C’era una volta una bambina che ascoltò una storia. La storia si intitolava La Sirenetta ed era così triste che la bambina decise di riscriverla. La bambina cominciò ad andare a scuola e la scuola era lontana. Dovendo fare ogni giorno una lunga camminata, si mise a inventare storie per passarsi il tempo. Finché nel 2013 – aveva ormai 82 anni – la bambina ricevette il Premio Nobel per la Letteratura con questa motivazione: “Maestra del racconto contemporaneo”.
Al posto della conferenza di fronte all’Accademia di Svezia, Alice Munro ha rilasciato una videointervista intitolata In Her Own Words[U1] (Con Parole Sue). Cardigan grigio sullo sfondo di una finestra dagli infissi bianchi, si è presentata come uno dei suoi racconti: facendo finta di non avere altro da mostrare se non un’anonima strada della provincia canadese. Dei suoi inizi dice: “Generalmente erano storie appaganti per me ed erano costruite sull’idea che la sirenetta “meritasse di più di una morte nell’acqua. “A quei tempi la cosa importante era il lieto fine. In seguito però ho cominciato a leggere cose tipo Cime Tempestose, sono comparsi finali molto tristi e ho cambiato totalmente le mie idee, finché sono andata incontro al tragico. Il giornalista le chiede anche come sarebbe cambiata la sua scrittura nel tempo: “Oh beh, in modo molto prevedibile. Inizi scrivendo di principesse, poi scrivi di casalinghe e bambini, finché arrivi alle donne anziane […]. È la tua visione delle cose che cambia”.
É uscita da poco in italiano Amica della mia giovinezza. Si tratta di una raccolta nuova nella traduzione italiana ma datata 1990, dunque a metà della produzione della Munro, quando il periodo del lieto fine era superato da un pezzo, Cime Tempestose aveva gettato i suoi semi oscuri e la sirenetta si avviava verso un’inquietante maturità. Bookavenue ha già dedicato alla scrittrice canadese diversi articoli[U2] e una sintesi[U3] della sua opera, per cui oggi voglio parlarvi di un aspetto che la stampa italiana ha finora trattato molto poco. Ricordatevi La Sirenetta e Cime Tempestose.
Ho letto Amica della mia giovinezza prima di Natale e ho subito sottolineato i passaggi su cui basare la recensione, tuttavia qualcosa mi inquietava: era tutto così enorme, eppure inafferrabile. I racconti erano “grandi”, ma perché? Allora l’ho riletto dal principio, con calma. Ho così notato le parole (soprattutto quelle che mancavano), finché hanno cominciato a disporsi in una costellazione nota. Possibile? Nel frattempo ho spedito il primo racconto a un’amica e ho ricevuto il suo commento. Non aveva dormito la notte per l’angoscia e le nostre interpretazioni della storia divergevano totalmente, entrambe filtrate dalla nostra soggettività. A quel punto non ho avuto dubbi: Alice Munro stava giocando con noi come il gatto col topo (o forse come Henry James in Giro di Vite? Ve ne ho parlato[U4] … ). Insomma, ormai ne ero certa: la signora nel cardigan grigio era dichiaratamente gotica.
Le mie impressioni non erano originali. Risale agli anni Settanta la definizione di Southern Ontario Gothic (Gotico del Sud Ontario), il nome con cui un gruppo di scrittori canadesi dichiarava di far propria l’eredità del gotico. Era un richiamo a quella letteratura che affonda le sue radici nei fermenti romantici inglesi di fine Settecento e le cui evoluzioni successive hanno portato ai capolavori americani di Edgar Allan Poe. La letteratura gotica era di fatto un modo per covare la più anti-illuministica delle idee: mettere in discussione ciò che è reale. Precorreva i metodi della psicanalisi e faceva della paura il nodo centrale della sua esplorazione. Soprattutto ne analizzava le estreme conseguenze: l’assottigliarsi del confine fra realtà e immaginazione, coscienza e incoscienza, oggettivo e soggettivo. Nel 1919, il saggio di Freud intitolato Il Perturbante aggiunse poi una definizione fondamentale a queste opere letterarie: “Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare”.
Il gruppo di scrittori del “gotico canadese”, di cui la Munro e Margaret Atwood sono la punta di diamante, sembravano aver trovato il linguaggio perfetto per esprimere sia le peculiarità storiche e sociali del loro territorio, sia un’indagine universale. Nei loro sguardi il sud del Canada era gotico, dunque gotica è la loro letteratura sulle esperienze umane. Tuttavia, in Amica della mia giovinezza non ci sono lugubri manieri infestati di fantasmi, ma gente comune che porta avanti vite comuni nei non-luoghi della provincia canadese. Le convenzioni del gotico sono però l’ossatura di ogni racconto. Le voci narranti sono inaffidabili e impastate di autoinganni, è impossibile isolare la verità dei fatti dai brusii della provincia e il confine fra realtà e immaginazione è pericolosamente sottile. Insomma, i vecchi arnesi del gotico si tolgono il lenzuolo da fantasma ma il loro scopo è sempre lo stesso: ridefinire cosa è reale. E ogni racconto è anche perturbante, rende cioè oscuro e rinegoziabile ciò che dovrebbe essere familiare. Ecco dunque l’ineffabile grandezza che toglie il fiato alla prima lettura: nell’anfratto più insignificante del quotidiano si annida la sterminata complessità dell’esperienza umana e tutto questo é racchiuso in dieci pagine, in un racconto di Alice Munro. Ma vediamo alcune tematiche nel dettaglio…
Quasi tutte le storie sono ambientate in un sud canadese in tensione tra passato e modernità, vecchio e nuovo. “Dev’esserci qualcosa nell’aria” in questi paesini in cui “le case anneriscono”, infatti è una fatica scrollarsi di dosso l’impronta una morale puritana di vecchia data, giudicante e stantia. L’ordine sociale, antiquato e decadente, non sa come reinventarsi di fronte all’ondata del progresso. E i personaggi, come lo sfondo, sono insoddisfatti della loro vita ma non sanno come cambiarla.
