“Il libri più veri (…) sono libri che ripetono, che riassestano, che rendono più chiare le lezioni della vita; che ci liberano da noi stessi, ci costringono a far conoscenza con gli altri, e ci mostrano il tessuto dell’esperienza (…) con un totale mutamento di prospettiva, proprio perché una volta tanto se ne sta zitto, e cancellato, quel noioso e mostruoso ego normalmente in carica.”
Il nuovo libro di Patrizia Rinaldi mi ha riportato alla mente queste parole di Robert Louis Stevenson perché leggendolo la sensazione è stata proprio questa: uscire da una quotidianità fin troppo nota e riviverla attraverso la straordinaria costellazione di figure femminili che brillano in questo romanzo.
E questo nonostante la scelta spiazzante di raccontare la storia di una madre, Maria Antonia, mentre è ancora una giovane donna che sbrana la vita, mentre in parallelo ma più avanti nel tempo scorre l’agonia di Ena, sua figlia, in attesa di una morte certa e tanto presente da diventare quasi un ulteriore personaggio.
E poi l’Abbadessa, cinico soprannome che Ena dà alla badante straniera, piccola ribellione al suo bisogno di lei, a questa presenza indispensabile, competente e attenta ma insopportabile e molesta per ciò che rappresenta.
E poi Giuseppina, l’amicizia che non ha bisogno di parole che anche tra donne esiste, checché ne dicano quelle che non la sanno dare.
E la Monaca Santa con fama di profetessa che in realtà ha il potere di vedere le persone e costringerle ad accettare le consapevolezze su cui vorrebbero e non vorrebbero chiudere gli occhi (anche qui… quanti di noi possono trovare un’istantanea di loro stessi?).
E Mammà, di cui non conosciamo il nome perché è Mammà, l’amore materno, i conflitti, la pellicola antica da cui esce la foto con lo stesso soggetto ma i chiaroscuri al contrario, che molte figlie non vorrebbero (o non sanno di) essere.
E la nobile Gigliola che “invece della pelle ha un impermeabile di lusso e disgusto. Lei non era mai stata nemmeno toccata dalla vita e così vinceva sempre, anche mentre stava perdendo”.
E donna Zoccolì che bacia a labbra serrate, programma, liscia, manipola, usa il tu e non il noi, usa e basta, e si fa odiare tanto che sembrerebbe un personaggio-macchietta se di queste macchiette non ne esistessero tante in sangue gelido e ossa.
E Lucia che deve crescere quando ancora succhia il latte della mamma, diventa subito perspicace e saggia, ma è quella a cui rimane attaccata la dolcezza bambina…
Naturalmente non mancano notevoli personaggi maschili, ché anche loro subiscono la Storia oltre a volerla fare. Arturo che si fa divorare mentre mangia la sua pizza, Renato che sale scaloni di palazzi romani e sa resistere per ben trentuno anni a un assedio… c’è persino una traccia di Victor Hugo.
Il romanziere francese scriveva in I Miserabili: «Dal momento che traete vantaggio da tutto, monsignore, guardate quell’aiuola inutile. Sarebbe meglio cavarne insalata, piuttosto che mazzi di fiori.» «Signora Magloire,» aveva risposto il vescovo, «vi sbagliate. Il bello è altrettanto utile dell’utile stesso.» E aggiunse, dopo una pausa: «Forse di più.»
Chissà se pensa a Monsignor Myriel, vescovo di Digne, la nostra Maria Antonia quando inizia a coltivare un orto da cui “… Non avrebbe ricavato che il poco che l’avrebbe stancata. E poi l’avevano vista, quella scema: intorno al capanno in epoca di carestia aveva lasciato un quadrato per il glicine. Aveva fatto pure il giardino, ma che scombinata.
Maria Antonia invece sapeva zappare e quando la disperazione si infilava in mezzo al sudore, succhiava glicine e ricominciava.”
La stessa cosa che si può fare con i bei libri.
INFO EDITORIALI
Titolo: Ma già prima di giugno
Autore: Patrizia Rinaldi
Editore: e/o
Collana: Dal Mondo
ISBN: 9788866326304
Pagine: 205
Prezzo indicativo: € 16,50
Data di pubblicazione: 24 aprile 2015