Riproponiamo l’articolo di Antonio Capitano sul libro, Il diritto di avere diritti , di Stefano Rodotà scomparso ieri a 84anni.
Rodotà è stato un grande Italiano. Un uomo fedele alla parola data al Paese, cioè a tutti, e per questo smarcato dalle congerie piu deteriori della politica. Rodotà è stato un giurista di idee, assai spesso illuminanti, ma soprattutto un uomo colto e indipendente che ha speso la sua vita al servizio delle grandi battaglie di civiltà in un paese che sembra smarrire, talvolta, la propria. Stefano Rodotà è stato uomo libero. >>
“Il Diritto di avere diritti” è Il nuovo libro di Stefano Rodotà che già dal ricco e significativo indice convince essere un’opera utile e necessaria , quale autorevole laboratorio intellettuale. Si trattano argomenti di capillare importanza per la nostra vita sociale ispirata a quella Rivoluzione della Dignità quale principio di altissimo e nobile fondamento. La lettura del testo trasmette quella passione civile con la quale l’insigne giurista ha condotto, senza risparmiarsi, tutte le Sue “battaglie” per l’affermazione del Diritto quale strada maestra per una “nuova antropologia”. Una miniera di nobili riflessioni “oltre il velo delle parole” che danno voce alla “concretezza dei bisogni” ne fanno un moderno Dizionario Civile per il riconoscimento della “dignità” nel “palinsesto della vita”.
Con la sua straordinaria capacità di andare oltre il velo delle parole questo lavoro rappresenta una stella polare, un modello di riferimento coloro che hanno a cuore la costruzione morale personale e della collettività.
L’Autore è noto ed apprezzato per Le Sue idee sempre nuove e moderne ispirate ad una “conoscenza come bene pubblico globale” con la costante capacità di produrre innovazione nel campo dei diritti e per tutte le battaglie civili.
La sensazione di avere tra le mani un’opera importante si avverte sin dalle prime pagine che introducono la “costituzionalizzazione della persona” a fronte delle incessanti tempeste o scosse telluriche quotidiane che mettono a dura prova non solo i diritti, ma anche la credibilità e la stabilità delle istituzioni. In questo senso, è un libro “istituzionale” scritto con l’abilità di un autorevole analista che rifugge la fatale tentazione di indagare il singolo episodio quotidiano con un dinamico metodo di esplorazione rafforzando il valore dei principi, anzitutto della nostra Costituzione. Un particolare che colpisce è la scelta della sovraccoperta con la riproduzione di un disegno di Leonardo da Vinci raffigurante lo “studio di testa maschile per la Battaglia di Anghiari” che in un recente lavoro si è definito quale il giorno che salvò il Rinascimento .
Un affresco perduto di Leonardo che si ritiene celato all’interno di Palazzo Vecchio. Quasi a voler evidenziare che la Costituzione italiana è in fondo celata dalle varie coperture che la occultano e sta in noi riscoprirla e salvarla ogni giorno nella forma e nella sostanza, allo stesso modo della ormai mitica Battaglia dove tutta l’animazione vitale del combattimento, rappresentata dal Genio Leonardesco, era rivolta alla strenua difesa del diritto civile di una Bandiera.
Una Costituzione che dovrebbe approdare in ogni casa, nel lavoro, in ogni scuola. Una Carta da amare, da apprezzare a da insegnare sin da piccoli. E’ un caso che una prossima serata di Roberto Benigni è dedicata proprio alla “più bella del mondo”?
il riferimento alla “persona umana”si presenta come un vincolo doppiamente rilevante. Come fine per l’intera azione pubblica, che deve assicurane lo sviluppo. Come limite invalicabile per l’azione legislativa, che in “nessun caso” può venire meno il rispetto che le è dovuto.
Oltre l’egemonia dei mercati è oltremodo significativa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, della quale lo stesso Rodotà è tra gli autori, la prima del nuovo millennio e dal 2009 giuridicamente vincolante, facendo così dell’Europa la regione del mondo dove è più elevato il riconoscimento di libertà e diritti.
Il mercato, dunque, non freddo e spietato regolatore di azioni e comportamenti e mandante di una crisi di valori che ha via via soppiantato la dignità delle persone, i beni comuni per un futuro in cui anche le tecnologie debbono essere al servizio dell’uomo per una sostanziale uguaglianza. Per questo, ad esempio, le regole del mondo del web non debbono dar luogo ad una schizofrenia tecnologica in relazione al passaggio tra web 1.0 e 2.0, quello delle reti sociali, che ha attribuito una dimensione nuova al rapporto tra democrazia e diritti
il cuore del libro, dunque, è la dignità in tutti i campi e in tutte le forme con un nuovo rigurgito Rinascimentale tenendo al centro l’uomo , in un rapporto di uguaglianza e parità con l’universo che lo circonda, per un antropologia dell’homo dignus cromosomi fondamentali perchè il “diritto non può negarsi al mondo”. Proprio il Principio di dignità – scrive Rodotà – gli consente di seguirne i movimenti, di entrare nelle pieghe del mutamento, di esserne misura senza lasciarsene sopraffare. Perchè tutto questo possa avvenire, serve molta convinzione, una attitudine che non perda d’occhio la realtà, che non se ne allontani alla ricerca di un trascendente che non gli offre fondamenti più solidi, ma rischia di fargli perdere la sua fondazione nell’umano.
In questa nuova idea di cittadinanza confluiscono molte esperienze della stessa vita personale, politica, accademica dell’Autore attraverso una completa osservazione della società per un cambiamento di rotta possibile collocando, in questo libro, il proprio apporto intellettuale al confine tra la conquista di nuove conoscenze e il significato sociale che queste possono assumere.
Leggendo Rodotà pare di sentire la voce di Calamandrei quando con forza affermava che:
Dietro ogni articolo della Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta. Come non pensare di questi tempi al richiamo dell’art. 36 il quale, riferendosi alla retribuzione, stabilisce “che questa deve assicurare al lavoratore e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa” E’ questa la pienezza del significato “dignità della persona” per una concreta libertà dal bisogno . E ancora l’art. 32 non soltanto limitato al fondamentale diritto alla salute ma rafforzato dall’affermazione che “in nessun caso può essere imposto un trattamento che violi i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Si può concludere allora con un parallelo all’immagine evocata dall’Autore nel prologo al libro che si commenta e relativo al furto della Gioconda avvenuto nel 1911. Non vorremmo che la Costituzione divenga un valore soltanto quando si perde. Piuttosto, conviene ancora investire, culuralmente e politicamente nei diritti per un reale trasferimento di sovranità dallo Stato alla Persona.
ANTONIO CAPITANO