi partire «abbi un po’ di pazienza e ti passerà».

La paura delle donne. Intervista a Marcela Serrano

Nove donne si ritrovano lo stesso giorno nello stesso luogo, chiamate dalla terapista che hanno in comune, per raccontare la loro storia. Non si conoscono, per cui raccontano le loro vicende dal principio. Insieme alle loro vite, raccontano le ragioni per le quali sono andate in terapia. Natasha, la terapeuta, è la catalizzatrice, il filo conduttore di ogni storia, ma non ascoltiamo mai la sua voce, anche se sappiamo che è presente. Nell’ultimo capitolo conosciamo la storia di Natasha, raccontata da un’altra donna ancora. Sono tutte donne molto diverse tra loro, come dimostrano le loro origini, professioni, età, estrazione sociale e linguaggio.

michela murgia

Storia di pagine strappate

di Michela Murgia

L’altro giorno sono entrata nella libreria di Cagliari dove di solito mi servo e ho fatto quello che faccio sempre prima di decidere cosa acquistare: per mezz’ora ho guardato i libri. Il mio libraio è un vero libraio, un tipo in gamba, non di quelli che ti arrivano addosso mentre sbirci gli scaffali declamando come un mantra “in cosa possa esserle utile?” O invadente commesso di libreria, fattene una ragione: non puoi essermi utile, a meno che i tuoi occhi non possano vedere i libri al posto mio. Il mio libraio, che è un vero libraio, questa cosa non la fa: invece aspetta.

Aher Arop Bol, Il ragazzo perduto.

Una fiaba sudanese narra di quattro animali – un leone, una iena, un serpente e un ghepardo – che un tempo dividevano una capanna in un piccolo villaggio. Vivevano in perfetta armonia, finché non decisero che avevano bisogno di regole per garantire un maggiore rispetto reciproco. Così fecero una riunione in cui si chiese a ciascuno di illustrare agli altri i propri desideri.
Il primo a parlare fu il serpente. «Sono lieto di informarvi che non ho problemi con nessuno» disse. «Ma dato che la comprensione tra noi è importante, vi dirò che l’unica cosa che odio è essere toccato, anche per sbaglio. Se qualcuno mi tocca, sarò in guerra con lui.»

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Don DeLillo, L’uomo che cade

riproponiamo l’articolo di Michele Genchi, libro del mese di settembre 2009, in occasione del decimo infame anniversario.pm

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Dove eravamo tutti l’undici settembre 2001?
Abbiamo ancora il ricordo di quel giorno prima che diventassimo tutti reduci di quel giorno?
Io, per esempio, mi ero sposato solo 48 ore prima. Ero tornato a casa con mia moglie ed eravamo partiti per il viaggio di nozze verso l’altra parte del mondo. In quell’isola lontana le immagini di quanto accadeva in diretta arrivavano come un eco di uno scoppio lontano. Era il telegiornale della CNN che trasmetteva il crollo delle torri mentre noi, tornati dal mare, ci asciugavamo i capelli increduli di quanto era davanti ai nostri occhi e cambiando la prospettiva di un giorno qualunque della nostra vita.

Irène Némirovsky, Come le mosche d’autunno

L’appartamento era piccolo, buio, soffocante; odorava di polvere, di vecchie stoffe; i soffitti bassi sembravano pesare sulla testa; dalle finestre si vedeva il cortile, lungo e stretto, con i muri imbiancati a calce che riflettevano spietatamente il sole di luglio. Fin dal mattino venivano chiuse imposte e finestre, e in quelle quattro stanzette buie i Karin vivacchiavano fino a sera, senza uscire, sconcertati dai rumori di Parigi, respirando con fastidio il tanfo degli scarichi e delle cucine che saliva dal cortile. Camminavano avanti e indietro da una parete all’altra, in silenzio, come le mosche d’autunno, allorché, passati il caldo e la luce dell’estate, svolazzano a fatica, esauste e irritate, sbattendo contro i vetri e trascinando le ali senza vita.