La libertà di parola, un bene inalienabile dell’uomo.

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Il 29 ottobre 1969, fu inviato il primo messaggio da un computer dell’Università della California a Los Angeles all’istituto di ricerca dell’Università di Stanford distante alcune centinaia di chilometri; non era ancora quello che oggi chiamiamo comunemente email, ma il dado era stato tratto. Nel dicembre successivo, a soli due mesi da quell’invio, la prima rete di soli quattro computer collegati tra loro anticipò ciò che sarebbe diventato Internet. Lo sviluppo, però, fu lento; ad agosto del 1981 c’erano solo 213 pc collegati in rete e solo per scambio dati. Bisognerà aspettare altri dieci anni per il primo sito web.

Creato il 6 agosto 1991, il portale si chiamava info.cern.ch. e messo online dal Centro di ricerca di Ginevra; è unanimemente ricordato come il primo www della storia costruito sulla base dei protocolli redatti dagli informatici Tim Berners-Lee e Robert Cailliau nel marzo del 1989 unitamente alla loro idea della Rete. In realtà, Berners-Lee e Cailliau volevano solo creare un sistema per collegare i computer dei centri di ricerca e condividere le informazioni: una specie di rete di database online. Scoprirono invece, scoperchiando il vaso di Pandora, una novità che nel corso dei successivi 25 anni ha rivoluzionato il mondo con oltre un miliardo di siti.

 

Oggi ci sono circa tre miliardi di utenti Internet e più o meno due miliardi di persone che girano con uno smartphone in tasca: si prevede raggiungeranno quattro miliardi entro il 2020. Se ogni utente di Facebook fosse considerato un abitante di un luogo, questo luogo avrebbe una popolazione più numerosa della Cina. L’allargamento dell’uso dei mezzi di comunicazione in tutto il mondo non ha precedenti in nessun altro campo delle attività umane.

Nel 1962, il grande intellettuale Marshall McLuhan predisse tali sviluppi nel suo libro visionario “La galassia di Gutemberg”, scrivendo che: “la nuova interdipendenza elettronica ricrea il mondo nell’immagine di un villaggio globale.” Timothy Garton Ash, sociologo di fama internazionale e professore di europeismo a Oxford, ricorda McLuhan nel suo ultimo libro “Libertà di parola. Dieci principi per un mondo connesso”, edito da Garzanti, per la sua “straordinaria e profonda visione”. Tuttavia, invece del termine “villaggio globale” che trova troppo piccolo, omogeneo e conformista – Garton Ash preferisce il termine “cosmopoli” che abbraccia, cito il libro, “l’interezza di questo mondo mescolato e connesso come la città” che esiste nei “mondi fisici e virtuali interconnessi”.

Di cosa parliamo quando parliamo di libertà di parola? Nel libro, il primo principio, intitolato “Linfa vitale”, esprime il suo concetto fondamentale: “Noi – tutti gli esseri umani – dobbiamo essere liberi e capaci di esprimerci, cercare, ricevere e importare informazioni e idee, indipendentemente dalle frontiere”. Possiamo tracciare questo principio fondamentale al centro dell’articolo 19 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, (in vigore in Italia solo dal 1976: dieci anni dopo la sua firma internazionale). Garton Ash spiega perché questo è il primo principio: “La libertà di espressione non è solo una delle tante libertà: è quella da cui dipendono tutte le altre. “

Il resto dei 10 Principi del lavoro di Garton Ash, si concentra sui problemi a tema, tra i più controversi oggi nel mondo e che pone interrogativi soprattutto di ordine morale.

La libertà di parola può essere non censurata ma soggetta a limitazioni? Con quali strumenti possiamo gestire un discorso pericoloso che promuove una possibile forma di violenza? Dovremmo far rispettare la civiltà per legge? Il rispetto per le religioni richiede leggi che proibiscano la libertà di parola che attacca le religioni?

Possiamo proteggere la privacy individuale e la reputazione personale, ma possiamo altrettanto garantire un controllo pubblico su questioni di interesse pubblico? La sicurezza nazionale sta molto a cuore in taluni paesi che a ogni prima occasione staccano la spina a Internet; come manteniamo la libertà di parola su Internet unica forma di denuncia della repressione di altrettanti governi in nome della sicurezza nazionale?