Primaria è la necessità di ridefinire il ruolo delle donne. In una società patriarcale e religiosa, è inevitabile che l’indipendenza femminile acquisti i tratti del perturbante. Scrive il New York Times nel marzo 1990 a proposito di Amica della mia giovinezza: “La maggior parte delle donne della Munro condivide il conflitto fra il desiderio di vita domestica e il desiderio di libertà”. Ma nella chiacchierata del Nobel è lei stessa a riferire il paradosso della società della sua infanzia: “Non ho mai conosciuto il termine <<femminismo>>, ma di certo ero femminista perché sono cresciuta in una parte del Canada dove le donne potevano scrivere con più facilità rispetto agli uomini. […] Gli uomini infatti erano fuori a fare cose ben più importanti”. Dunque una società davvero gotica, dove la superficie delle cose è tanto lineare e ordinata quanto la profondità è complessa e multiforme.
Ma sono le relazioni umane a essere davvero al centro. Per lo più tradimenti, triangoli, madri, figlie e una quotidianità tinta di passato: queste le trame di superficie. Tuttavia ogni racconto ha anche un’altra trama, oscura e sfuggente. Alice Munro ci spinge a rileggere infinite volte la realtà e a riflettere sempre su come ogni narratore racconta i fatti. Cosa é realmente avvenuto? Chi è realmente questa persona e perché fa quello che fa? Senza che ce ne accorgiamo, la signora nel cardigan grigio ci irretisce con un realismo di facciata per trascinarci nella tana del Bianconiglio. Pensiamo di aver capito cosa sta succedendo ma lei ribalta ancora le sue carte invisibili e ci catapulta nel Paese delle Meraviglie. Finché ci riporta allo spazio bianco alla fine di ogni racconto e lì ci lascia, soli sulla soglia della tana oscura, a trarre le nostre conclusioni di fronte alle non-risposte della vita. Ed é in questa solitudine grandiosa che scopriamo la verità: gli abitanti del gotico Paese delle Meraviglie… siamo noi stessi.
La dedica di Amica della mia giovinezza poi, parla chiaro. C’è una madre gotica dietro questa raccolta, una madre che forse un giorno ha letto La Sirenetta alla sua bambina. Una madre che si è ammalata troppo presto gettando Alice nel Paese delle Meraviglie. È una forza creativa e oscura che la Munro sembra tenere sempre presente senza dirlo mai esplicitamente: forse alla sirenetta non importava più una morte nell’acqua ma piuttosto l’infinita molteplicità di sguardi che si nascondono tra un inizio e una fine. L’esplorazione di sentimenti ineffabili e profondi è sempre velata di contraddizione e in questo Alice Munro ci rende persone migliori. “Che impatto pensa che abbiano le sue storie sulle persone?”, chiede l’intervistatore. Alice (Munro) del Paese delle Meraviglie risponde: “Voglio che le mie storie dicano qualcosa della vita e che portino le persone a ricevere un compenso dalla lettura. Questo non significa che debba esserci per forza un finale piacevole, ma solo che ogni cosa che la storia dice tocchi il lettore in un modo tale che senta di essere una persona diversa quando ha finito”.
Buona lettura.
Per BookAvenue, Silvia Belcastro
Le fonti di questo articolo:
- Alice Munro, Nobel Lecture in absentia[U5] , 7 dicembre 2013. Videointervista e trascrizione.
- Michiko Kakutani, Books of The Times; Alice Munro’s Stories Of Changes of the Heart[U6] , “The New York Times”, 9 marzo 1990. Questo l’articolo citato da Einaudi Editore nella presentazione all’edizione italiana.
- Andy Belyea, Redefining the Real: Gothic Realism in Alice Munro’s Friend of my Youth[U7] , Queens University, Ontario, 1998. Tesi di laurea su Biblioteche e Archivi del Governo canadese.
- Lynn Blin, Alice Munro’s Naughty Coordinators in “Friend of My Youth”[U8] , Journal of the Short Story in English, Autumn 2010.
link utili:
[U1]http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/literature/laureates/2013/munro-lecture.html
[U2]http://www.bookavenue.it/reading-room/itemlist/tag/Munro%20Alice.html
[U3]http://www.bookavenue.it/reading-room/item/1252-tutto-quello-che-avreste-voluto-sapere-su-alice-munro-e-che-non-avete-mai-osato-chiedere.html
[U4]http://www.bookavenue.it/letture/item/1400-henry-james-giro-di-vite.html
[U5]http://www.nobelprize.org/mediaplayer/index.php?id=1961
[U6]http://www.nytimes.com/1990/03/09/books/books-of-the-times-alice-munro-s-stories-of-changes-of-the-heart.html
[U7]http://www.collectionscanada.gc.ca/obj/s4/f2/dsk3/ftp04/mq31181.pdf