Si sta come d’inverno i libri in biblioteca

Prosegue il racconto delle molte voci in risposta al bando degli autori dalle biblioteche venete.  

di Michela Murgia

È difficile farsi spazio tra le gambe nude di tutte le ragazze che affollano le cronache di questi giorni. Qualunque voce fatica a trovare ascolto in mezzo agli schiamazzi dei pupazzi ipnotizzati dalla fine senza dignità del loro anziano burattinaio.
Non c’è che una notizia da dare, ed è lui.
Non c’è che una storia da trasmettere, ed è la sua, dettaglio per dettaglio.
Il resto a pagina 32, se avanza posto.
È così che questo paese ha lasciato che Berlusconi diventasse il solo parametro del suo bene e del suo male, l’unica misura della sua indignazione o della sua assuefazione. Come stupirsi se i suoi problemi sono diventati nostri, o se le parole più familiari ce le siamo ritrovate davanti svuotate di senso e privatizzate sotto nuovo copyright?

Che facciamo?

Questo post lo hanno scritto i Wu Ming qui,e lo riportiamo anche noi.

Le parole più adatte alla circostanza le ha trovate Serge Quadruppani. Le abbiamo tradotte dal francese, eccole:«Di fronte all’imbecillità fascistoide, si resta come ammutoliti: l’idiota enormità di certe dichiarazioni potrebbe lasciarci senza voce. E’ una cosa talmente stupida che si ha soltanto voglia di alzare le spalle e pensare ad altro. Ma questa enormità e quest’idiozia hanno effetti molto concreti. Se si lascia diffondere la sola idea (per non parlare della prassi reale) che si possano ufficialmente compilare liste nere contro chi non cede alla dittatura della tristezza, chi non si adegua alla visione dominante di questo o quell’aspetto del passato, allora si capitola a una concezione della società più vicina a quella della Tunisia di Ben Ali che a quella sognata in Europa dagli illuministi e dalla Resistenza.
Per fortuna la storia recente dimostra che, a conti fatti, i piccoli e grandi Ben Ali non sempre sono vittoriosi.»

 

Il Bambino con il cuore di legno

il bambino con il cuore di legno… Noah Barleywater, se ne andò di casa al mattino presto, prima che il sole sorgesse, prima che i cani si svegliassero, prima che la rugiada finisse di posarsi sui campi… Prese il cappotto dall’attaccapanni in corridoio ma si mise le scarpe solo una volta fuori di casa. Imboccò il vialetto, aprì il cancello, uscì, tutto in punta di piedi per non rischiare che sentendo scricchiolare la ghiaia, i suoi genitori scendessero a controllare…
Entriamo nella vita di questo bambino in punta di piedi così come, in punta di piedi, il nostro protagonista scappa di casa.
Ma perché Noah Barleywater, di soli otto anni, decide di scappare di casa?
La risposta al mistero di questa piccola inquieta vita sembra aleggiare in tutta la trama ma, come in tutte le grandi storie, viene svelata completamente soltanto all’epilogo …
Ci basti sapere che Noah, ha il cuore profondamente ferito a causa della conoscenza di un segreto terribile, una realtà che nessun bambino dovrebbe mai conoscere ed affrontare e che nessuno, nemmeno un adulto è in grado di spiegare ma solo subire.

Dentro il baule delle meraviglie di Fernando Pessoa

Gli scritti di “La vita non basta” escono dal baule da matrimonio di Fernando Pessoa che conteneva oltre ventisettemila documenti acquistati dalla Biblioteca Nazionale di Lisbona. In quello che è diventato un’autentica icona letteraria, Pessoa teneva le sue carte e quelle dei suoi doppi, Bernardo Saores, Alvaro de Campo, Ricardo Reis, Mário de Sá-Carneiro, Almada Negreiros, Armando Córtes-Rodriguez, Luis de Montalvor, Alfredo Pedro Guisado, ciascuno dotato di una propria storia e fisionomia indipendente. Per loro egli costruiva passati e presenti alternativi, progettava libri che non avrebbe mai scritto, inventava professioni prese dal mondo reale. Erano i cosidetti eteronimi, ossai gli autori fantasmi che non tanto cavava dal proprio interno, ma convocava a sé con «un tratto profondo d’isteria», per la sua tendenza organizzata e costante «alla spersonalizzazione e alla simulazione».

Charles Portis, che grinta, caballeros!

Nel secolo del mitico far west, nelle terre selvagge dell’Arkansas, al confine con lo sterminato Territorio Indiano –  rifugio di ladri di cavalli, rapinatori di treni e battelli a vapore, assassini bianchi e meticci braccati da feroci cacciatori di taglie – vive Mattie Ross, un’impertinente «mocciosa di quattordici anni… capace di andarsene di casa in pieno inverno per vendicare la morte del padre».
Non più alta di un soldo di cacio, la Colt da dragone di suo padre nel sacchetto dello zucchero, Mattie si presenta un giorno al cospetto di un vecchiaccio con un occhio solo, un abito nero impolverato e un distintivo sul panciotto. È Reuben Cogburn, detto da tutti il Grinta… lo sceriffo più cattivo, duro e spietato che vi sia, uno che non sa che cosa sia la paura, l’uomo giusto, insomma, per scovare l’assassino del padre e restituirlo all’altrettanto dura legge del giudice Parker.

copertina

Noi siamo figli delle stelle

copertinaLa ragazza che rubava le stelle – titolo originale The map of true places – , il nuovo romanzo di Brunonia Barry, è bell’esempio di come la psicologia possa indossare un bel vestito dentro un romanzo, un vestito sobrio, senza tonalità da chick-lit. 

Zee è una psicoterapeuta dei giorni nostri, immersa nella realtà di un’America psicolabile post 11/09, ed è fidanzata con un collega che qualunque lettrice donna riconosce immediatamente come l’uomo che non si vorrebbe mai sposare. Ma Zee è anche una ex bambina che rubava di notte le barche e i motoscafi che restituiva qualche molo più in là, è una che da piccola veniva soprannominata Guaio, e soprattutto Zee è figlia di una donna con sindrome bipolare che un bel giorno decide di suicidarsi.

La paura è fatta di niente

la paura è fatta di niente

“…C’era una volta e ogni volta che vuoi tu
un bosco buio di alberi all’ingiù (…) Cos’è quel gran rumore?
Lo spavento mi ruba il cuore. Vorrei trovarmi altrove,
ma non so dove… “

Ecco l’anticipo, di una bella favola in rima, che narra l’esperienza e le emozioni di un bambino di fronte alla paura, vista come un bosco buio di alberi all’ingiù e scelta per Voi per cercare di affrontare delicatamente lo stato d’animo che accomuna la maggior parte dei bambini e che in qualcuno può diventare  un problema.
La paura è una sensazione normale nello stadio di crescita infantile, soprattutto tra i quattro e i sei anni, quando l’immaginazione diventa più vivace e contemporaneamente, il bambino, impara a pensare più in profondità… [ segue ]

Immenso Roberto Bolaño

2.666“, capolavoro postumo dello scrittore cileno Roberto Bolaño, si presenta come una compilation di pezzi di varia lunghezza. E’ però un’opera “sinfonica” in cui Bolaño non racconta una storia coerente, ma è più interessato alla ricerca e allo sviluppo di temi.

Un’opera “immensa” di stupefacente ambizione espressamente composta di cinque libri distinti tra loro che differiscono, a volte in modo molto sottile, non solo nel tono e nel timbro, ma anche nel genere (Bolaño gioca con i generi), saltando dalla satira accademica al thriller psicologico.