Con una scrittura chiara e coinvolgente, ricca di spunti di interessanti esempi e basata su una ricerca articolata e completa, Garton Ash affronta tutte queste domande e molto altro da un’ampia prospettiva internazionale sollevando questioni di opportunità anche nei confronti di paesi non dotati o con un modesto bagaglio legislativo interrogandosi sul perimetro dell’azione dei governi. Per capirci: proprio negli Stati Uniti, campioni di libertà, la gestione di Internet è in gran parte nelle mani di società private non legate (ma soggette) al vincolo del loro Primo Emendamento. Data la nuova cosmopoli interconnessa, la sfida fondamentale è se gli standard di libera espressione e lo scambio aperto di informazioni a livello mondiale saliranno al livello del modello del Primo Emendamento americano, che Garton Ash considera la giurisdizione più libera nel mondo o soccombere al modello orwelliano in cui una combinazione inquietante di censura governativa e regolamenti privati ​​soffochi la libertà di parola e sopprima le informazioni. Per i lettori abituati ad esaminare la libertà di espressione puramente dentro i confini dell’esperienza americana, questo libro offre spunti di analisi di un vasta gamma di modelli di riferimento legislativo in uso. Per esempio, la Cina ha costruito un’infrastruttura pubblica che elabora, blocca e dirige tutto il traffico Internet attraverso un filtro, misto tra burocrazia, censura e propaganda”, che un importante studio dell’università di Harvard ha definito senza mezzi termini una palese violazione dei diritti delle persone senza precedenti nella storia del mondo mai registrata prima. Ma il libro richiama anche altri esempi compresi alcuni europei ed è bene conoscere le contraddizioni e i possibili limiti che albergano nelle nostre leggi.

Non nascondiamoci. L’accelerazione con cui si sono sviluppate le diverse forme di comunicazione in rete (il www non sono solo siti web, ma anche radio e televisione), sono frenate e costrette da poteri sia pubblici che privati. A veder bene, talune pratiche interne, a volte segrete e operative di determinati governi possono essere influenti sull’idea di democrazia che abbiamo costruito nell’ultimo secolo. Questa cosa non è più solo una questione di un singolo governo nazionale indipendentemente da ciò che si può o non si può dire, pubblicare o trasmettere in un paese.

Ma non dobbiamo mai allontanarci dal principio che l’espressione libera è la base dei diritti umani, la radice della natura umana e la madre della verità. Uccidere la libertà di parola significa insultare i diritti umani, soffocare la natura umana e sopprimere la verità. Un diritto inalienabile della società umana.

Garton Ash termina chiedendo “idealismo realistico e realismo idealistico”. Il suo impressionante libro è una testimonianza della sua, e auspicabilmente dei nostri legislatori, convinzione che il “dibattito in corso sui limiti e le condizioni per la libertà di parola è di per sé un ingrediente vitale della libertà di parola. La sfida che presenta Garton Ash è importante. Ma il risultato di questo dibattito non si regge solo nelle mani di brillanti osservatori come lo stesso Garton Ash. È nostra, di ogni singolo, la responsabilità di testimoniare questa libertà condivisa. La domanda con cui ci lascia è: siamo all’altezza del compito?

 

per BookAvenue, Michele Genchi

 

Il libro

Timothy Garton Ash, La libertà di parola. Dieci principi per un mondo connesso. Garzanti 2017, pp-533

L’Autore

Timothy Garton Ash ha pubblicato nove libri di scrittura politica o “storia del presente” che hanno tracciato la trasformazione dell’Europa negli ultimi trenta anni. È professore di studi europei presso l’Università di Oxford, professore associato di Isaiah Berlin presso il St Antony’s College di Oxford e Senior Fellow presso l’Hoover Institution, Stanford University. I suoi saggi appaiono regolarmente nella New York Review of Books e scrive una rubrica sugli affari internazionali sul Guardian. (dal sito dell’autore)

 

Alcune fonti:

il sito dell’Autore:  http://www.timothygartonash.com/biography.html

l’articolo dell’autore sul pericolo dei populismi e l’informazione sul Guardian

https://www.theguardian.com/commentisfree/2017/sep/28/far-right-rightwing-nationalism-populist

la recensione di Nick Cohen sul Guardian
https://www.theguardian.com/books/2016/may/30/free-speech-ten-principles-connected-world-garton-ash-ayaan-hirsi-ali-atlantic-books-religion

la recensione di Tom Rachman sul NYT

https://www.nytimes.com/2016/05/23/books/timothy-garton-ash-puts-forth-a-free-speech-manifesto.html

Il sito di dibattito sulla libertà di parola
http://freespeechdebate.com/the-project/

l’articolo senza firma sull’Economist
https://www.economist.com/news/books-and-arts/21699108-british-scholar-makes-timely-and-forceful-case-freedom-expression-right-not

l’articolo di Enrico Franceschini su Repubblica
http://www.repubblica.it/esteri/2015/01/14/news/garton_ash_basta_limiti_al_diritto_di_parola_sotto_attacco_in_tutto_il_mondo-104904402/

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