Devo ammettere che la prima volta in cui ho sentito parlare di “50 sfumature di grigio”, ho pensato di poter rimandare. Mi ripetevo scaramanticamente che non sarebbe stato questo il caso editoriale dell’estate, che forse alla fine me la sarei scampata.
E invece eccomi qua, con il mio snobismo punito a suon di schiaffoni sul sedere da questo capolavoro di marketing moderno, prima portato nella stanza delle torture e poi sottomesso con un frustino dall’evidenza dei fatti. Con un ritardo di un paio di mesi (tranquilli, non sono incinta) mi sono messa a leggerlo, sapendo che sarebbe andata a finire così, seviziata dal primo della trilogia delle cinquanta sfumature di Mr Grey (il cognome del protagonista. E io che avevo pensato, povera illusa, almeno ad una metafora da pantone). Sono caduta stordita sotto i 100 colpi di questa spazzola inglese, insieme a Natalia Aspesi su Repubblica e Julie Bosman del New York Times.