La casa Editrice Rizzoli ha pubblicato un bel libro; quello di David Barrie Il viaggio del Sestante- storia dell’invenzione che ha spostato i confini del mondo.
Il viaggio, come suggerisce il titolo, non è riferito solo alla trama del libro che rimanda alla narrazione di una navigazione , ma al viaggio straordinario di uno strumento che ha rivoluzionato i sistemi di navigazione e che ha spinto le navi verso rotte e coordinate geografiche estreme.
Si tratta del sestante, una meravigliosa invenzione in grado di assegnare un valore numericamente preciso all’altezza di un corpo celeste posto immediatamente sopra l’orizzonte. Una scoperta fondamentale per la navigazione, ma anche per i rilevamenti terrestri della longitudine.
All’ appassionante viaggio d’iniziazione marinara e di esplorazione dell’autore, narrato sotto forma del tipico diario di bordo e attraverso il ricordo, si annoda e si snoda la narrazione storica dei velieri che dal 1568 con Alvaro De Mendana, ai viaggi di scoperta di James Cook che si spinse fin nel Triangolo polinesiano, all’estremità delle Hawaii, della Nuova Zelanda e dell’isola di Pasqua segnando sulle mappe geografiche la presenza di isole ancora inesplorate e sconosciute. Alle rotte di La Perouse guidate da bussole e astrolabi verso le isole delle Marianne. Ai viaggi di William Bligh per doppiare il Capo di Buona Speranza nel 1791 ed altre ancora.
Sono questi i secoli in cui l’uomo cominciava a dare forma ai continenti, disegnando le coste della terraferma lambendole braccio per braccio, palmo per palmo, fino al centimetro, sopportando le peggiori peripezie e misurandosi con la forza degli oceani e delle correnti marine, sospingendosi mille miglia più avanti di chi per primo si era spinto oltre i limiti del mondo.
Lo stesso James Cook affermò : ‘ Se non fosse per quel piacere naturale che nasce dall’essere i primi a scoprire qualcosa … questo tipo di lavoro risulterebbe insopportabile’.
Come dargli torto in un’epoca in cui fare il marinaio e l’esploratore era un ‘lavoro’ periglioso e privo di quegli strumenti che hanno facilitato l’orientamento del genere umano sin dall’antichità e che hanno finito per essere vicari di una sua ancestrale capacità di osservare il cielo, il moto terrestre attraverso gli astri e riconoscere la rotta e le rotte.
Mentre Cook era tutto indaffarato nel governare la nave, attento indefessamente alla natura dei fondali, alle altezze o alle profondità degli abissi , a bordo con lui c’era Charles Green l’astronomo professionista che instancabile osservatore registrava, segnando sulle proprie effemeridi, tutte le distanze lunari, sorprendendosi con una punta di amarezza, perchè nessun altro a bordo, oltre a lui stesso, si rallegrasse di ogni nuova scoperta effettuata e che nessuno lo aiutasse nel segnare le altezze della luna sulle mappe celesti che andava meticolosamente tracciando. Cook e Green si spinsero fin sul Circolo Polare Antartico trovandosi di fronte le poderose distese di ghiaccio e senza ignorare nessuna costa perché sostenevano: ‘ la gente non sarà mai disposta a perdonare un uomo per aver lasciata inesplorata una costa che ha scoperta’.
Ma le meraviglie più inaspettate furono incontrate nelle isole del Pacifico e non solo per i paradisi geografici e paesaggistici scoperti, ma per le singolari ipotesi nautiche degli isolani indigeni, secondo cui sono le loro imbarcazioni ad essere ferme, navigando,mentre il mare e le isole ‘scorrono’ intorno ad esse .
Era come affermare che, essendo le stelle fisse nel cielo , il mare scorreva e le isole anche, essendo lontane se si lasciavano alle spalle e vicine se apparivano all’orizzonte.
David Barrie, autore di questo straordinario viaggio, si è chiesto proprio come ci si potesse sentire ad attraversare l’oceano alla vecchia maniera degli antichi navigatori dotati solo di sestante e di cronometro.
Come e quanto hanno influito questi fondamentali strumenti astronomici sulle scoperte geografiche e sulle produzioni cartografiche fino alle moderne tecnologie e ai sistemi analogici e di precisione satellitare che oggi riducono al minimo i rischi e ridisegnano con estrema precisione fotografica, non solo le linee di contorno della terre emerse, i punti sulle rotte oceaniche, ma l’intero nostro pianeta Terra? David Barrie vuole compiere le medesime esperienze imparando ad usare il sestante , perché lo strumento non è nulla di più di un’estensione dei sensi del navigatore e un ponte indispensabile per la sua conoscenza, ingegnoso non solo in quanto ‘invenzione’ , ma anche e, soprattutto, come sguardo che affinava nell’osservatore una capacità intellettiva e una abilità pratica fondamentale: quella del misurare.
Quali sono i navigatori che oggi sono disposti ad imparare l’uso del sestante pur avendo strumentazioni GPS a bordo delle loro barche? L’uomo in fondo ha smesso il suo lavoro manuale e ha delegato all’informatica e alla cibernetica abilità che si sono affinate nel corso della sua millenaria esistenza. In fondo oggi se si perdono i contatti satellitari e gli impulsi elettromagnetici le comunicazioni si interrompono e si rischia la paralisi. Una paralisi mente-mano dove la mano si atrofizza sempre più a discapito di una mente che si è sviluppata proprio grazie all’intreccio di esperienze tra Homo Habilis ed Homo Sapiens. La mano ha sempre preceduto il pensiero di quel millesimo di esperienza che ha reso grandiosa la mente.
L’autentico navigatore, per Barrie, è colui che sa usare il sestante, misurare le distanze angolari disegnando le giuste coordinate geografiche e caricando con precisione e cura il cronometro di bordo, facendo attenzione a non rompere le molle.
Bisognerebbe tornare alle tecniche più elementari e imparare a ripercorrere le tappe esperienziali della nostra conoscenza, non per il gusto del tornare indietro, ma per la straordinaria bellezza dell’andare avanti conservando intatta tutta la sapienza umana.
per BookAvenue, Antonio Capitano e Marianna Scibetta
David Barrie, Il viaggio del sestante. Storia dell’invenzione che ha spostato i confini del mondo, Rizzoli