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Si deve sempre perdere una parte di sé perché la vita continui.

Avevamo conosciuto secoli di grandezza, fortuna e potere. Tempi eroici in cui le fabbriche producevano a pieno ritmo e le città si spingevano fino ai piedi delle montagne, innalzando ponti sopra i fiumi. Avevamo case traboccanti si tesori allora, occhi, tasche stomaci gonfi di ricchezze, figli già sazi appena venuti al mondo.

In quel momento sublime della nostra storia, niente ci faceva paura. Fertili pianure si estendevano a perdita d’occhio tutt’intorno a noi. Le nostre bandiere sventolavano conquistatrici in cima alle torri altissime che avevamo costruito e, accecati dal nostro stesso trionfo, eravamo certi che ogni pietra sarebbe rimasta dov’era in eterno.

Ma un giorno la ruota girò, portandosi via le nostre antiche glorie.

Siamo in una città, come molte delle nostre potrebbero diventare, o forse in parte già lo è, avvinghiata alla mostruosa produzione di una Fabbrica di munizioni, l’unica attività produttiva ancora capace di dare lavoro. La guerra, infatti, come una sorta di essere sovrumano e primordiale insito nell’essere umano, si manifesta anche fuori ed è il motore di ogni evoluzione. Una guerra senza ragioni, senza origini, senza fine. Una guerra che distrugge ai confini della città, un territorio sconosciuto e nemici mai visti. Ma annienta allo stesso tempo, gli operari, costretti a turni di lavoro spersonalizzanti, a tal punto da non traguardare più, oltre la propria finitezza, orizzonti di sogno.

 

Eppure “…lo stesso fuoco che bruciava nel ventre dei forni, ci bruciava ancora nelle vene. Contrariamente a quanto credevamo, non eravamo morti.”

Inatteso, casuale, dirompente arriva l’incontro tra Hama e Bo. La scintilla che sembra riaccendere la speranza e con essa la Vita. Hama, operaria del turno di notte, Bo, arrivato dal Nord, operario del turno di giorno, s’incontrano, s’innamorano, contrariamente a quanto sembra oramai possibile. È il fuoco di questo amore che innesca il cambiamento, che da avvio alla storia e al lungo peregrinare delle vite dei protagonisti. Il loro incontro sprigiona colori, la giacca rossa di Bo, i tendaggi sul palcoscenico di un vecchio Cabaret, Il Castoro, che torna ad aprire e a restituire leggerezza e arte alla grigia città della Fabbrica.

Ma improvviso, arriva anche un dilaniante incidente, proprio dentro la Fabbrica, che brucia, implode, inghiotte vite umane, e deturpa il corpo di Hama, rimasta a sostituire Bo, inaspettatamente fuori servizio.

L’amore e la distruzione, la vita e la morte, il rumore e il silenzio, l’ordine e il caos, sono solo alcune delle antitesi che danno il titolo o ogni capitolo, in un vortice di cambiamenti, che porteranno Hama e Bo, ad abbandonare la città. Hama ha perso le mani, Bo perde la fiducia degli abitanti della città, che, alla ricerca di un capro espiatorio, vedono nel giovane straniero, così straordinariamente vivo da saper ancora amare, un nefasto indizio di sfortuna. Prima ancora di essere perseguitati, Hama e Bo decidono di abbandonare la città, senza nulla, se non la forza del loro essere vivi e insieme, per proteggere se stessi, e la vita che Hama sente crescere nel suo ventre.

Attraverseranno territori sconosciuti, abitati dalla paura, dalla solitudine, dal dolore, dai segreti sulle proprie vite, che ognuno di loro serba nel segreto. Fino a quando giungeranno in un bosco dove finalmente la piccola Tsell vedrà la luce, disvelando al lettore quel narratore nascosto, che fin dalle prime pagine, era un noi avvolgente e rassicurante.

Sarà Tsell da questo momento a raccontare di sé e della sua famiglia, della vita nel mondo Basso del bosco, curati, amati e custoditi, da piccole creature, dai nomi di numero, secondo l’ordine di nascita, e dall’incarnato color indivia, che hanno fatto dell’essere famiglia inseparabile, la loro forza, ma anche la loro fragilità. Chiusi nel mondo Basso, Hama, Bo e Tsell, cresceranno: Hama ritroverà le sue mani, forgiate nel piombo dalle abili capacità di Bo, il quale a sua volta, sentirà crescere il desiderio di ritrovare se stesso, e le trame nascoste della sua esistenza; crescerà anche Tsell, con un dono-maledizione, che dovrà imparare a gestire. La piccola Tsell, infatti, non ha un involucro corporeo che la definisca, e le sue ombre mutano costantemente, attraverso forme di animali feroci di ogni genere e tipo. Per questo Bo le costruirà un’armatura, che possa proteggerla da se stessa.

Ma crescere vuol dire abbandonare una parte di sé perché la vita continui, continua Tsell a ricordare, pagina per pagina. Per questo ancora una volta Hama, Bo e Tsell, si rimettono in viaggio.

Un viaggio che li porterà a trovare un posto sicuro, nel quale Tsell potrà crescere, una penisola, così isolata, da non sapere che esiste la guerra. Un mondo che è apparentemente perfetto, senza scossoni, ma anche immutabile, chiuso, impenetrabile alla verità. Una verità che verrà nascosta a Tsell, per timore, per paura, del male, della sofferenza. Ma la guerra, la violenza, il male, sono qualcosa che ci abita dentro, e per il quale nessun viaggio potrà mai offrire territorio di fuga.

Questo impara Tsell quando incontra Vigg, un ragazzo giunto su un gigantesco cargo da guerra, nella baia isolata della sua infanzia. Sola e con Vigg compirà l’ultima parte del viaggio che la condurrà indietro a ricalcare i passi dei suoi genitori, oramai perduti, a compiere quel processo di ricucitura tra presente e passato, tra dentro e fuori, tra amore e odio, nella costruzione di un nuovo mondo, nel quale le antitesi che avevano dilaniato il vecchio mondo, diventano elementi fertili di un ciclo vitale, in cui le fratture vanno accolte come parte del processo, nel quale la stessa Tsell dovrà abbandonare il dolore e l’assenza perché la vita continui.

Un libro davvero straordinario, costruito con sapienza narrativa magistrale, con capacità di delineare piani narrativi allegorici, simbolici e metaforici, di grande potenza: gli aspetti geografici, le caratteristiche dei protagonisti, il mestiere di fabbro che sia Bo sia Vigg hanno praticato, il contatto con la materia primigenia, questo magma informe e incandescente che ci ribolle dentro, sono tutti elementi che hanno significati profondi e complessi.

Un libro che trova, nelle definizioni di distopico, fantasy, intriso di magia, solo nei limiti: perché nella lettura, e ancora di più nella rilettura, questo libro ha il sapore di una narrazione mitica, anche da un punto di vista stilistico, una narrazione che ha il compito di spingerci a guardare fino in fondo, oltre la soglia di un lineare divenire, per intrecciare nuove fondazioni con vecchie e solide speranze, non ultima quella di scoprire e accettare la propria finita esistenza e, nonostante questo, continuare a credere di poter essere se stessi.

 

Informazioni tecniche

Titolo: Finché siamo vivi. Quando l’ombra si sostituisce alla luce, basta l’amore a tenerci in vita?

Autore: Anne-Laure Bondoux

Illustrazione di copertina: Hélène Druvert

Editore: Mondadori Contemporanea

Codice: EAN 978-88-04-66-3997

Formato: 22×14,5 cm

Pagine: 313

Prezzo indicativo: € 16 (cartaceo)

Età di Lettura: (+12)

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