Massimiliano Smeriglio, Garbatella combat zone

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Può uno cui «vengono bene» le rapine provare solidarietà verso gli sfruttati? Può, uno che vede e percepisce le innumerevoli ingiustizie del mondo, fare il criminale? A leggere il romanzo di Massimiliano Smeriglio («Garbatella combat zone», edito da Voland) parrebbe di sì. Del resto, per capire di cosa stiamo parlando citiamo una riga, suprema chiave interpretativa della fatica dell’autore che compare a pagina 136: «Il tema delle coerenza lo svolgeva su un canovaccio tutto suo, incomprensibile ai più». L’incoerenza, dunque, come dramma esistenziale: è questo il tema dominante di un romanzo difficile da dimenticare.

 

Non vogliamo esagerare, ma queste 169 pagine dense di atmosfere romane e messicane ci sembrano imperdibili. Sia chiaro: non vi aspettate redenzione. Non vi aspettate svolte. Sappiate subito che è un giallo atipico, un ‘hard boiled’ di impegno, una profonda analisi dell’animo umano. Il protagonista si chiama Valerio. E’ un ragazzo del 1974. Ovviamente, come parecchi della sua generazione, precario. Che non ha vissuto le stagioni della contestazione ‘vera’ (il famoso – e forse un po’ sopravvalutato – ’68), di quella foriera di indicibili disastri (Settantasette e dintorni) di cui ancora oggi patiamo le conseguenze, di quella ‘soft’ della Pantera. Valerio è però cresciuto – e qui troviamo un altro punto cardine delle pagine di Smeriglio – in un quartiere di Roma molto, molto particolare: Garbatella. Un quartiere ‘popolare’. Un quartiere rosso che più rosso non si può (una volta almeno, quando questa colorazione politica aveva, diciamo così, più ragion d’essere e Smeriglio se ne accorge come vedremo più avanti). Un quartiere dove anche la criminalità aveva una sua ‘legittimità politica’. Fenomeno oggi scomparso, specie dopo le vicende, talmente stranote che ci siamo stufati di parlarne, della Banda della Magliana. Insomma, ‘rosso’ e ai confini della legge non era fenomeno così inusuale nella Roma che fu. E non riguardò solo Garbatella. Basti pensare ad altri quartieri di sinistra come Quadraro o, seppure con accenti diversi, San Lorenzo.

Ma non vorremmo perdere, con questi sommari accenni della Roma contemporanea, il filo del discorso. Pur sempre di un romanzo si tratta, ci avrebbe detto un antico Maestro. Aggiungendo: «Ricorda che i gialli servono ad ammazzare il tempo». Frase sublime che, però, nel caso di Garbatella combat zone assume un significato particolare. Il ritmo è incalzante. Sfidiamo chiunque a dire che ci sono pause o momenti di noia. Ma ciò che davvero lo contraddistingue è la capacità stilistica che regala emozioni intense con colpi di scena a ripetizione e la profonda analisi introspettiva del protagonista. Il quale, non vorremmo sembrare rozzi ma ci azzardiamo lo stesso a scriverlo, tanto ‘normale’ non è. Ama una donna e ci mette un quindicennio circa e a rivelarle i suoi sentimenti. Va in Chiapas per aiutare le comunità sfruttate e si mette a fare il criminale. Ha un nonno partigiano e il suo impegno politico è sporadico o affidato ai suoi (innumerevoli) cambiamenti d’umore. E’ di buona famiglia, ma non ne trae le dovute conseguenze. Rischia grosso mettendo in trappola un poliziotto corrotto salvo poi… Basta così. Di più non vogliamo rivelarvi della trama, sarebbe una cattiveria.

Di sicuro, comunque, sappiamo che Smeriglio coglie bene il dramma di un uomo (mai, forse, divenuto tale) che paga e paga tanto. Attenzione, però: il protagonista è uno, ma ciò che piace sottolineare è il «contesto». Si diceva della Garbatella. Descritta con una fedeltà incredibile (chiaro segno autobiografico), con personaggi veri – si pensi solo al mitico prete che ha messo in riga e ha sposato migliaia di romani di quelle parti… -, con ambienti immediatamente riconoscibili. C’è poi il Messico, luogo che potrebbe risolversi se non in un riscatto quantomeno in un rifugio per dimenticare e farsi dimenticare. E ci sono gli ‘sparring partner’. Da una lei infelice eppure così amata, a un amico ignorante eppure tanto caro, a una famiglia che ‘ci credeva’. Di contorno, angosciante e angosciosa, una varia ‘umanità dolente’. Anche in questo caso non possiamo rivelarvi tutto, ma le pagine dedicate all’Idroscalo (con echi pasoliniani davvero ben fatti, come notava giustamente il giornalista-critico Paolo Fallai) meritano una lettura attenta e riflessiva, essendo tutto vero quanto raccontato da Smeriglio. Così come il cambiamento: una (metaforica) pugnalata al cuore.

Quei ragazzi che vogliono ‘punire’ un gruppo di romeni (è successo davvero in un quartiere non troppo lontano, il Trullo). Il vecchio militante del Pci che, tutto sommato, è d’accordo. Segni di una ‘globalizzazione’ che porta quel quartiere ‘difficile’ ma sempre accogliente e, a modo suo, ‘solare’ (o almeno così pare a chi scrive) a cambiare pelle. Parole dure, strazianti: «Era la sua gente, il suo mondo che andava in una direzione per lui incomprensibile».

Due note sull’autore: militante da sempre di quella sinistra ‘critica’ e, come si usa dire oggi, ‘antagonista’ che ha fatto (a modo suo…) la storia della Capitale tra gli anni Sessanta e Novanta adesso è un dirigente di Sel, il partito di Nichi Vendola. E’ assessore provinciale e, oltre a numerosi altri incarichi (tra cui deputato del Prc nel politicamente tragico 2006), è stato consigliere di circoscrizione. A Garbatella.

Francesco Ghidetti

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