Siamo in Croazia, e gli anni ’60 si affacciano con la semplicità di un est che non ha ancora conosciuto l’ossessione della modernità all’occidentale. Siamo al mare, che impronta il ritmo della vita secondo i propri, immodificabili tempi. E siamo dentro un’infanzia fatta di quelle mancanze che rendono grande la fantasia dei bambini, come quando guardare le nuvole e trovare una forma è un passatempo che resta impresso per sempre. Chiunque abbia visto un cane o un’astronave in una nuvola da piccolo, sempre ci vedrà un bicchiere o un tridente da grande.
In questa sezione del sito raccogliamo il meglio delle nostre e vostre letture. Il libro vecchio o nuovo che ha animato le giornate di ognuno.
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Letture

Marco Crestani e una Dyane 6 in viaggio
Forse è una semplice coincidenza, oppure l’autore è un grande estimatore di questa utilitaria francese molto di moda una trentina d’anni fa.
Resta il fatto che la Dyane 6 del titolo – coprotagonista dei sei racconti che compongono il libro di Marco Crestani – porta il nome della dea Diana e, proprio come essa, vive le proprie avventure in piccoli mondi sperduti nella natura e nei boschi, nel silenzio e nella solitudine.

Il prezzo delle storie
Tutte le storie hanno un prezzo, anche se non sempre corrisponde a quello che appare sul retro della copertina. Lo sanno i lettori e lo sanno gli scrittori: nessuna storia è mai innocua, tanto meno gratis.
Una pastorale libanese
Beirut scorre riflessa sulla carrozzeria delle auto in corsa. Scorre frenetica e vitale. Scorre come l’acqua dei pozzi e delle sorgenti a cui si dice debba il nome. Berut. Scorre come dolce latte Laban nel bagliore indimenticabile delle montagne del Libano. Scorre e si infila nel traffico di ogni ora tra neon e lapidi memoriali, nei centri commerciali, nei fori di mitraglia, nelle case poco a poco riempite, desolazione e sfarzo, macerie. Chador colorati e statue di devozione mariana marcano i confini delle confessioni tra i palazzi, sui balconi, nei giardini, nelle nicchie tra un viadotto e i resti di un check-in, interessi e disinteresse, montagne orti e campi profughi. Palazzi lasciati a metà e poco distante locali trendy da ricca capitale dove la notte non finisce mai. Strade dello shopping impero occidente e poco distante le svolte dove non finiscono mai le preghiere.
Irène Némirowsky I cani e i lupi
Con questa recensione Paola Mattiazzo inizia la sua collaborazione con BookAvenue. Benvenuta!
Harry alzò gli occhi e riconobbe la bambina intravista due anni prima, la bambina scarmigliata, sudicia di polvere, con le mani graffiate, che era saltata fuori da un mondo spaventoso, ripugnante, un mondo di sudore, di sporcizia e di sangue, così lontano da lui eppure, in un certo modo misterioso e temibile, a lui affine. Gli si rizzarono i capelli in testa, come a un cagnolino, ben nutrito e curato, che sente nella foresta l’ululato famelico dei lupi, i suoi fratelli selvaggi. Indietreggiò di scatto.
Ada Sinner è una bambina ebrea, figlia di Israel, un intermediario vedovo. Vive nella parte bassa di Kiev, il quartiere dei poveri, e accompagna quotidianamente il padre nello svolgimento della propria frenetica attività. La famiglia di Ada – composta dal padre, dal nonno e dalla domestica – vive in una casa situata sopra la modesta gioielleria del nonno. La famiglia si allargherà allorquando la zia Raisa – vedova del fratello di Israel – verrà a vivere con loro insieme ai propri due figli: Lilla e Ben.
1948, liberi tutti. È la “Beffa dei vinti”
Nel 1944 Margherita Albani è una scaltra e fascinosa donna di ventotto anni. Che sa come rigirarsi un uomo per fare la bella vita e come sbarazzarsene quando quella vita inizia a soffocarla. Così in quattro mesi si libera del marito, con cui vive a Pegli, perché le sta troppo addosso: lo denuncia al Comando tedesco, lo fa arrestare, lo isola, si fa intestare ogni bene, gli tende una trappola e lo fa deportare nel campo di concentramento di Flossenburg, dove Roberto Rossi Canevari – che pesa 43 chili e la ama ancora – muore. Margherita è libera e per un paio d’anni se la spassa.
Il ritorno di Jack Ryan
Prima o poi tornano tutti e quindi ecco di nuovo Jack Ryan, ”intelligence man” dall’analisi sottile e, all’occorrenza, dalle maniere spicce. Personaggio velocemente passato dai libri al grande schermo – dove è stato interpretato, a turno, da Harrison Ford, Alec Baldwin e Ben Affleck (ma presto sarà la volta di Chris Pine nell’ennesimo sequel della saga) – Ryan è l’alter ego di Tom Clancy, scrittore da best seller grande esperto di armi e di servizi segreti (soprattutto Usa). I suoi ”La grande fuga dell’Ottobre Rosso” e ”Potere esecutivo” sono due classici della spy story moderna, ma atipica e molto muscolare, tanto da essere ribattezzata ”tecno thriller”, in onore anche del ripetuto uso delle più sofisticate possibilità delle reti informatiche.
Decrescita. Una nuova parola per il futuro
Il lavoro di Daniel Kahneman ha aperto una strada nuova per chiunque non si rassegni a vedere l’economia solo come un metodo per arricchire i banchieri a spese di tutti gli altri: Kahneman ha contribuito in modo decisivo a riportare le persone e le dinamiche relazionali nell’ambito di indagine dell’economia. Tanto è vero che Nassim Taleb apprezza molto Kahneman: Taleb ha visto con largo anticipo che alcuni banchieri stavano mandando il mondo a gambe all’aria e non ha mai accettato di rassegnarsi all’idea di lasciarli fare.

Replica a Michel Onfray
Massima studiosa di psicanalisi e di Freud, la Roudinesco ha pubblicato un libro (“Ma perchè tanto odio?”) per difendere Freud dai “vergognosi attacchi” di cui è stato oggetto. La studiosa non risparmia critiche pesanti al filosofo francese che ha preso di mira il ‘padre’ della psicanalisi: “Il suo testo è zeppo di stupidaggini, ci sono almeno 600 errori.
“Un provocatore, uno che non conosce il mestiere ma vuole spacciarsi per filosofo mentre è soltanto un imbonitore, un uomo di spettacolo”: il giudizio di Elisabeth Roudinesco su Michel Onfray è categorico, senz’appello.