Come molti grandi libri, “E’ cosi che la perdi” ti mette voglia di fare pulizia. Vuoi andare davanti agli scaffali di casa e tirare giù tutti i romanzi che hai comprato per sbaglio. La raccolta di racconti di Junot Diaz, quello per capirci di “La breve favolosa vita di Oscar Wao” (me ne sono occupato tempo fà), è così tagliente, cosi vergognosamente esplicita, cosi cruda e crudele nelle emozioni, così radicata nel linguaggio e nei ritmi di vita della classe operaia dei latinos immigrati in USA che, in confronto, molta altra letteratura sembra irrimediabilmente povera, soggetta quindi alla nostra impaziente voglia di fare spazio.
Diaz Junot
Diaz Junot, La breve favolosa vita di Oscar Wao
La breve favolosa vita di Junot Díaz “di Oscar Wao„ è un romanzo meraviglioso scritto in modo originale.
È divertente: sembra osservato e scritto per strada e spiega il ritratto comico di un disadattato domenicano di seconda generazione in una meditazione straziante sulla storia pubblica di un Paese: quello Domenicano, e riservata: sulle difficoltà di una storia familiare.
E’ un libro vibrante che è ben rifornito da una prosa che non da tregua alla lettura.
E’ confidenziale, nel senso che, descrive i parecchi decenni della storia di uno sconsiderato, e quella di un paese dove si narra di anime e maledizioni antiche del Kufù, (ma anche di incursioni sessuali all’università di Rutgers) ed evoca con perpendicolarità apparente che non richiede sforzo per capire i due mondi, i caratteri che abitano nella Repubblica dominicana, patria fantasma che modella gli incubi e i sogni di questa famiglia, e l’America (leggi, il New Jersey), la terra di libertà, speranza e possibilità luogo di fuga come componente della grande diaspora domenicana.