Attraverso i ricordi degli amici più intimi di Gerda Taro, nome d’arte di Gerda Pohorylle, Helena Janeczek ricostruisce la breve vita della compagna del celebre fotografo Robert Capa. Gerda, animo ribelle e controcorrente, fu ella stessa fotografa e contribuì a creare il mito di Capa: se fosse vissuta oggi, sarebbe una bravissima esperta di marketing, perché fu grazie ai suoi suggerimenti – primo fra tutti quello di cambiare nome da Andrè Friedmann a Robert Capa – che il giovane ungherese, rifugiato politico a Parigi, seppe accrescere la propria notorietà e il proprio prestigio.
Il libro non è una biografia vera e propria, piuttosto un romanzo biografico in cui l’autrice, pur essendosi basata su materiali storici attendibili, si concede alcune licenze narrative e cerca di immaginare come possano essere andate le cose in questa coppia un po’ sbilanciata (Capa era molto più innamorato di Gerda), come si sono intrecciate le vite di quei giovani dagli ideali così incrollabili da essere disposti a rischiare la vita.
Ma al di là delle vicende più o meno reali riguardanti i diversi protagonisti del libro, ho trovato molto interessante la fedele ricostruzione di quel periodo storico – dall’ascesa del nazismo alla seconda guerra mondiale – così turbolento ma anche ricco di stimoli e scommesse per chi come la Taro e Capa voleva cambiare il mondo attraverso le proprie immagini, a tutti i costi. E il prezzo è stato altissimo: Gerda ha trovato la morte a 27 anni travolta da un carro armato in Spagna, Robert/Andrè ha avuto un destino simile saltando in aria a causa di una mina a 41 anni, durante la guerra in Indocina. Coi loro scatti volevano raccontare la storia e sono divenuti storia essi stessi.