abbiamo il piacere di segnalarvi la prima recensione “nazionale” del nuovo libro di Corrado Augias. Grazie dalla redazione a Antonio Capitano
di Antonio Capitano
La libertà, intesa come il rispetto e la cura dei diritti di tutti, non è un’utopia da sognare ma un traguardo verso cui tendere. L’inclinazione verso uno status servile e la corruzione sono fenomeni strettamente legati. Queste, alcune parole tratte dall’ultimo libro di Corrado Augias; un’indagine colta e curiosa su una pericolosa debolezza del nostro carattere, è anche un appello a ritrovare il senso alto della politica e della condivisione di un destino. Un saggio scritto con la consueta chiarezza e dovizia di particolari e con una verve “anema e core” per l’indignazione di chi non si sente “italiano visto da chi non è italiano” Viene in mente, a tale riguardo, una recente truffa di un tizio siciliano degna della miglior candid camera di Nanny Loy. In un bar un tale pretendeva un risarcimento (trattabile) “in contanti” per la rottura della dentiera provocata addentando un cornetto. Peccato che le telecamere a cicuito chiuso avessere ripreso tutto, anche il momento in cui il fantasioso “italiano” farciva con venti centesimi il croissant.
“Il disagio della Libertà” edito da Rizzoli è un piacevole pamplhet ricco di citazioni incastonate nelle piacevoli pagine, un “ponte” lungo novant’anni di storia, dal 1922 al 2011, con due “pontificati” quali il Ventennio fascista e il quasi-ventennio berlusconiano : per poco meno di metà della nostra vicenda nazionale, dunque, abbiamo scelto di farci governare da uomini con una evidente, e dichiarata, vocazione autoritaria. Perché? Ci sarebbero molte risposte da dare ma la principale appare proprio quella fornita dall’autore ” siamo un popolo incline all’arbitrio, ma nemico della libertà. Vantiamo record di evasione fiscale, abusi edilizi, scempi ambientali. Ma anche di compravendita di voti, qualunquismo: in poche parole una tendenza ad abdicare alle libertà civili su cui molti si sono interrogati. Come non parlare di un altro ventennio? Quello che separa l’operazione Mani Pulite dai nostri giorni.
Avevamo sperato che il Pool di Milano ripulisse l’Italia da cima a fondo. E invece, come è stato giustamente osservato, il Paese rischia ancora di morire di corruzione. “La corruzione, il malaffare e l’illegalità sono ancora molto forti, molto più di come appare. Sono fenomeni notevolmente presenti nel Paese e le cui dimensioni, presumibilmente, sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente, alla luce”. Queste parole sono del Presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino e sono state pronunciate proprio nei giorni in cui ricorreva il ventennale di Mani Pulite che non ha sortito gli effetti che le immagini televisive ci avevano fatto sperare.
E ancora oggi viene faticosamente alla luce il disagio della libertà, di chi deve rinunciare financo alla propria dignità per un lavoro e ottenerlo non per diritto, ma per favore e a favore del potente di turno. In ogni caso, come non concordare con la tesi espressa recentemente ,dalle pagine di Repubblica da Miguel Gotor , quando sostiene, tra le altre cose, che da Tangentopoli in poi “è stato proposto come modello pedagogico positivo e il convincimento che le uniche regole da rispettare fossero quelle capaci di favorire gli interessi personali. Come scriveva nel 1930 Carlo Rosselli in “Socialismo liberale”, il fascismo aveva costituito non una parentesi ma l'”autobiografia della nazione” perché gli “Italiani sono moralmente pigri” C’è in loro un fondo di scetticismo e di opportunismo che li porta facilmente a contaminare, disprezzandoli, tutti i valori”.
Compreso il valore della libertà. La libertà di agire, di pensare con la propria testa. Di non dipendere. Di non svendere la propria personalità adagiandola sul potere o per il potere. Qualunque esso sia. E allora se “la corruzione è l’unico modo per sveltire gli iter e quindi incentivare le iniziative” per dirla, agli inizi dei difficili anni settanta, con la voce del Gasmann de “In nome del popolo italiano”, questo nostro popolo rimarrà sempre parte di una paese “a civiltà limitata”, un paese che si regge sull’illecito, in quel Paese descritto da Calvino “di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto, gli onesti erano i soli a farsi sempre degli scrupoli. A chiedersi ad ogni momento che cosa avrebbero dovuto fare”
E allora si chiude questa recensione allo stesso modo di Corrado Augias “con una nota di piccola speranza anche se contraddetta più volte dalla storia. C’è sempre stato in Italia chi ha tentato di tenere accesa se non la fiaccola almeno la fiammella della libertà. Dando a questo termine così bello, così ricco e così completo il significato attivo e consapevole di difesa dei diritti di tutti, individui e minoranze, di attaccamento alla solida dignità delle istituzioni.