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Storia dell’antimafia a fumetti. Tre autori per una grafic novel civile.

Falcone è un gatto e Borsellino un fox terrier, Riina e Provenzano sono dei cinghiali, Cossiga è un ariete, Andreotti un pipistrello, Dalla Chiesa un bulldog, Vito Ciancimino è un lupo.
“Un fatto umano”, in libreriada pco tempo, è un fumetto, un omaggio poetico di grande bellezza, ma anche un racconto politico e profondamente «morale», un vero e proprio viaggio nella memoria e nella Storia, per ricordare, imparare, e – come è successo agli autori – auto-sensibilizzarci, lasciandoci contagiare dal coraggio e dalla fiducia nella giustizia che sono l’anima pool antimafia di Palermo.

La lettura e i libri negli USA. La scomparsa dei lettori.

di Gianfranco Franchi
Stando a quanto ci racconta Bruce McCall, oltre la metà dei nordamericani non ha letto nemmeno un libro nel corso dell’ultimo anno: il dato, a ben guardare, potrebbe corrispondere all’elettorato della ventennale dinastia Bush, quello forgiato sul logoro stampo reaganiano. E si tratta d’una stima prudente: equivalente al neoanalfabetismo forzista italiota, figlio della cultura catodica, a ben guardare. Tenendo presente la discreta quantità di alienati da iPhone e smartphone di ogni ordine e grado, compulsivi pigiatori di schermi liquidi e allegri sfogliatori (per ditate, si capisce) di tavolette digitali, sembra proprio che per noialtri figli della civiltà del libro, bibliomani, bibliofili e letterati vecchio stile, si sia avvicinata l’apocalisse.

Un sentiero nel caos

Ho incontrato Mario al caffè letterario. E’ il caffè letterario del parco pirandelliano del Caos, sulla sommità della collina a strapiombo sul mare,  ad Agrigento.
Lo scorgo immediatamente col suo vestito estivo di lino beige e la paglietta, guarda verso il sentiero che porta all’altura sul mare.
Lo saluto con un cenno della mano e lui alza lo sguardo vivace che traluce da sotto la falda del cappello e mi sorride, col suo sorriso buono, gentile di chi apprezza il saluto di una donna.
Mario è qui a ritirare uno dei tanti meritati premi, il premio Pirandello.
“Non potevo non raggiungere il suo “Caos” mi dice ripiegando il quotidiano sbirciato fino a che non fossi arrivata.
“Andiamo?” gli domando sorridendo e lui si alza dalla poltroncina di vimini.
E’ una bellissima giornata di sole, il sole spudorato della Sicilia  che si riverbera sui colori densi di mare, di tufo, di ulivi, di mandorli e di terra.

L’ordine sociale cosmetico è il delitto perfetto

Ho preso in prestito una frase di Concita De Gregorio, dal suo libro Così è la vita. Imparare a dirsi addio (Einaudi, 2011), un must da non perdere per chi volesse scrollarsi di dosso le visioni abbacinanti delle scorse legislature. Che c’entrano con un libro, direte voi. Ciò che spesso si ignora è che tanti comportamenti “politici”, abilmente amplificati dalla cassa dei media (spesso manovrati direttamente dall’alto, come ci ha tristemente dimostrato l’ex premier) inducono a emulazioni di massa o, più precisamente, a desiderio di emulazione. Se i genitori hanno diretta responsabilità negli insegnamenti dei figli, i padri di una nazione (i politici di turno) impartiscono anche loro (sempre volutamente) un’idea di comportamento. E così, negli ultimi vent’anni circa, chiamiamolo pure ventennio berlusconiano, pace all’anima sua, abbiamo assistito ad una sorta di copertina patinata del Governo, tra bellezze catapultate in ruoli tanto delicati quanto lontani dalle loro precedenti condotte di vita e fauci maschili spalancate stile cavernicoli in preda a raptus volitivi. “L’estetica detta l’agenda politica”, scrive De Gregorio, riassumendo in poche parole l’ordine avvilente creato da abili strategie televisive, giornalismo di basso livello, e proclami elettorali speziati da volgarità in brutta mostra.

Un reale, profondo, sostanziale rivolgimento morale

C’è un libro che ho riletto volentieri, approfittando della “quiete natalizia” non solo perché ben scritto, ma anche perché già nella parte introduttiva anticipa scenari che stiamo vivendo in questi giorni.
Si tratta de “La Società cinica” di Carlo Carboni che ha come sottotitolo fondamentale le classi dirigenti italiane nell’epoca dell’antipolitica.
In tempi in cui la mala politica ha passato il testimone (volentieri o malvolentieri) ad un Governo ancora in fase di osservazione quel rifiuto per l’enorme distacco tra società ed elite è stato per così dire congelato. Si è passati da una demolizione costante della classe politica alla curiosità per un nuovo esecutivo che prometteva “tecnicamente” lacrime e sangue. E le lacrime ci sono state…ma la politica quella del circolo chiuso nel frattempo non si è tagliata i costi e, in alcune regioni addirittura con sfida e arroganza , si sono create nuove provvidenze che definire vergognose è poco se si pensa a chi davvero “sanguina” ; con la fatica di arrivare a fine mese con il minimo dell’emoglobina per sbarcare il lunario e sfamare una famiglia. In questo senso è pienamente condivisibile l’analisi recente del Presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino che con significative parole ammonisce che : L’impressione è che la corruzione in Italia sia rimasta stabile negli ultimi anni, perché non si avverte un reale, profondo, sostanziale rivolgimento morale; l’onestà, in ogni rapporto anche privato; la valenza del merito; l’etica pubblica; il rispetto del denaro pubblico e di tutte le risorse pubbliche, che sono i beni coattivamente sottratti ai privati e dei quali si deve dar conto”.

