Dopo cena mio padre fa: – Scendiamo a vedere se c’è ancora il lago? – Lasciamo mia madre a cucire sotto la lampada in sala da pranzo; mi fa dei vestiti per l’inizio della scuola. A questo scopo ha disfatto un vecchio completo e un vestito scozzese che erano suoi, e ora le tocca ingegnarsi per tagliare e ricucire oltre a farmi stare in piedi a girare su me stessa per interminabili prove mentre io, ingrata, sudo e mi lamento perché la lana prude e mi viene caldo. Lasciamo mio fratello a letto nel piccolo portico chiuso al fondo della veranda, e certe volte lui si inginocchia sul lettino, preme la faccia contro la zanzariera e frigna: «Portatemi il gelato!», ma io gli rispondo: «Tanto dormirai già», e non giro neanche la testa.
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I quindici racconti di Danza delle ombre felici sono la prima raccolta di racconti di Alice Munro uscita nel 1968.
La scrittura della Munro sorprende ogni volta per il modo in cui riesce a imporsi con disinvoltura. Il suo tocco delicato porta con sé una sorta di libertà gioiosa, garbata, ma anche qualcosa che mai avremmo ritenuto possibile.
Alice Munro scrive di paesi diversi e di persiane verdi abbassate, di porte che si aprono sul vuoto e di fienili grigi, capannoni sbilenchi e mulini fermi in lontananza. Di teiere tutte dorate e decorate di rose, di chiazze di latte e di porridge sul tavolo di cucina, di deliziosi slanci di compiaciuto buon cuore, di palestre che odorano di pino e di cedro e di case immerse nel buio o di strade nere e cortili imbiancati dell’ultima neve rimasta.
Con la sua impareggiabile maestria nella scrittura di racconti, Alice Munro ci racconta la dignità del dolore e di certi misteriosi e opprimenti imperativi che spesso ci gravano addosso senza che lo sappiamo.
Ci avverte che qualcosa di torbido e inesprimibile è emerso alla superficie e cerca di arrivare a noi, di afferrare qualcosa.
Se rileggiamo ogni storia possiamo osservare quanta abilità riveli la narrazione, come ogni frase sia tesa e ogni immagine piena. Tuttavia qualcosa rimane non spiegato e avvolto dal mistero… perché tra le pagine di Alice Munro, come scrive Pietro Citati, “l’inatteso si nasconde in ogni riga: oppure si scatena la più romanzesca e melodrammatica inverosimiglianza”.
Alice Munro, Danza delle ombre felici, traduzione di Susanna Basso, Einaudi, 2013.