Sopporto male gli autori che danno alle stampe le loro memorie. Ci vuole un ego ipertrofico oltre ogni dire per pensare che la propria esistenza sia così interessante da meritare di permanere a dispetto degli alberi sacrificati a immortalarla. Alle memorie di Mary McCarthy si aggiunge l’aggravante della sua scintillante impudenza: è un’intelligenza ingombrante che sa tutto, ricorda tutto o comunque è in grado di porsi il dubbio, non risparmia niente a nessuno (a onore del vero nemmeno a se stessa) e giudica e commenta ogni cosa; nelle pagine che seguono vi accorgerete che ha già scritto lei anche la sua prefazione, giusto per dire che a questo libro non servirebbe una sola riga in più, tantomeno mia. Immagino sia proprio per questo che la voglio scrivere: l’impudenza è una delle poche temerarietà che invocano compagnia.
Ricordi di una educazione cattolica



Raramente capita di pensarci, ma stamattina mi sono accorta di abitare a Roma. So bene che state pensando che sia impazzita improvvisamente ma se resistete qualche minuto tento di spiegarvi come e cosa è successo.
Cinque anni fa il suicidio di David Foster Wallace, scrittore molto amato o molto odiato, a seconda dei gusti, ma senza dubbio cruciale per l’influenza esercitata nella letteratura americana (e mondiale) da libri come Infinite Jest. Da allora, negli Stati Uniti, sono usciti quattro libri postumi. This Is Water (Questa è l’acqua, Einaudi), volume costruito attorno al testo di un discorso pubblico tenuto dal podio del Kenyon College in occasione della consegna del diploma nel 2005. Fate, Time and Language, la sua tesi di laurea in Filosofia.

La discografia di Chet Baker è sconfinata ma i dischi passati alla storia non sono moltissimi. Eppure è difficile trovare un disco che non riservi qualche emozione profonda, emozione di tipo musicale e non dovuta all’alone di poeta maledetto che gli si era appiccicata col tempo. Questa apparente contraddizione si spiega col fatto che Chet aveva una grande musicalità, una enorme sensibilità ed una forte voglia di suonare sempre cose nuove.
La scrittura di Barthelme (“scrivi di ciò che hai paura” diceva spesso quando era docente di scrittura creativa presso l’Università del Texas) è stata spesso paragonata a quella di Barth, Pynchon, Vonnegut…