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Palinsesti woolfiani, l’influenza di Virginia Woolf arriva ai nostri giorni

L’opera di Virginia Woolf non ha mai smesso di scuotere, probabilmente fin dal giorno della sua creazione e sicuramente fino ai nostri giorni. Si parla della sua influenza nel saggio Palinsesti woolfiani. L’influenza di Virginia Woolf nei romanzi “Light” di Eva Figes e “The Hours” di Michael Cunningham (2012, Edizioni Il Foglio). L’autrice, Daniela Neri, nata in Italia e inglese d’adozione, offre un approfondimento puntuale ed esaustivo in particolare sulla scrittura woolfiana rielaborata da Eva Figes (Light) e da Michael Cunningham (The Hours). In una suggestiva cronistoria passa in rassegna i palinsesti più noti della letteratura (secondo la definizione di Gerard Genette e il concetto di intertestualità proposta da Julia Kristeva) e analizza le opere delle scrittici e degli scrittori che hanno adottato l’ipotesto woolfiano.

La più morale delle questioni

Lo stillicidio delle informazioni sui fatti di corruzione, quasi un quotidiano bollettino di guerra, rende sempre più insopportabile l’ attesa di qualche nuova norma che consenta di opporsi in modo un po’ più efficace ad un fenomeno dilagante. Le cronache confermano che la corruzione è ormai una struttura della società italiana, è penetrata ovunque, come testimonia la presenza tra i corrotti di politici e amministratori, imprenditori e primari medici, poliziotti e vigili urbani. Ogni ritardo del Parlamento diventa un aiuto a questo nuovo ceto sociale. E proprio la “disattenzione” politica spiega perché, a vent’ anni da Mani pulite e dalle speranze allora suscitate, la corruzione sia divenuta sempre più diffusa”.

La morte di Antonio Tabucchi

Antonio Tabucchi si è spento a Lisbona all’età di 68 anni. Era malato di cancro. Tra le sue opere più famose ricordiamo Notturno indiano, Sostiene Pereira e Requiem. Citando la moglie dello scrittore, Maria Josè Lancastre, l’agenzia portoghese Lusa riferisce che Tabucchi era ricoverato all’Hospital da Cruz Vermelha e che i funerali si terranno giovedì nella capitale lusitana. Tabucchi era nato a Pisa il 23 settembre del 1943. Da universitario, negli anni Sessanta, viaggiò molto per l’Europa e fu in quel periodo, durante un soggiorno a Lisbona, che nacque la sua passione per quel Paese e per la sua cultura. Una passione che lo portò a diventare il più grande critico e traduttore di Fernando Pessoa.

La lotta di classe dopo la lotta di classe

riceviamo e volentieri pubblichiamo

La classe di quelli che da diversi punti di vista sono da considerare i vincitori – termine molto apprezzato da chi ritiene che l’umanità debba inevitabilmente dividersi in vincitori e perdenti – sta conducendo una tenace lotta di classe contro la classe dei perdenti.
Questa classe dominante globale esiste in tutti i paesi del mondo, sia pure con differenti proporzioni e peso. Essa ha tra i suoi principali interessi quello di limitare o contrastare lo sviluppo di classi sociali – quali la classe operaia e le classi medie – che possano in qualche misura intaccare il suo potere di decidere che cosa convenga fare del capitale che controlla allo scopo di continuare ad accumularlo.
Caso la lettrice o il lettore non lo sapessero:
il maggior problema dell’Unione europea è il debito pubblico.
Abbiamo vissuto troppo a lungo al di sopra dei nostri mezzi.
Sono le pensioni a scavare voragini nel bilancio dello Stato.
Agevolare i licenziamenti crea occupazione.
La funzione dei sindacati si è esaurita: sono residui ottocenteschi.
I mercati provvedono a far affluire capitale e lavoro dove è massima la loro utilità collettiva.
Il privato è più efficiente del pubblico in ogni settore: acqua, trasporti, scuola, previdenza, sanità.