Uscire dalla palude

C’è un nuovo libro nel panorama editoriale italiano che di questi tempi assume un significato importante poiché volge lo sguardo all’esigenza di una vera classe dirigente capace di assicurare il buongoverno. La fragilità del fenomeno necessitava di una analisi per indicarne le cause e gli opportuni rimedi.
Il libro in questione, agile e snello, è “l’Eclissi della Borghesia” di Giuseppe De Rita e Antonio Galdo. Per comprendere il nucleo essenziale dell’opera occorre avere chiara anzitutto la terminologia sulla quale si sono basati gli autori. Borghesia, quella di èlite illuminata e illuminante, da non confondere con l’aspirante e “petulante” ceto medio.
Una borghesia addormentata, in caduta libera, smarrita, in cerca di autore o di una nuova “personalità”. “Ogni ambizione priva di talento è nient’altro che un crimine” per dirla con Chateaubriand.
Questo smarrimento ha prodotto un “discount” della classe di Governo, quasi una “terza classe” di un Titanic senza timonieri o con timonieri che non conoscono più la cabina di comando spingendo tasti a caso nella speranza di trovare quello giusto.

Irène Némirovsky, Il calore del sangue

Quest’anno l’autunno è precoce. Mi alzo prima dell’alba e passeggio per la campagna, tra campi che sono stati di proprietà della mia famiglia per generazioni, e oggi sono posseduti e coltivati da estranei. Non posso dire di soffrirne: solo, di tanto in tanto, ho una lieve stretta al cuore… Non rimpiango il tempo perso in cerca di fortuna, a comprare cavalli in Canada, a trafficare in olio di cocco nel Pacifico. A vent’anni la voglia di andarmene e la noia soffocante della provincia mi attanagliavano al punto che se mi avessero costretto a restare qui ne sarei morto, credo. Mio padre non c’era più, e mia madre non riuscì a trattenermi. « È come una malattia,» mi diceva, impaurita, quando la supplicavo di darmi del denaro e lasciarmi partire «abbi un po’ di pazienza e ti passerà».

Lo spread tra Stato e Società

copertinaL’ultima fatica di Sabino Cassese inizia con una frase di Goethe e termina con una serie di condivisibili interrogativi. Una cosa è certa: la debolezza dell’Italia, la fragilità di uno Stato dove il vuoto che si è creato si è riempito di molteplici tarli che ne hanno minato nel tempo le istituzioni di ogni livello privandole di quel senso tipico delle Nazioni forti e coese.
Il richiamo alla coesione non a caso è stato più volte ribadito dal Presidente della Repubblica, uomo di altri tempi. Tempi in cui tra società e Stato non c’era questa evidente frattura scomposta in luogo dell’attuale alluvione di fango che ha ricoperto il Paese ridotto ad allievo svogliato ed in mano ad improbabili precettori che ne hanno oscurato cultura, storia e costume e soprattutto l’idea di cittadinanza, di popolo. Il lavoro di Cassese è dunque una mirabile e scruolosa requisitoria come lo è stata nel passato il je accuse di Silvio Spaventa parlando di Giustizia nell’amministrazione quando auspicava con il rispetto della pazienza de i suoi uditori “Questa specie di amministrazione non può andare alla lunga ed essere tollerata pazientemente. Guai se avvenisse diversamente!

Dalla caduta dell’Etica pubblica all’Elogio del Moralismo. Il nuovo libro di Rodotà.

Stefano Rodotà è poliedrico. Multidisciplinare. Ed ha un punto fermo nella sua vita di insigne studioso e di stimato uomo politico: il rispetto delle regole.
E se pensiamo ad un Garante della Privacy pensiamo sempre a Rodotà. E se pensiamo ad un garante “istituzionale” ci viene sempre in mente il nome dell’autorevole giurista.
Provando a fare una recensione del suo ultimo libro “Elogio del Moralismo” edito da Laterza (fa piacere la sobrietà della copertina) , la mente è andata subito ad un altro Elogio. Quello della Mitezza di Bobbio.
Contro ogni arroganza. E contro l’arroganza del potere. Il moralista non è un debole, ma un giusto. Un giusto che si è stancato di vedere le ingiustizie.
E’ significativo che il libro di Rodotà esca proprio in tempi di saldi di costumi e valori. Tempi che però ci piace sperare che stiano cambiando. In dieci giorni tutto si è ribaltato. Dal carnevale si è passati alla Quaresima. Una Quaresima non già di privazioni, ma di senso della misura. Come è giusto che sia. E qui torna il termine “giustizia” con l’immagine della bilancia.