E’ stata approvata con l’ultimo passaggio al Senato la Leggi Levi sul prezzo del libro, che regolamenta gli sconti che le librerie e gli altri rivenditori al dettaglio possono fare al consumatore finale sul prezzo di copertina fissato dall’editore. La legge entrerà in vigore dal 1° settembre.
In estrema sintesi la legge limita al 15% lo sconto che le librerie, comprese quelle on-line, possono fare ai loro clienti e vieta alle librerie di fare delle promozioni (in altri settori merceologici si chiamerebbero saldi) sui loro stock, se non quando si verificano condizioni assai stringenti (libri pubblicati da più di venti mesi e che non siano stati movimentati da sei mesi).
Le promozioni possono essere proposte solo dagli editori, che sono tenuti a offrirle con le stesse condizioni a tutte le librerie. Questo passo si è reso necessario per un motivo di equità, dato che i principali gruppi editoriali sono proprietari anche di intere catene di librerie e dunque spesso le librerie indipendenti erano tagliate fuori dalle promozioni. Inoltre le promozioni fatte dagli editori non sono permesse durante il mese di dicembre, non possono essere ripetute nell’arco dell’anno solare e non possono superare lo sconto del 25%. Queste limitazioni cercano di ridurre lo squilibrio fra grandi gruppi editoriali – quelli in grado di fare promozioni – e l’editoria indipendente, in genere di piccole o medie dimensioni.
Una legge di questo tipo sembra andare contro le regole del libero mercato e della concorrenza. Ma la giustificazione sta nel fatto che il legislatore ha riconosciuto che il libro è un bene fondamentale per la cultura, lo sviluppo, la democrazia, la circolazione delle idee e la realizzazione personale; che sul libro si regge una parte importante della formazione, dell’educazione, della comunicazione e del fermento culturale di una Nazione e che per questo motivo deve essere garantita la massima pluralità di produzione (case editrici) e capillarità di diffusione (librerie indipendenti e di catena, edicole, grande distribuzione). In pratica questa legge è un primo passo verso la difesa della“bibliodiversità”.
Ma questa è filosofia, e molti lettori vedranno in questa legge un nuovo esempio di corporativismo per far pagare di più i libri, e difficilmente si accontenteranno di sapere che anche grazie a leggi come questa i loro figli cresceranno in un mondo migliore… In realtà non è così. Il mercato librario presenta un’anomalia: il prezzo del libro è fissato dall’editore, non dal rivenditore, e gli sconti sono finta concorrenza. La vera concorrenza andrebbe fatta sul prezzo di copertina e sui contenuti. L’ideale sarebbe vietare completamente o quasi gli sconti, come avviene in Paesi come Francia, Germania, Spagna, Svizzera. Infatti, se nessuno può fare sconti, la concorrenza si sposta davvero in maniera “sana” sul prezzo di copertina. Altrimenti è il solito vecchio gioco: alzo i prezzi, poi faccio lo sconto. In assenza di sconti, poi, l’attenzione si sposterebbe di nuovo sul libro. Quante librerie oggi sono costrette a vendere sconti invece che libri? Il libro è un oggetto che ci fa compagnia per parecchie ore. È più importante pagarlo due o tre Euro in meno, o avere un compagno ben scelto o ben consigliato?
La Legge Levi arriva dopo un iter un po’ travagliato, perché nell’ultimo anno intorno al gruppo dei Mulini a vento (Donzelli, Instar Libri, Iperborea, Minimum fax, Nottetempo, Nuova Frontiera, Voland) è nato un movimento per chiedere di introdurre importanti modifiche al testo della legge. Questo movimento, cui hanno aderito centinaia di editori e librai indipendenti, ha trovato ascolto presso la Commissione Cultura del Senato, dove alcune proposte sono state recepite, altre no. Ma un passo avanti è stato fatto. E sono convinto che questa legge non sia un punto di arrivo, ma il punto di partenza per giungere a una legge complessiva sul libro e la lettura che sia condivisa da tutti gli operatori del settore. Se ne gioveranno anche i lettori, e i figli dei lettori…