È la globalizzazione che impone la moderazione salariale.
Infine le classi sociali non esistono più.

La borghesia tutte le classi si porta via

Quando un popolo è politicamente malato, di solito ringiovanisce se stesso e ritrova alla fine lo spirito che aveva lentamente perduto per riscoprire e conservare la sua potenza. La civiltà deve le sue più alte conquiste proprio alle epoche di debolezza politica.

Questa frase di Nietzsche è illuminante per capire l’attuale crisi economica e politica. E’ una frase che punta al momento della crisi quale momento di alta disperazione che permette ad un soggetto di rompere le catene, reagire e rialzarsi. E’ il caso dell’Italia del 2011 che stava per spirare ma che ha lasciato un’eredità pesante e una serie di ferite da disinfettare, curare e rimarginare.
Viviamo giorni di “politica transitoria” Non sappiamo come andrà a finire. C’è stato in tempi strettissimi un cambio epocale dello stile e delle parole della politica. Ma permangono manovre che incidono sulla povera gente. Di quel concetto di povertà, rivisto e corretto, attualizzato al presente. Anche se ora a guidare la “macchina” sono dei “politecnici” “strani” ma necessari per evitare il decesso del Paese.

2011. La scomparsa dei lettori

di Simonetta Fiori da Repubblica.

Settecentomila lettori in fuga. Più che una statistica, il bollettino di una disfatta, il quadro di una sconfitta culturale, la certificazione di un’ emorragia documentata dall’ Istat per la lettura. Come se tutti gli abitanti di una città grande come Palermo – anzi, qualcosa di più – dichiarassero di non aver aperto libro negli ultimi dodici mesi. Una diserzione che – già grave in un paese di non leggenti – diventa ancora più significativa se riferita alla fascia dei “lettori forti”. Più della metà dei disertori- nell’ anno 2011- proviene dalle file alte, dai piani superiori della lettura, dall’ élite ristretta su cui si regge la piramide rovesciata dell’ industria editoriale italiana. Se il nostro è un colosso con i piedi d’ argilla – proprio perché pochissimi i lettori – le sue fondamenta rischiano di farsi ancora più friabili. Requiem per l’ eroica classe dei “forti”?

Haruki Murakami, 1Q84

Con questo articolo Silvia Bertolotti inizia la sua collaborazione con BookAvenue

E’ rimasta avvolta nel mistero fino all’ultimo la pubblicazione dell’ultimo romanzo di Murakami Haruki. Nessuna promozione, nessun annuncio. Sia da parte dell’autore che della sua casa editrice, Shinchosha, che non hanno nemmeno rivelato alcun dettaglio sull’opera. Una grande attesa che si é risolta per noi italiani qualche mese fa, per i Giapponesi nel 2010. Enigmatico é anche il titolo del libro 1Q84 che farebbe di primo acchito pensare a 1984 di G. Orwell. Un rimando forse. Più che altro una sovrapposizione piena di significati. La lettera Q infatti ha la stessa pronuncia del numero 9 in giapponese (kyuu). Quella Q rimanda anche alla parola inglese question, perché numerose sono le domande che si pongono i personaggi del libro e noi lettori. Il romanzo stesso é un questionare non troppo implicito sulla realtà stessa. Sembra complicato e, in effetti, la struttura di questo libro é stata spesso definita complessa e surreale, ma a dire il vero é paradossale parlare di complessità per Murakami. Forse a livello di contenuti, ma lo stile e i personaggi mantegono sempre una linearità, un’essenzialità, una trasparenza del tutto nipponica. D’altro canto é difficile definire Murakami uno scrittore soltanto giapponese, quand’anche le sue storie siano ambientate a Tokyo, i suoi personaggi si chiamino Komatsu, Aomame, Tengo e non manchino mai descrizioni di chirashi, udon e zuppe di miso.