Il vantaggio del male sul bene, spiega Franco Cassano in L’umiltà del male (Laterza), dipende dalla sua antica confidenza con la fragilità degli uomini. Il demagogo e il dominatore conoscono a fondo le debolezze degli uomini e sanno volgerle a proprio vantaggio.
Il bene (chi lotta per la libertà) è invece “così preso dall’ansia di raggiungere le sue vette che spesso finisce per voltare le spalle all’imperfezione dell’uomo, lasciandola tutta nelle mani delle strategie del male. Chi ha gli occhi fissi solo sul bene, spesso ha deciso di non guardare altrove: l’urgenza di giudicare, di misurare l’essere sul metro del dover essere, lo porta a guardare con impazienza chi rimane indietro, e tale mancanza di curiosità lo porta alla sconfitta. Il male approfitta della distrazione o della boria del bene per mettere le tende e costruire alleanze”.
Gli spiriti più elevati rischiano di essere così davanti e più in alto rispetto ai propri simili da rimanere soli: poche decine di migliaia contro innumerevoli decine di milioni, così da sembrare, più che un modello da imitare, qualcosa di inarrivabile e lontano.
Essi lasciano, in tal modo, un enorme spazio all’iniziativa di un potere lucido e disincantato, interessato ad esaltare ed assecondare la debolezza degli uomini per farne l’alimento della propria esistenza e stabilità. Come insegna la Leggenda del Grande Inquisitore, in I fratelli Karamazov di Dostoevskij, l’avversario più pericoloso degli uomini nobili e forti non sono necessariamente gli uomini meschini interessati al proprio potere, ma uomini che rifiutano di salvarsi insieme ai pochi e rivendicano il valore dell’ umiltà che permette loro di stare davvero con gli ultimi, di confrontarsi con la loro debolezza e il bisogno di certezze e di sottomissione (p. 18).
Se i migliori non impareranno ad aspettare e a capire i peggiori, l’emancipazione sarà non solo triste ma impossibile, anche perché la capacità del male di coltivare ed esaltare la debolezza dell’uomo ha assunto da tempo forme nuove: “al posto della soggezione si afferma l’atteggiamento apparentemente opposto, l’esibizione invereconda del sé, la rivendicazione della propria rozzezza come una qualità, il mediocre ed effimero divismo dei reality, la cessione del compito dell’educazione agli eroi della società dello spettacolo. E l’eroe del nostro tempo è quello che, dismesso come arcaico e repressivo ogni scomodo confronto con i principi, scambia la democrazia con l’esibizione della propria volgarità”. I Grandi Inquisitori del nostro tempo, sottolinea Cassano, non rinviano alla salvezza eterna, ma “agli orgasmi del presente, non custodiscono verità rivelate e il potere di un apparato, ma sono ‘democratici’, ripetono al popolo che ha sempre ragione”.
Denunciato il vizio, Cassano disegna con tratti nitidi anche il rimedio. È assolutamente vitale, scrive, trovare forme di intersezione tra l’utile e il bene e “conquistare alleati ‘interessati’ al bene”. Occorre inoltre smettere di guardare con supponenza dimensioni dell’umana debolezza quali “il bisogno di protezione, l’affidarsi al rito e alla festa, il desiderio di ridere, la fede nell’aiuto della fortuna”.
Cassano ha ragione da vendere e il suo insegnamento è particolarmente opportuno in un paese come l’Italia dove i peggiori trionfano da anni sui migliori grazie alla loro abilità di sfruttare a proprio vantaggio le debolezze dei molti. Ma è poi vero che la causa principale delle sconfitte del bene è che i migliori sono troppo in alto e troppo distanti rispetto ai molti? A me pare che la debolezza del bene dipenda invece dal fatto che i migliori non sono abbastanza in alto e abbastanza distanti dai molti e quindi non sono in grado di svolgere con efficacia l’ufficio proprio di una vera élite politica, ovvero guidare con l’esempio, esortare, ammonire, educare.
Abbiamo appreso, cito soltanto un caso fra i tanti, che l’assessore Boeri e il sindaco Pisapia hanno approvato un accordo di programma sulle aree espositive per l’Expo di Milano del 2015, da molti giudicato un’indegna cementificazione della già cementificata città lombarda. Orbene, Boeri e Pisapia, i migliori fra i migliori, sono andati troppo in alto o si sono collocati troppo in basso rispetto agli interessi particolari?
È vero che per battere il demagogo bisogna conquistare la zona grigia dove vivono milioni di uomini e di donne che non sono cittadini irreprensibili ma neppure corrotti incalliti. Ma nella zona grigia ci sono anche molti che sono stati ingannati dal demagogo e altri che non si schierano con i migliori perché non si fidano e non li reputano sufficientemente diversi dagli altri. Ha più possibilità di portare gli uni e gli altri dalla parte giusta, un’ élite che sa distinguersi nettamente dal demagogo, dice sempre la verità e dimostra con i fatti la propria coerenza o un’ ‘élite’ che tende a confondersi con i molti?
L’umiltà insidiosa del male non si vince né con la virtù timida, né con la virtù altezzosa, ma con la vecchia ma sempre affidabile virtù senza aggettivi fatta di intransigenza e di saggezza.