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La morte di Agota Kristof

Apprendiamo la notizia da oubliettemagazine.

Ed ecco l’Italia: tanti scrittori, tanti lettori, tanti giornalisti eppure nessuno tratta della morte di una notissima scrittrice, una delle più interessanti: Agota Kristof.
Agota Kristof nasce il 30 ottobre del 1935 a Csikvànd in Ungheria.
La lingua che ha utilizzato per le sue opere è il francese che come seconda lingua, ella stessa sosteneva, non riusciva a padroneggiare alla perfezione, erano frequenti infatti gli errori, questo portò la graziosa definizione per se stessa di “analfabeta”.

Il sogno dei dittatori

La scuola ha appena suonato l’ultima campanella prima delle vacanze estive, ma non è un trillo di gioia: la riforma Gelmini le ha lasciato ferite aperte in tutto il territorio italiano. Anche se molti già pensano al mare e il governo Berlusconi è preoccupato di come fare a sopravvivere alle ultime batoste referendarie, sarebbe un errore permettersi di dimenticare cosa è accaduto e ancora sta accadendo in molti piccoli istituti scolastici locali grazie ai tagli governativi voluti da Giulio Tremonti per la scuola.

Stato di clandestinità

C’è qualcosa nell’aggettivo “clandestino” che irrita il mio concetto di civiltà. Quando la clandestinità si riferisce a persone, abbiamo tutti tristemente chiaro che cosa significhi: cittadinanze di pochi, diritti solo per alcuni e nascondimento e persecuzione per tutti gli altri. Ma non siamo abituati ad associare la condizione di clandestinità all’informazione, anche perché nei paesi civili non esiste l’informazione clandestina: dove c’è la democrazia tutta la stampa è legittima e circola liberamente. Anche la Costituzione italiana suggerisce il medesimo concetto nell’articolo 21, quando sancisce che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Non si comprende come in base a quel principio possa ancora esistere nel nostro ordinamento giuridico l’assurdo reato di “stampa clandestina”, risalente al 1948, che sottende invece l’idea che esistano esercizi d’informazione legittimi e altri che invece non lo sono.

Mea Culpa. Aatish Taseer aveva ragione

Nell’articolo dedicato al libro “Straniero alla mia storia” di Aatish Tasser, avevo criticato alcuni punti di vista dell’autore circa il regime siriano. Dissi: “L’arrabbiato e poco riflessivo islamismo che incontra in Siria è solo un aspetto della vita multiculturale del paese, e in nessun caso il solo aspetto della vita sociale e culturale di quel paese. Egli sembra presentare un quadro unidimensionale delle sue terre di transito, a volte al limite del paranoico. E’ spesso “ricarburato” da ciò che sente, e salta a peggiori conclusioni. Ma che i siriani, gente che sa certamente come evitare i tabù politici, possa parlare di politica solo al chiuso della privacy di un automobile, sembra una forzatura anche per me e lontano dalla verità”.

A leggere le cronache di queste settimane devo dare atto all’Autore di aver anticipato di molto tempo quello che sta accadendo al popolo siriano e alle devastazioni e crudeltà opposte dal regime del presidente Bashar al Assad.

Mario Vargas Llosa. Il sogno del celta

”Scorgo una preoccupante deriva culturale. Il nostro tempo sembra correre cantando verso la frivolezza e la banalizzazione. La cultura ha perso la sua nobilta’, sta diventando intrattenimento”.
Lo afferma lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, premio Nobel per la Letteratura nel 2010, in un’intervista a ‘La Stampa’, nel giorno della presentazione a Torino del suo ultimo libro ‘Il sogno del celta’.

”La cultura – dice lo scrittore – è anche divertimento, ma se è solo divertimento non è più cultura. Stiamo assistendo alla vittoria dell’immagine, all’imposizione di forma di intrattenimento che devono essere forzatamente facili e accessibili alla maggioranza delle persone. Questa smania di semplificazione ha fatto sì che lo stesso termine ‘cultura’ perdesse il suo significato originario. E intravedo il pericolo che non solo disimpariamo a discernere, appunto, tra categorie come bello e brutto, ma addirittura buono e cattivo. Così l’idea di una cultura alla portata di tutti ha condotto al collasso i valori con i quali si giudicava la cultura stessa”, aggiunge Vargas Llosa, che annuncia di essere al lavoro su un saggio che affronti questo tema.

Pronto il Salone internazionale del libro.

Il Salone Internazionale del Libro torna con la sua ventiquattresima edizione da giovedì 12 a lunedì 16 maggio 2011 al Lingotto Fiere. Nell’anno del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, il Salone offre un layout completamente nuovo. Il Salone 2011 occupa con i propri spazi espositivi tre padiglioni espositivi di Lingotto Fiere: l’1, 2 e il 3. Il Padiglione 5 quest’anno è riservato all’area professionale con l’International Book Forum.
Star indiscussa della 24a edizione del Salone è la mostra 1861-2011. L’Italia dei Libri, ideata da Rolando Picchioni e curata da Gian Arturo Ferrari. La nostra storia unitaria letta attraverso la lente del libro e dei suoi protagonisti. Forse la più importante iniziativa che il Paese dedica ai testi fondativi, i libri che hanno fatto e diviso gli Italiani. Una nebulosa fatta a spirale dove si intrecciano cinque percorsi di visita. I 150 Grandi Libri, i 15 SuperLibri, i 15 Personaggi, gli Editori, i Fenomeni Editoriali. E al centro, il «sedicesimo decennio»: lo Spazio Telecom Italia con il libro del futuro fra digitale ed eBook.