“Gelide scene d’inverno” è uno di quei libri difficili da descrivere. L’ho letto più volte, ma ci trovo delle cose nuove ogni volta che lo riprendo in mano.
Ann Beattie ha descritto nei suoi libri un intero spaccato della società americana e lo ha fatto con ironia trattando della confusione e della disillusione di un’intera generazione, quella tra i ’60 e i ’70 (è nata nel 1947).
I personaggi della Beattie sono persone intelligenti e istruite le cui vite sono immerse nella delusione e in un vago senso di disperazione in cui la fanno da padrone relazioni fallite, nostalgia per il passato e incapacità di conciliare idealismo giovanile con le esigenze della vita adulta.
Ann Beattie, tra i migliori scrittori di racconti della sua generazione, è stata definita una minimalista, ma secondo il mio punto di vista questa è un’etichetta troppo riduttiva.
Il suo modo di scrivere, come quello di Raymond Carver, è semplice, ricco di humour e ogni dettaglio è spesso osservato nei particolari.
Come Carver non giudica ed è distaccata dai personaggi e dalle loro azioni, ma in “Gelide scene d’inverno” (che la Beattie sostiene di aver scritto in tre settimane e oggi è forse il suo lavoro più noto) ha uno stile molto realistico e riesce a rendere i suoi personaggi davvero “umani”.
Nel 1979 il romanzo è stato adattato in un film di Joan Micklin Silver con John Heard e Mary Beth Hurt, ma ha avuto un’accoglienza tiepida per un lieto fine insoddisfacente. Nel 1982 è stato rifatto col titolo del romanzo e con un finale che corrispondeva al libro ed è stato un successo.
Ann Beattie, Gelide scene d’inverno, traduzione di Martina Testa, 2009, 350 p., brossura, Minimum Fax (collana Minimum classics).