“ Chi non viaggia non può conoscere nulla – dice sempre il mio papà”.
Nadir ha 10 anni ed è viaggiatore ma non per scelta.
Inizia così, il diario, a tratti buffo e commovente, di un bambino che fa parte di quel mondo di piccoli migranti che, come li ha ben definiti Tahar Ben Jelloun, sono:“la génération involontarie” la generazione involontaria, quella destinata a subire il destino degli adulti che emigrano come le gru in cerca di cibo, casa, lavoro.
“ Vengo da Casablanca in Marocco. I miei genitori non sono bianchi e non sono neri, perché sono arabi , così sono arabo anch’io(…)In Italia sono diverso io, perché tutti i bambini sono italiani. Ma se un bambino viene in vacanza in Marocco, il diverso è lui…”(pag.8)